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Tutte le poesie qui raccolte esalano l’atmosfera di silenzioso, quasi segreto, accordo tra due attese, non comunicabile al resto del mondo, incapace di comprendere la delicata intensità del trasporto che le lega: la traduzione tende proprio ad accentuare il sentimento talvolta addirittura estenuato, tipico della poesia erotica rilkiana. Poeta ossessionato dall’amore, spesso elevato a una spiritualità disincarnata, priva di ogni ansia di possesso e dominio, ma trasfigurante il dato reale in favore dell’invisibile, dell’irraggiungibile, di un’armonia che si serve di indizi e formule terrene per arrivare all’ultraterreno: “La campagna è chiara, il pergolato scuro. / Tu parli piano e un miracolo è imminente. / La mia fede dispone ogni tua parola / come sacra icona sul viottolo silente”, “La mia anima come trattenerla / che la tua non sfiori? Come elevarla, / sopra di te, ad altro?”. La passione, il tormento che sfibra le anime e i corpi di chi si desidera, sembra in realtà quasi per il poeta un pretesto letterario, nella sua classica e studiata solennità: “Solleviamo silenzio e tempesta / e questi ci formano entrambi. / Tu ‒ come seta il silenzio ci veste. / Io ‒ fatto torre dalle tempeste…”. Ci sono descrizioni fisiche, nelle liriche qui raccolte, ma rare, e talmente sublimate da risultare eteree, immateriali: “Così, se tu venissi, per placarmi / mi basterebbe sfiorare appena / la giovane curva della tua spalla / o il punto dove il seno preme”, “Alle tue labbra non lasciarmi bere: / sulle bocche è la rinuncia che ho bevuto. / Nelle tue braccia non farmi sprofondare: / dalle braccia io non sono trattenuto”. Nella postfazione, Massimo Morasso, esprimendo ammirazione per la versione “rivitalizzante… post-novecentesca” di Raffaela Fazio, ne loda il tono “umile e concentrato” in grado di re-inventare il linguaggio rilkiano.
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