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Descrizione


La sinistra ha davvero toccato il fondo? Ha trovato un punto su cui poggiare il piede e iniziare la risalita?L'Ottantanove ha travolto più cose di quelle che già sembravano vacillare. Nonostante si sia liberata del gravoso fardello del «socialismo reale», la sinistra europea non si rimette in cammino; sembra incapace di proporre un'alternativa politica ai governi centristi e conservatori, di tradurre in consenso il malcontento, di riconnettere il rapporto tra società e sistemi politici. È una crisi del «cielo» delle idee, ma è anche una crisi della «terra» dei fatti economici: si è spezzato il circolo virtuoso tra sviluppo, industria, lavoro, giustizia sociale. Ne risulta colpita l'idea stessa di socialismo, anche nelle sue versioni più autenticamente democratiche. Ma la realtà impone una riflessione ancora più radicale, giacché lo stesso concetto di «sinistra» sembra perdere terreno sotto i colpi della più terribile incertezza. Che cosa è rimasto, allora, della sinistra? Da dove si può ripartire? Dov'è il punto zero da cui ricominciare il conteggio? Gli interventi raccolti in questo volume rappresentano, per l'autorevolezza e la spregiudicatezza delle argomentazioni sostenute, un primo possibile modo per iniziare l'opera di ricostruzione.

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Dettagli

1993
22 agosto 1993
168 p.
9788879890199

Voce della critica

MASSARI, TERESA, La tela di Penelope, Dedalo, 1993
BOSETTI, GIANCARLO (A CURA DI), Sinistra punto zero, Donzelli, 1993
scheda di Galeotti, A.E., L'Indice 1993, n. 9

Il problema della sinistra: se abbia ancora senso parlarne, che cosa sia rimasto di essa e quali prospettive teoriche e politiche può ancora avere, è ciò che accomuna questi due agili volumi, il primo dei quali frutto di uno sforzo composito dei più interessanti filosofi e politologi contemporanei, da Bobbio a Rorty, da Dahrendorf a Veca e Walzer, da Sartori a Lukes, Gorz e Zincone. Dalla caduta del muro di Berlino, salutato dalla composita sinistra europea con un misto di soddisfazione e sgomento, questi interrogativi sono divenuti abituali, almeno per chi, come rammenta Bosetti, crede che la domanda abbia ancora senso. Tuttavia se il quesito di fondo è comune ai due libri, il modo di affrontarlo è profondamente diverso: Teresa Massari disegna un'indagine a ritroso nel progetto politico moderno, a partire dal contrattualismo, per evidenziarne le aporie e farne emergere i fili buoni che una qualche Penelope forse un giorno tesserà in tela compiuta. I contributi raccolti da Bosetti sono invece più attenti all'oggi, all'analisi dei fallimenti della sinistra del nostro tempo, alla valutazione del patrimonio accumulato e all'indicazione di qualche ipotesi per ripartire. Tutti condividono che non solo il socialismo reale è fallito ma che anche i progetti socialdemocratici hanno fatto il loro tempo e non sono più riproponibili nei termini in cui sono stati progettati verso la metà di questo secolo. Tutti sono anche convinti che la memoria, pur centrale nelle biografie del popolo rosso, non costituisce patrimonio sufficiente per una proposta politica credibile. In questo senso, il più disincantato è Rorty che non deve fare i conti con le salde tradizioni operaie e socialiste dell'Europa e che pare il più pronto ad affrontare situazioni e trasformazioni nuove totalmente impensate e impensabili nel gergo ideologico del marxismo. Neanche dal libro di Bosetti emergono risposte definite, ma i problemi vengono posti sul tappeto con chiarezza. Inoltre si evidenzia anche l'elemento che è parte del patrimonio della sinistra da non disperdere e che dovrebbe organizzare un nuovo indizio. Si tratta dell'ideale di eguaglianza, che pur nella sua vaghezza e apertura alle molteplici interpretazioni è stato il collante etico dei movimenti di sinistra, quello che ancora, anche se in modo confuso, accomuna il popolo, orfano, della sinistra. È questo ideale che dà senso all'impresa di ripartire da zero per la costruzione di una sinistra nuova, che tuttavia mantenga la sua carica ideale e morale, anche fuori da un'ideologia complessiva. Tuttavia se questa è la prospettiva percorribile, è forse necessario reinterpretare (con Veca) l'eguaglianza come eguaglianza di dignità e rispetto, più che come eguaglianza economica: solo così si potrà tener conto anche delle differenze, dei particolarismi e dei contesti senza rinunciare a un universalismo non dogmatico.

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