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Lo spergiuro. Il tempo dei rinnegati - Jacques Derrida - copertina
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È possibile commettere uno spergiuro non per trasgressione deliberata, ma per semplice distrazione? Il quesito non ci porta solo a chiederci se possiamo considerare questa un'attenuante, ma anche a riflettere sulla natura del giuramento e sulla sua infrazione, sulle strutture logiche e psicologiche che sostengono ogni patto e il suo, forse inevitabile, tradimento. Per Derrida che ai concetti di spergiuro, confessione e perdono ha dedicato l'ultimo tratto del suo percorso filosofico - ogni relazione sociale, a cominciare dal matrimonio, si fonda sul giuramento, una promessa, e sullo spergiuro, la rottura di quella promessa. In questo testo ironico, spiazzante e implacabile, il filosofo esplora il labile confine tra finzione e realtà, esamina la menzogna insita nell'atto del narrare, intreccia analisi letteraria e sociologia, diritto e religione. Al lettore, sedotto e disorientato, non resta che riesaminare le proprie categorie etiche, e forse la sua stessa identità di soggetto.
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Dettagli

2013
30 giugno 2013
128 p., Brossura
9788876159374

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alida airaghi
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Giuramento, tradimento, confessione, perdono, colpa, riscatto: la riflessione dell'ultimo Derrida si è soffermata su argomenti che riguardano sia l'etica sia la cultura e il suo rapporto con il sociale. Partendo dal commento di un romanzo di Henry Thomas intitolato appunto "Lo spergiuro" (in cui il protagonista si trova a tradire ripetutamente se stesso, le sue aspirazioni artistiche, il padre, la prima moglie, i figli, la seconda moglie, la legge, non sempre e solo per negligenza, egoismo o malignità, ma addirittura per leggerezza), Derrida si chiede: "E' possibile commettere uno spergiuro "senza pensarci"? Per distrazione? Non per trasgressione attiva e deliberata ma per dimenticanza?" E conclude che: "non si può ragionevolmente chiedere a un soggetto finito di essere capace, ad ogni istante, nello stesso istante, e anche solamente nel momento voluto, di ricordarsi attivamente, attualmente, in atto, continuamente, senza intervallo, di pensare tutti gli imperativi etici ai quali, per essere giusti, dovrebbe rispondere. Sarebbe disumano e indecente". Si rinnega la propria fede, dunque, si tradiscono le ideologie, si sconfessano le amicizie e gli amori, si abiura per timore, viltà o interesse: perché non si è in grado di rimanere fedeli nemmeno al proprio io, a causa della molteplicità di voci che ci abitano. Testimonianze di spergiuri si trovano in Omero e nella Bibbia, nelle Confessioni di Sant'Agostino e di Rosseau, in Proust e in Kafka; tutta la letteratura è di per sé finzione, invenzione, menzogna, e ogni scrittore tradisce la realtà inventando i suoi personaggi e le sue trame. Persino nella grammatica esiste lo spergiuro, nella figura retorica dell'anacoluto. In uno stile ironico e provocatorio, il filosofo francese riesce a smontare l'illusione di una verità univoca, del dovere implacabile della coerenza a se stessi, e la stessa identità soggettiva dell'io, appellandosi alla non linearità dell'accadere, alla sua incolpevole e incorreggibile anarchia.

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Jacques Derrida

(El-Biar, Algeria, 1930 - Parigi 2004) filosofo e saggista francese. Docente dal 1965 di storia della filosofia all’École normale supérieure di Parigi, è stato dal 1984 direttore di studi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi. Ha insegnato in molte università americane, tra cui Yale. Al 1967 risalgono le prime opere importanti, caratterizzate da uno stile metaforico e spesso oscuro, molto diverso da quello della tradizione filosofica francese: La voce e il fenomeno (La voix et le phénomène, 1967); Della grammatologia (De la grammatologie, 1967); La scrittura e la differenza (L’écriture et la différence, 1967). D. riprendendo in modo personale la nozione di differenza ontologica di M. Heidegger (l’irriducibilità dell’essere agli enti o alla loro somma), ha sostenuto che...

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