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1993
1 dicembre 1993
Libro universitario
800 p.
9788871196190

Voce della critica


recensione di Caproni, A.M., L'Indice 1993, n.11

Alfredo Serrai, specialista sagacissimo di ricerche intorno alla scienza del libro e delle biblioteche, allestisce da qualche anno, per i tipi di Bulzoni, un "dono" esemplare nel settore degli studi di storia della bibliografia, in cui la sostanza dell'opera, da una parte, cede alla preziosità dell'indagine e, dall'altra, investe e determina, nel contempo, una conoscenza delle idee e una rifondazione delle fondamentali basi teoretiche dell'insieme delle discipline bibliografiche. Direi pure che con la "Storia della bibliografia", giunta ora al quarto volume (ottobre 1992) dei cinque previsti, Serrai abbia superato se stesso con questo fondamentale trattato, dove, per la prima volta nel nostro paese, è accolto, come annota l'autore, l'intero "torrente sfrenato di documenti e fatti bibliografici", in una ricerca compiuta "sotto gli unici, ma rapidi controlli della specificità bibliografica e dei connessi assiomi teoretici". Sono dunque questi volumi, finalmente, i materiali più compiutamente importanti di cui una simile branca degli studi dispone, almeno in Italia, dopo il XVIII secolo. Essi saranno per lungo tempo, ne sono fermamente convinto, studiati e "usufruiti" da molte e molte generazioni nostrane e non, obbligando i lettori ad azzerare l'efficacia, nel nazionale mercato editoriale, di tutti i paralleli strumenti ancora disponibili nei quali parzialmente sono state tentate operazioni bibliografiche della disciplina e che invece sono talvolta solo il frutto d'una reminiscenza dignitosa o d'una manualistica esemplata su d'una letteratura comparata e quasi mai rispondente a una visione (e consultazione) reale, per esempio, dei singoli esemplari citati.
Se mi unisco solo ora al generale plauso levatosi immediatamente, e da ogni parte, a salutare quest'opera di Alfredo Serrai, edita per la preziosissima cura di Maria Cochetti (un'opera che attendo da anni con una fede mai venuta meno e che soltanto gli impazienti e i troppi sbrigativi sistematori avevano già cancellato dalle loro prospettive); se arrivo ultimo e perciò a corto di inediti suffragi, è per una ragione delicata e profonda, anzi per una motivazione più propriamente interna e per una sorta, direi, di pudore nel presentare alcuni aspetti 'summatim expositi' e dunque venendo in certo senso meno alla ricchezza e alla complessità dell'opera.
La "vittoria" dell'autore investe il nostro stesso attuale e sostanziale stadio delle ricerche sull'argomento. Esso conforta a credere, nonostante l'aria che spira, che un così alto cammino nel settore non è sicuramente sbagliato. Come dire che non è sbagliata la visuale di partenza in cui Serrai ci conduce con questa "Storia", la quale costruisce il drappello di punta capace di dimostrare, bandiera al vento ma senza trombe o tamburi, come anche in Italia queste ricerche non sono affatto immerse in una sezione di riverbero, destinate, come già forse qualcuno può andare mormorando, a restare in una posizione cosiddetta di secondo piano, per contentarsi del ruolo d'una diafana somma di piccoli tentativi, messi a guardia di nessuno slancio o di nessun traghettamento a una completa e puntuale conoscenza.
Certo, ricostruire la storia intellettuale e culturale della bibliografia, intesa nell'accezione lata del termine, ossia quale insieme delle condizioni formali e delle logiche d'organizzazione del sapere e del linguaggio (oltreché dei documenti), richiede un esame in particolare della dimensione intellettuale, filosofica e spirituale, maggiormente rappresentativa d'una temperie culturale e d'una civiltà, e anche un'interpretazione del dato storico che non si limiti all'assunzione dell'oggettività fattuale per cui "l'avant explique l'après" (Furet), ma includa l'analisi del carattere interno o della "motivazione ideale" o dell'"urgenza metafisica" al fine di cogliere l'outillage mental' sotteso alle nuove tipologie bibliografiche fra XV e XVII secolo - collocabili entro gli spazi di tre momenti storico-culturali: quello "cabalistico-ermetico" e l'enciclopedia rinascimentale (Umanesimo e Rinascimento) trattati nei primi due volumi, e l'"Historia literaria" approfondita nel terzo volume.
