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È un'atmosfera perduta per sempre, quella che Valeria Della Valle ci restituisce in tutta la sua luce. Gli amori felici e quelli drammatici, l'aria cupa di certi salotti e l'aria lieve di certe terrazze, gli anni lugubri del fascismo e quelli difficili della guerra, poi la vita che rinasce. La creatività sembra fiorire spontanea in quella nicchia del centro storico di Roma passata alla storia come «la strada degli artisti»: nei fili tesi tra questi racconti c'è tutto il fascino di un'epoca, quella che va da De Chirico a Savinio, da Mafai a Fellini, e l'incanto di una città che ritrova la sua dimensione nella memoria affettuosa di chi non la dimentica. Un tuffo dietro le quinte di un mondo parallelo a quello fiabesco e hollywoodiano di Vacanze romane.
Camminava come se ci fosse già stata altre volte, in quella strada: riconosceva gli alberi, le statue, e in alto le terrazze, le voci degli artigiani, e l’odore di colla e di vernice. Avvolta in quella luce dorata provò una strana euforia: era quello, e solamente quello, il posto in cui voleva vivere.
Avventurarsi in questi dieci racconti è come attraversare piazze barocche e neoclassiche, sostare accanto alle fontane, fermarsi all’ombra delle palme e dei pini, perdersi nei vicoli silenziosi incastonati sotto al Pincio e a Trinità dei Monti, per entrare nei cortili e spiare la vita negli studi degli artisti. Con toni lievi e soffusi, Valeria Della Valle ricompone i colori di una città seducente e rimpianta, e affida il racconto a una trama di destini: quello di Livia, ragazza spaesata e malinconica che scopre nell’arte la chiave per affrancarsi dalla famiglia anaffettiva e piccolo borghese, poi quello di Giulio, l’uomo silenzioso ed enigmatico che diventerà suo marito, e quello di Adele, la loro bambina, che troverà nello studio delle parole un aiuto per affrontare la vita. E infine, quello di tutti coloro con cui si intreccia la loro storia: la comunità di pittori e pittrici, antiquari e artigiani, stranieri di passaggio e intellettuali che un tempo abitava le strade piú belle di Roma. Fino a quando Adele, cresciuta in quel mondo fuori dal tempo, in mezzo ai quadri da vendere e a quelli ancora da dipingere, su e giú per scale e corridoi che sanno di muschio, capirà di essere rimasta l’ultima a ricordare la strada sognata da Livia: «stretta e lunga, ferma e silenziosa, immobile nelle opere e nei film di chi l’aveva amata».
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