Storia di un romanzo

Da molto valutavo di leggere qualcosa di Wolfe ed in particolare da tempo sono dibattuta se leggere "O Lost" o la versione notevolmente rivista (ed abbreviata..tagliata?🤔) dall'autore sotto la supervisione dell'editor Max Perkins: "Angelo guarda al passato" ( in realtà non aveva alternative: o tagliava o non sarebbe mai stato pubblicato!). Nell'indecisione ho, nel frattempo, letto "Storia di un romanzo", che è il testo di una lezione che l'autore tenne ad un gruppo di studenti agli inizi degli anni trenta. In questo incontro con giovani aspiranti scrittori, Thomas Wolfe racconta la genesi del suo primo romanzo, O Lost, e l' intervento di Perkins (editor fra l'altro di Fitzgerald ed Hemingway) per arrivare alla versione pesantemente rivista che fu data poi con successo alle stampe. Si sofferma quindi sulla stesura del suo secondo romanzo (l' ormai praticamente introvabile, in edizione italiana, " Il fiume e il tempo") e le relative difficoltà che lo hanno accompagnato. Ne emerge la figura di un autore molto originale, impegnato nella scelta delle parole per addivenire alla creazione di una prosa e di un ritmo 'personale', letteralmente divorato dalla fame di scrivere, una sorta di bulimia, di compulsione che lo spinge a scrivere e a 'dilatare' sempre più i suoi romanzi, faticando ad arrivare alla conclusione. Per Wolfe infatti la scrittura sembra essere quasi una malattia, una possessione che lo divora e la necessità di adattarsi agli standard editoriali è paragonabile a subire una mutilazione. Da 'Storia di un romanzo' emerge in maniera molto evidente questo aspetto così come il rapporto di amicizia, ma anche vagamente conflittuale, con Perkins. Un ottimo inizio per conoscere un autore 'fuori misura' : un gigante alto 2 metri ed il suo innarrestabile fiume di parole.

Versione originale del discorso per un gruppo di studenti del Boulder College. Il discorso spazia su vari argomenti. Parla della sua esperienza di vita, dà un po' di consigli, racconta come è nato ed evoluto il suo secondo romanzo (molto interessante la vicenda editoriale). Questa è la versione originale, che poi è stata tagliata, e si sente perché in alcuni punti è un po' ripetitiva e un po' troppo autoreferenziale. Per essere un discorso, il finale è un po' sottotono e "sbrigativo", però pur aspettandomi qualcosa di diverso (più focalizzato sullo scrivere) e pur non conoscendo molto l'autore, ho trovato il tutto davvero piacevole.

Nessuno stampa più i suoi straordinari romanzi, giganteschi specchi d'acqua di un'anima nata per scrivere. Forse un timore verso imprese troppo imponenti tiene ben chiuse le cerniere delle borse editoriali. Ed è un dolore per niente lieve! Eppure un non esile drappello di romantici ottusi lo venera come un oracolo che ci prende sempre. La sua prosa triste e febbrile, eccitata e fatale insieme, è una straripante armonia di pagine, una felicità che corre e corre sollevando dietro di sé bagliori d'incanto. Pochissime vite in soli trentotto anni hanno saputo donare alla letteratura un marchio così preciso e magnifico. Qui lo troviamo nei misteri del suo cuore, nella sua serra di idee, nel suo laboratorio. Ci racconta le sue ispirazioni, i flussi che lo attraversano, la grana del suo mestiere, e niente più della frase di Peguy in esergo al libro scolpisce il genio di Wolfe in tutta la sua pienezza: "Una pagina non è la stessa per ogni scrittore, perché c'è chi la strappa dalle sue viscere e chi la estrae dal taschino della giacca". Non è difficile intuire da quale lato abitasse la sua virtù, che era senza alcun dubbio una specie di immediatezza già riuscita, un deposito di pensieri perfetti così come erano sgorgati, scossa ed esito di quei lucenti anfratti del cuore che sentono subito la forza di ciò che stanno per espellere. Un'estensione capace di abbracciare il dettaglio in tutta la sua insignificanza e torcerlo in una pioggia di sensazioni intime come in un raro microscopio interiore, l'andar via da se stessi come la miglior caccia a se stessi, alla propria voce, perché il desiderio salga nell'assenza, divori la pagina corroso dalla meraviglia della vita, la generi, la salvi. La tragica brevità dei giorni consegnata alla madre indubbiamente più bella, la letteratura, il ricamo di periodi sofferti finalmente compiuto in un mosaico senza difetti. Dunque un j'accuse agli editori si impone: ridate respiro ai libri di questo grande spirito. Ne sarete ripagati.