L'interesse umanistico e rinascimentale per il libro, quello antico in particolare, e l'invenzione della stampa rendono in parte conto dell'attenzione crescente prestata alla sistemazione, all'organizzazione e alla segnalazione del sapere e alle sue logiche: la tradizione e le tematiche ermetico-cabalistiche (l'impulso alla diffusione delle idee e della spiritualità ermetiche viene dalla traduzione, nel 1463, del "Corpus Hermeticum" da parte di Marsilio Ficino; la diffusione delle tematiche cabalistiche è legata al pensiero e all'opera di Giovanni Pico della Mirandola) sarebbero infatti connesse al sorgere della "bibliografia". La compresenza in numerosi esponenti dell'Umanesimo e del Rinascimento -Trithemius, Reuchlin, Pellikan, Champier, Neander, Doni, Pansa, Du Verdier, Gesner, Lycosthenes, Schwenckfeldt, Alsted, Draud e altri ancora - della qualità di "bibliografi" (organizzatori di raccolte librarie, pansofisti, enciclopedisti, ecc.) e dell'aderenza, palese o celata, al movimento ermetico-cabalistico, induce a ritenere come alle concezioni cabalistiche fossero collegati fattori che spiegherebbero "dall'interno" la tensione al miglioramento delle applicazioni "bibliografiche": le lettere - quelle dell'alfabeto ebraico - rappresentano le forme mediante le quali si è esplicata l'azione creatrice del mondo; lingua e scrittura ne rispecchiano dunque le essenze e regolano i fenomeni e i processi della realtà; chi conosca alla perfezione le "chiavi linguistiche" è in grado di determinarne il funzionamento.
L'informazione diviene mezzo indispensabile per la conoscenza e il dominio della realtà naturale e preternaturale. "In un senso importante, la bibliografia dovrebbe riacquistare proprio lo spirito integrato che informava quel coacervo di competenze e di interessi che nel Rinascimento avrebbero costituito la dotazione del bibliografo (se ci fosse stato). Se si riflette, quello spirito è proprio ciò che sta dietro alle esigenze di organizzazione delle conoscenze, a quella che si chiama 'Science of science', ai problemi intricati che pullulano intorno a ciò che si etichetta, sbrigativamente, con il termine di informazione: in pochissime parole è il nucleo essenziale, 'mutatis mutandis' dello gnosticismo cabalistico, ossia la conoscenza dell'universo, e i modi di attingerla, ordinarla e trasmetterla"
Il Rinascimento è l'età dell'ultima ricomposizione del sapere antico e delle nuove acquisizioni, della scissione incipiente di quel sapere nelle sfere umanistica e scientifica che sarebbe giunta a compimento nel corso del XVII secolo. L'"enciclopedia" rinascimentale accoglie il patrimonio culturale classico, i risultati dei nuovi studi, delle nuove speculazioni e delle osservazioni prescientifiche secondo una visione unitaria e unificante. La presenza della stampa e soprattutto l'accrescimento editoriale del primo Cinquecento impongono al sistema bibliografico iniziative d'approfondimento teoretico e realizzazioni di strutture ordinatrici e di strumenti segnaletici adeguati: la "Bibliotheca Universalis" di Conrad Gesner è risposta unica e irripetibile. Enciclopedia e bibliografia si connettono e si integrano a vicenda nell'ottica "universale" dell'ideale di cultura rinascimentale: modello e forma unitari permeano la sistemazione del sapere e la segnalazione della 'notitia librorum', intrecciati in un tutto ove i confini fra primo e secondo aspetto sono indistinguibili. Restando l'oggetto di fondo della ricerca ossia l'individuazione e l'analisi delle connessioni di tipo gnostico, l'enciclopedia rinascimentale è "ricostruita" lungo le linee d'una suddivisione ideale in classi di attività "letteraria e bibliografica": filologi e antiquari; 'lexica rerum' (attività di tipo enciclopedico sul versante linguistico: lessici e dizionari); enciclopedisti; enciclopedie poetiche; organizzazione delle discipline, metodi scientifici e didattici; poligrafie, florilegi, storie delle invenzioni, piazze, specchi; bibliografie universali.
