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Complimenti all'autore! Un libro da leggere.
Un eccelente lavoro di ricerca storica. Per chi vuole capire con quale cura sono stati trattati i nazisti, ustascia, fascisti in tutta Europa (compreso il Vaticano), e nell'Argentina di Juan Domingo Peròn (e non Juan Carlo come dice nel risvolto della copertina) e tutte le dittature che seguirono.
Un saggio scritto con uno stile brioso e brillante, mai noioso, tanto che pare di rivivere in diretta gli avvenimenti. E' coinvolgente come un documentario televisivo. Un saggio scritto da un giornalista; un evento non raro, ma nemmeno frequentissimo. Se tutti i saggi fossero scritti così...
Recensioni
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Non è detto che la recente, e tanto pubblicizzata, apertura al pubblico degli archivi argentini riguardanti il periodo immediatamente postbellico possa offrire grandi novità al lavoro di ricerca sulla fuga dei criminali nazisti in Sudamerica. In realtà è probabile che tali archivi, come quelli già consultati da Uki Goñi per questo libro, siano stati epurati da tempo del materiale più compromettente. Ciò nonostante, solo ora si aprono prospettive di lavoro più analitiche su questo tema, per anni rimasto un buco nero della ricerca storica. L'infinita mole di volumi pubblicati sulla seconda guerra mondiale si interrompe improvvisamente davanti alle macerie del Reichstag o, nel migliore dei casi, nell'aula di tribunale di Norimberga, ignorando volutamente le centinaia (e forse migliaia) di criminali di guerra sfuggiti alla morte o alla cattura e rifugiatisi in America Latina (ma anche negli Stati Uniti e in altri paesi del blocco occidentale).
La difficoltà nel reperire fonti dirette non ha però fermato questo coraggioso giornalista argentino (ma cresciuto negli Stati Uniti), il quale, grazie a un paziente lavoro durato sei anni, è stato in grado di mettere insieme il materiale sufficiente per ricostruire la vicenda generale della fuga dei criminali di guerra dall'Europa e quella specifica di alcuni di loro, fra cui Ante Pavelić ( Poglavnik dello Stato Indipendente Croato), Adolf Eichmann (il "ferroviere" dell'Olocausto), Erich Priebke (il responsabile della strage delle Fosse Ardeatine), Josef Mengele (il "dottore della morte" di Auschwitz). Come racconta lo stesso autore - che non nasconde alcun aspetto della sua lunga ricerca e delle posizioni politiche e personali da cui essa è partita -, il mosaico è stato ricostruito grazie a tessere raccolte per mezzo mondo: gli archivi della Croce rossa in Svizzera; quelli belgi che conservano il diario di uno dei più importanti criminali fuggiti in Argentina; i documenti dei servizi segreti americani; i moduli di sbarco e i permessi rilasciati dall'Ufficio immigrazione di Buenos Aires; i pochi documenti vaticani a disposizione; il tutto amalgamato con interviste dirette ad alcuni protagonisti.
Il quadro che ne viene fuori è al tempo stesso maestoso e deprimente, per la serie di connivenze e di interessi incrociati che fruttarono l'impunità e spesso una vita agiata a individui che si erano resi responsabili delle peggiori atrocità in tempo di guerra. A tutto ciò contribuì l'acquiescenza dei servizi segreti occidentali, che permisero la fuga di gran parte dei criminali già in arresto; l'ignavia della Croce rossa, che fornì documenti di viaggio senza il minimo controllo; l'interesse politico ed economico (la necessità di tecnici specializzati, per esempio nel settore aeronautico) di Perón e del suo entourage, che organizzò una vera e propria rete di espatrio clandestino; la malintesa e molto sospetta carità cristiana di alcuni fra i più alti esponenti del Vaticano (vescovi austriaci, argentini e croati, con la provata complicità di Pio XII e del cardinale Montini, futuro Paolo VI), tanto attivi nell'organizzare una via di salvezza per i criminali cattolici quanto nel negare aiuti sostanziali agli ebrei sottoposti a sterminio pochi anni prima.
In pratica, gli emissari di Perón in Europa - spesso già in contatto con i servizi segreti nazisti durante la guerra - misero in piedi due strutture di fuga, l'una negli anni 1945-47, attraverso soprattutto la Spagna franchista, per mettere in salvo i criminali cattolici (rexisti belgi, fascisti francesi, ustaa croati); l'altra negli anni 1947-49, a vantaggio soprattutto dei nazisti tedeschi e transitante per l'Italia. Spesso fatti fuggire dai campi di prigionia alleati grazie all'aiuto di alti prelati, i criminali di guerra erano tenuti in clandestinità in monasteri o appartamenti di proprietà del Vaticano. Intanto gli inviati argentini procuravano loro i documenti di viaggio della Croce rossa e l'assenso all'immigrazione delle autorità argentine (ancora nel dopoguerra spesso propense a negare i permessi ai profughi ebrei). Infine, questi individui giungevano in Argentina (talvolta grazie a voli della compagnia di bandiera o a un'agenzia privata gestita dagli stessi che ne avevano organizzato l'espatrio), dove venivano accolti a braccia aperte da altri nazisti e filonazisti precedentemente sbarcati, in grado di procurar loro una sistemazione, un lavoro e non di rado un incontro con lo stesso Perón.
L'aspetto giornalistico della ricerca - che la rende al contempo affascinante - e l'estrema difficoltà nel reperire materiale fanno sì che i particolari specifici delle vicende siano spesso incerti; tuttavia il quadro d'insieme delineato dall'autore, pur non esaustivo e a tratti confuso, resta vividamente impresso nel lettore, chiarendo le responsabilità globali di alcune istituzioni (il governo argentino, il Vaticano, la Croce rossa) e quelle personali dei più attivi in quella che Uki Goñi definisce la "squadra salvanazisti" di Perón.
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