Silenzi

Erano anni che non leggevo un libro così coinvogente, vero e ben scritto, per niente scontato. E' evidente che l'autore sa di cosa parla, consce il mondo descritto e forse la storia non è nemmeno tanto inventata. Un'accusa spietata per la nostra società dei consumi, per la scuola (assente), per la classe politica (colpevole di tutto) e per la chiesa (un pò meno, visto che don Albino è chiaramente un imbecille). Marianna è un personaggio da grande letteratura, sfortunata, vittima incolpevole dell'egoismo sociale, con un fondo di sani principi e molto più in alto di quello che appaiono le sue coetanee nella rappresentazione attualmente diffusa. Resta nella mente di chi ha letto la sua storia.

In occasione del prossimo Natale, ecco il regalo giusto per il vostro uomo politico (o donna) di riferimento (in senso negativo o positivo, fa lo stesso). Se ritenete uno spreco spendere qualche euro per regalare qualcosa al vostro uomo politico, fate voi. Leggete però il libro di Vittorino Andreoli, Silenzi, edito da Rizzoli in questo mese di settembre del 2007. A me ha ricordato moltissimo i romanzi di Emile Zola quando ritraeva i drammi del proletariato francese. Dopo più di un secolo, questa vecchia Europa è ancora drammaticamente alle prese con la povertà e con le tragedie conseguenti. Drammi personali e familiari, mai collettivi, che si scatenano con il pesante carico di morte e disperazione quando non c’è più la speranza di potere cambiare le cose. La famiglia Sartori, dopo avere lasciato il paesino di origine, trova decoro e un ruolo sociale ben definito con il lavoro del capofamiglia nell’acciaieria della grande città. La crisi getterà fuori dal mercato del lavoro il Sartori e chissà quanti altri come lui che da operai hanno assunto il ruolo di cassaintegrati in attesa dell'espulsione definitiva. La famiglia conosce all’improvviso la povertà e la mancanza di fiducia nelle prospettive future. Tutto è povertà e abbandono: anche gli animi, che Andreoli conosce molto bene, sono preda di miseria e autodistruttività. La figlia Marianna, quindicenne, è colei che pagherà il prezzo più alto: la solitudine, data dalla povertà assoluta, le sarà fatale. Viene da chiedersi se la storia di Marianna sia una delle tante di cui apprendiamo l’esistenza quando emergono episodi inspiegabili riferiti a persone avvolte da un’assurda e solitaria disperazione: monadi in un sistema che espelle i più deboli e che va avanti lo stesso, sempre più disumano e ingiusto.

Un libro scontato, pieno di stereotipi e senza grossa tensione narrativa. Se l'autore voleva mettere tristezza ci è riuscito. Il pessimismo che emerge non rispecchia la realtà sino in fondo.