Già nel 1548 Christophe Milieu configura una "Historia literaturae", poi denominata "literaria", che Bacone avrebbe definito e legittimato teoreticamente nel "De dignitate et augmentis scientiarum" (1623), approntandone uno statuto auspicabile e attribuendo il giusto valore alla componente bibliografica. La "Historia literaria", sintesi ancora unitaria dello stato del sapere, è conoscenza delle opere non solo dal punto di vista intellettuale, ma anche rispetto alla citazione e all'ordinamento: in termini coevi, 'excerptio dispositio methodus e index'. Così due ne sono le componenti: da un lato, "storia dell'erudizione" ossia delle acquisizioni disciplinari, onnicomprensiva negli intenti e in virtù del retaggio enciclopedico rinascimentale, ma nei fatti sempre più orientata verso le discipline 'humaniores' (storiche, filologiche e letterarie); dall'altro, teoria e prassi delle attività di riduzione, di mediazione e d'indicizzazione della cultura storica, letteraria e filologica.
Tuttavia, alcuni fattori rendono sempre più difficile l'esercizio d'una funzione critica e segnaletica di portata universale: l'insorgere d'àmbiti disciplinari ristretti che garantiscono una funzione di controllo sul settore di scibile loro competente (storia della letteratura, critica letteraria, ecc.) scinde il nesso materiale/intellettuale che ne aveva governato le funzioni, retrocendo il genere bibliografico a mero esercizio di selezione e di segnalazione di titoli, libri e articoli al servizio delle singole discipline; concorrono alla relativizzazione della componente bibliografica l'ampliamento della produzione editoriale e la progressiva dismissione del latino, quale strumento della comunicazione scritta, a favore delle lingue nazionali.
Questo e un po' in sintesi lo stato in cui è giunta al presente la bibliografia, depauperata ulteriormente nelle attribuzioni dall'avvento della biblioteconomia e ridotta ad attività descrittiva priva dei connotati disciplinari che avrebbero consentito di fissarne àmbiti e funzioni.
Il recupero del duplice denotato gesneriano del termine (biblioteca: raccolta libraria e 'notitia librorum') rappresenta una chiave di lettura rispettosa della realtà storica, dei presupposti teoretici della lezione gesneriana e della successiva elaborazione baconiana, e comprensiva di materiali per solito ricadenti nel dominio di altre discipline dedite allo studio del libro: i cataloghi (bibliografie in senso stretto) di biblioteche private e pubbliche e istituzionali - per tradizione appannaggio della storia delle biblioteche - testimonianze del crescente grado d'affinamento dei lavori catalografici determinato dall'esigenza di moduli descrittivi più discriminanti; e i cataloghi tipografici, editoriali e di librai, cui sono affini le bibliografie nundinarie e dei quali Gesner riconobbe l'importanza.
L'ampiezza del materiale che Alfredo Serrai considera e investiga dal punto di vista storico-culturale delle procedure e dei criteri bibliografici non consente una segnalazione neppure sintetica: la menzione delle principali "tipologie" documentarie e l'accenno all'approccio metodologico e teoretico che ne hanno guidato la lettura e l'analisi rendono ragione, seppur indirettamente, della novità delle acquisizioni e delle proposte di riflessione, in particolare sull'ufficio "culturale" della bibliografia, offerte non solo agli studiosi che si professano bibliografi.
Del resto, il lavoro "intende offrirsi, insieme, e come opera di consultazione e di documentazione, e come proposta di spunti, di motivi, e di occasioni di ricerca e di curiosità"; inoltre, "l'allestimento degli scenari teoretici ed ideologici è lasciato alle iniziative e alla curiosità dei lettori - i quali non avranno difficoltà, all'occorrenza, a servirsi di apposite introduzioni generali o delle bibliografie specializzate - ricordando che, appunto, lo scopo, e le specificità, del presente lavoro sono costituiti solamente dalla enucleazione e dalla rappresentazione di quegli ideali e di quelle azioni della vita intellettuale del Rinascimento - sia sul piano individuale che sociale - che riguardano i progetti e i movimenti di unificazione, di strutturazione, di organizzazione, e di ordinamento delle conoscenze".

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