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La stanza delle passioni. Dialoghi sulla letteratura francese e italiana - Giovanni Macchia,Doriano Fasoli - copertina
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La stanza delle passioni. Dialoghi sulla letteratura francese e italiana - Giovanni Macchia,Doriano Fasoli - copertina
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Descrizione


Il testo è un lungo dialogo nel quale alle domande di Fasoli lo studioso risponde raccontando le sue ricerche, i suoi interessi, le sue amicizie: Baudelaire, Proust, Molière, La Rochefoucauld, Montaigne e la letteratura inglese, il teatro, la poesia; le affinità e le amicizie. Ne esce un ritratto a tutto tondo del grande intellettuale Giovanni Macchia.
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Dettagli

1997
112 p.
9788831764551

Voce della critica


recensione di Cacciavillani, G., L'Indice 1997, n. 8

Negli anni sessanta in Francia e negli anni settanta in Italia, tramontata l'era dell'esistenzialismo che poneva solo, di fronte al mondo, il soggetto, nell'angoscia della sua libertà, sulle rovine dell'ultimo degli umanismi, nasceva e si fortificava quello che poi si sarebbe chiamato lo strutturalismo. Ne nacquero una teoria e una pratica della letteratura intesa come oggetto autistico, chiuso su se stesso, analizzabile solo in base alle sue interne leggi linguistiche. In contrasto con questa critica che sezionava, computava, smembrava e analizzava, svetta la figura di Giovanni Macchia (e forse di qualche altro) come colui che ha tenuto ben saldo in mano il timone della sua nave e, con una coerenza che è solo dei prodi, ha intessuto il suo discorso solitario, dal 1939 a oggi, fermo al presupposto umanistico del suo gesto conoscitivo. La letteratura mette in campo un mondo, un soggetto e un linguaggio. Il critico, empatico amatore, sa entrare nel cuore spirituale del suo autore e della sua opera, e descrive, racconta, ricrea dall'interno quel mondo e quell'esperienza per noi preziosissimi.
Noi abbiamo bisogno di Macchia, della sua opera, per ritornare alle sorgenti vive dell'atto critico, laddove emozione e ragione intrecciano un dialogo fecondo e cordiale, ove lo stile, specchio dell'uomo, non aspira all'impassibilità ma si pone come marchio, sigla di un animo "perturbato e commosso", raccontando a noi lettori l'esito di un'esplorazione nel gran teatro delle passioni.
Tanto più cordiale e, direi, capricciosa, libera è la passeggiata conversativa che egli oggi ci propone, con l'ausilio di Doriano Fasoli, intervistatore intelligente e preparato. Ne esce un libretto barocco e classico insieme, sfaccettato, multiforme, arioso - come si dice arioso in musica -, che verte su ricordi di epoche lontane, su nomi di amici e maestri, riproponendoci al contempo un'ideale galleria di ritratti memorandi e di autocitazioni esemplari.
Avanza il prediletto e fondante Baudelaire, con la sua propria lezione critica: "Credo in coscienza che la migliore critica sia quella che riesce piacevole e poetica; non una critica fredda e algebrica, che, col pretesto di spiegare tutto, non sente né odio né amore, e si spoglia deliberatamente di ogni traccia di temperamento". Baudelaire ha segnato la "vocazione", per Macchia, lo ha aiutato a riconoscersi, come afferma giustamente Colesanti. Non gli ha insegnato solo l'impostazione del mestiere critico, ma gli ha indicato anche la via per risolvere la tensione tra oggettività e passionalità intima. Il ritorno a Baudelaire segna il ritorno della grande critica, la critica dei grandi scrittori (si potrebbe dire lo stesso di Macchia).
Avanza Proust, l'angelo della notte, il quale non solo esprime l'ansia analitica per la ricerca delle grandi leggi, ma, avendo creduto all'importanza della lettura, echeggia e dialoga con testi e autori d'elezione, in una coralità trasfigurata e materica. "Costruire era tanto faticoso quanto il lavoro di occultamento della costruzione".
Avanza La Rochefoucauld, per cui "la penna sarebbe stata soltanto la muta testimone della propria disfatta". Lucido e impietoso, il moralista vuol strappare con violenza la maschera all'uomo, quella "maschera orribile che da secoli la società gli aveva imposto perché recitasse la propria parte nel gran teatro del mondo". Alla freccia che tutto raggela di la Rochefoucauld, si contrappone l'ultimo degli scrittori felici,Voltaire: "È uno sguardo di uno splendore non accecante, ma sereno: come di un'immensa pianura. Una pianura in cui appaiono distrutti i vecchi idoli gotici, le fantasie paurose, le superstizioni, i fanatismi".
Avanza Pirandello che, con la sua greve tristezza, crea in anticipo una "nausea" novecentesca: senso di morte, coscienza del vuoto, disordine, confusione, l'amore e insieme il disprezzo dell'umanità. Da una Roma bizantina egli fa sentire l'eco di una terra bollente e arida, di vulcani, di zolfo e di polvere, dove hanno luogo "i disastri del caos, le fatiche degli uomini, i delitti della miseria, del sangue, delle ruberie". Ma Pirandello riesce a imporre al grande pubblico anche l'enigma del teatro, il gioco dell'illusione e dell'introvabile verità: il teatro nel teatro, il mondo delle apparenze, cui l'essere stesso dà valore di realtà.
Ma in questo aureo libretto s'accalcano fantasmi a lungo accarezzati: le rovine di Parigi, la tensione fra la "déraison* e l'aspirazione alla luce nella letteratura francese, il dialogo fra Don Giovanni e DonRodrigo, il fondo "più buio e più nero" dei "Promessi Sposi", la biblioteca come presenza viva in continua mutazione e crescita. E la confessione finale del nostro patriarca delle Lettere: "Ho imparato che devono coesistere il senso di claustrofobia e il bisogno di aria, la dinamicità e la coscienza profonda di un ambiente raccolto". E alla fine, alla fine... "La vita è una stanza chiusa e non possiamo uscirne".

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Conosci l'autore

Giovanni Macchia

(Trani, Bari, 1912 - Roma 2001) critico e saggista italiano. Studioso di letteratura francese (ha insegnato a lungo all’università di Roma), si è occupato anche di autori italiani e di storia del teatro. Fondamentali i suoi studi su Baudelaire: Baudelaire critico (1939), Baudelaire e la poetica della malinconia (1946), Baudelaire (1975). Tra le altre sue opere, di un saggismo aperto all’analisi comparativa, allo studio delle varianti d’autore, alla ricostruzione di grandi temi culturali e artistici, alla rievocazione suggestiva di figure e ambienti, si ricordano: Il paradiso della ragione (1960), Vita, avventure e morte di Don Giovanni (1966), I fantasmi dell’opera (1971), Il silenzio di Molière (1975), Il principe di Palagonia (1978), L’angelo della notte (1979), Pirandello o la stanza della...

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