Il cielo di stagno

Sto rileggendo in questi giorni "Il cielo di stagno", in attesa dell'uscita del prossimo libro della Pastor, che riguarderà la fase immediatamente precedente della guerra. Qui siamo nell'Ucraina occupata, nella tarda primavera del '43, in un momento di relativa quiete prima della nuova offensiva tedesca. Martin Bora è costretto a fare fronte ai propri fantasmi dopo la catastrofe di Stalingrado. Sul finale, uno dei migliori colpi di scena che mi sia capitato di incontrare in letteratura. Per certi versi, mi rincresce aver già letto il libro ed essere perciò a conoscenza del suddetto, geniale, colpo di scena. Da ex avvocato penalista, mi inchino all'uso appropriato dell'ostico istituto dell'actio libera in causa da parte dell'autrice. Da non perdere!

Di ritorno dall’inferno di Stalingrado il maggiore Martin von Bora è inviato nell’Ucraina Nord orientale, dove sta provvedendo a costituire il suo reggimento, con la scelta selettiva degli ufficiali e della truppa, ma nel suo ruolo di appartenente all’Abwehr, il servizio segreto militare, si deve occupare di due ingombranti presenze, due generali dell’Armata Rossa, Platonov catturato quando il suo aereo ha dovuto atterrare oltre le linee, e Tibyetsky, detto Khan, che si è consegnato direttamente al nemico con il suo nuovissimo carro armato T34. Si devono interrogare i due personaggi, ma non sono per niente ciarlieri, anche il Khan, lontano parente di Martin e che almeno in apparenza sembrerebbe dimostrare una certa disponibilità. Il nostro ufficiale investigatore, inoltre, intende occuparsi di feroci omicidi che vengono commessi nella vicina foresta, eventi che sembrano al momento del tutto indipendenti, ma che finiranno per correlarsi quando i due generali prigionieri verranno assassinati. Chi è stato? Perchè? Sono le due domande che si pone von Bora, che all’inizio gira a vuoto senza nemmeno trovare il più piccolo indizio, ma poi, un po’ per fortuna, un po’ per intuito si solleva il velo di nebbia e in un crescendo di tensione si troverà una spiegazione al tutto con la giusta punizione dei colpevoli. Se devo essere sincero questa serie con protagonista von Bora, a cui mi sono accostato con curiosità, mi sta appassionando veramente, perché nella scrittura di Ben Pastor si trovano trame convincenti, uno stile mai greve, atmosfere e ambientazioni ricreate al meglio, senza dimenticare l’incessante e approfondita analisi psicologica dei personaggi. In particolare von Bora si rivela sempre di più un individuo quotidianamente combattuto fra la sua coscienza e il suo dovere di militare, con il secondo che prevale immancabilmente, perché dominante è il senso dell’onore derivante dalla divisa indossata.

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