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recensione di Massenzio, A., L'Indice 1998, n. 5
"Fantascienza" o (più modernamente) "dark fantasy"? La voce di Nicholas Royle sembra insinuarsi furtivamente tra le righe per dire la sua in proposito: "sempre la solita roba" - ironizza - anche se cambia il modo di classificare il libro. Al di là delle definizioni di genere, la forma della narrazione attinge al filone "noir" che è familiare all'autore, ma più ancora, com'è stato osservato nell'interessante postfazione, ha una radice comune al surrealismo pittorico di Dalí, Magritte e Delvaux. In questa cornice un acrobata e un attore di teatro si muovono come se realtà e sogno fossero un'unica, indifferenziata entità spaziale. Impercettibilmente, attraverso l'abilità sottile della scrittura, il lettore scivola nella dimensione onirica del personaggio e, proiettato all'interno delle sue visoni, sperimenta da vicino il suo stato di "trance". Due voci, una in prima, l'altra in terza persona, quasi osservassero eventi da prospettive opposte, raccontano la storia di Gargan, o delle "Counterparts" (titolo originale ricco di sotterranee allusioni), e si dileguano sul finire delle righe, consegnando quel "significato incerto che talvolta hanno le cose nei sogni".
Un evento tragico sconvolge l'esistenza del protagonista, lo spinge a camminare nel vuoto su di un filo metallico, a infliggersi profonde, primitive mutilazioni nel sonno, e a vagare per l'Europa ricercando la causa dei suoi comportamenti, fra i percorsi tortuosi dell'inconscio. Seguìto, quasi perseguitato da una donna di nome Su, invadente quanto la coscienza che riemerge da oscurità sepolte, Gargan va incontro alla sua "counterpart", proiezione di un essere opposto e identico a sé, come la propria immagine vista allo specchio.
Al fondo del viaggio, nello scenario di una Berlino ancora (per poco) spaccata dal muro, Gargan affronta il fallimento della sua duplice aspirazione d'"essere qui e là" nello stesso tempo, da entrambi i lati della città, lontano e vicino alla ragazza che ama, "diviso" e contemporaneamente "unito". Due donne, una per parte, incarnano questa necessità contraddittoria e vitale che conduce l'acrobata a inseguire Rada, una cameriera proveniente dall'Est, e l'attore ad abbandonare a Londra Jenny, pur amandola. Le poesie di quest'ultima, simili a profezie di quanto avverrà, si fondono saldandosi con il racconto, sempre significativamente "smembrate" nei versi di cui sono composte, e incastrate nel corso della narrazione con effetti di intensa liricità.
La "counterpart" infine, l'io nascosto che sfugge alla presa della coscienza, tiene in pugno la vita del personaggio fino a quando le due parti non saranno in grado di congiungersi riesumando importanti tasselli di un'esistenza rimossa. Sono "due metà che formano un tutt'uno o due individui separati?". Ricucendosi, la frattura dello sdoppiamento porta paradossalmente alla luce la consapevolezza dell'unica dimensione possibile alla natura dell'uomo, quella di un essere "solo".
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