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Se si riflette sulle notizie di cronaca che arrivano dall'India contemporanea un paese dove è al potere un partito nazionalista indù (liberamente votato dagli elettori) nel quale la violenza è all'ordine del giorno e segna la vita pubblica viene da chiedersi che fine abbia fatto l'eredità gandhiana. Una possibile risposta la offre questo libro che ricostruisce attraverso interviste ai protagonisti e testimonianze dirette la vicenda di due coniugi (Krishnammal e Jagannathan) che dell'insegnamento gandhiano sono eredi coerenti. Dopo aver partecipato in gioventù ai satyagraha gandhiani entrambi sono da decenni impegnati nel movimento Sarvodaya fondato da Vinoba discepolo spirituale del Mahatma. Molteplici le iniziative di cui il libro dà testimonianza: dalle campagne per la donazione delle terre alle attività di educazione popolare alle azioni di resistenza non violenta nei confronti delle attività dei poteri politici all'impegno di promozione etica nelle comunità agricole e nei villaggi fino alle lotte dei nostri giorni contro l'eccessiva diffusione dell'allevamento dei gamberetti. In altri termini il permanere di una vivace e attiva tradizione di iniziative non violente grass root è una sorta di prova al contrario che l'attitudine principale di Gandhi era quella di un riformatore religioso e sociale per il quale la politica aveva un valore strumentale. Tuttavia nel periodo storico in cui si è trovato a vivere la politica era indispensabile per qualunque iniziativa di riforma sociale. Tramontata quella stagione i suoi eredi sono rifluiti per così dire all'ambito prepolitico come apostoli laici o non confessionali della non violenza. Nel complesso il volume offre molte informazioni interessanti e anche un certo terzomondismo antimoderno che si avverte sullo sfondo (anch'esso di derivazione strettamente gandhiana) appare tutto sommato data la collocazione geografica dei protagonisti comprensibile.
Maurizio Griffo
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