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Il bar sotto il mare - Stefano Benni - copertina
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bar sotto il mare

Dettagli

1989
Tascabile
200 p.
9788807810770

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Anto
Recensioni: 2/5

L'anonimo narratore una notte si ritrova a seguire un uomo con una gardenia al petto che si getta in mare. Spaventato, accorre e scopre che l'uomo è appena entrato in un bar sotto al mare. Ovviamente lo segue, e trova all'interno 23 persone diverse tra loro. Ognuna di esse gli racconta una storia. Beh, non posso dire che i racconti di Benni siano affini ai miei gusti letterari, li trovo surreali, a volte ermetici e di non facile comprensione. Alcuni, però, li salvo: -L'anno del tempo matto, una sorta di fiaba, che ha per protagonista il Sole; -Il più grande cuoco di Francia, in cui il diavolo subisce una solenne fregatura; -Oleron, un raccontino horror niente male; -Priscilla Mapple e il delitto della II C, in cui troviamo un mini detective in gonnella. C'è una cosa che mi ha, invece, molto divertita: cercare nell'immagine di copertina il volto da attribuire a ciascun avventore del bar sotto il mare!

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uggio
Recensioni: 3/5

Libro buono per passare un pomeriggio in serenità. In alcune situazioni scopiazza gli esercizi di stile di Queneau, in altre troviamo personaggi e situazioni simili alla serie animata dei Simpson. Alcuni racconti carini, altri brutti. Un aforisma attribuito a belushi è, originariamente, di uno statista.

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Filippo
Recensioni: 5/5

Un libro meraviglioso! L'autore riesce a scrivere racconti comici, così come macabri e tendenti all'horror. Lo stile è più leggero e scanzonato rispetto al libro"La Grammatica di Dio", infatti il libro si presta anche a una lettura scolastica. In un secondo livello di lettura si può andare a rintracciare un ritratto della società dei nostri tempi. CONSIGLIATISSIMO

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Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1987)
recensione di Fofi, G., L'Indice 1987, n.10

Molti anni fa, un giornalista che si piccava di letture classiche e di buone frequentazioni intellettuali, Pietro Bianchi, approntò per la Garzanti due volumoni di "Umoristi dell'800" e "Umoristi del '900", antologie (oggi purtroppo introvabili) ben fatte e piene di piccole/grandi scoperte. Einaudi, in anni più vicini, tradusse la formidabile "Antologia dell'humour nero" di André Breton, e l'accostamento di questi volumi sugli scaffali delle nostre biblioteche (non troppo forzato, se molti nomi dell'antologia del surrealista compaiono anche in quelle del pacifico parmigiano) ci sembra rinviare a una distinzione non troppo gratuita tra "humour bianco" e "humour nero" - il secondo nato, forse per rivolta al primo, e determinato sul fondo da un'aggressività antiumanista, laddove il primo è stato blando evidenziatore dei piccoli difetti degli umani. Il "nero" è moralista per definizione e il "bianco" invece, tutto sommato complice.
Un quarto volume si accosta però a questi tre nel nostro (immaginario) scaffale: un Sansoni degli anni di guerra, mai più ristampato, robusto nonostante la leggerezza del contenuto che si intitolava "Ridi poco", antologia dell'humour all'italiana, soprattutto di quello degli anni trenta, il più diffuso e vivace forse perché dentro/sotto il regime: quello del mitico "Bertoldo". Humour bianco quasi sempre, con la sola, troppo trascurata dagli editori di oggi, eccezione del grande (a sbalzi) Anton Germano Rossi, inventore di un comico "horror metropolitano" antelitteram (è ancora in catalogo presso Dall'Oglio la sua antologietta personale più riuscita, "Porco qui porco là", contiene "pezzi" irresistibili).
Humour bianco mi pare essere, quasi sempre o forse sempre, anche quello di Stefano Benni, che a quella tradizione, forse all'inizio inconsciamente, è saldamente agganciato, per dilatarla, come vedremo, verso molte direzioni. Anche con lui si "ride poco", non solo perché, come nei tempi di guerra in cui uscì il volume citato, anche oggi "c'è poco da ridere", ma anche, credo, perché la gentilezza d'animo dell'autore lo porta sì a vedere i difetti dei simili e a fustigare ipocrisie e look dei potenti e dei loro servitorelli, ma tutto sommato con un senso di partecipazione convinta alla ricerca del "giusto" che di questi tempi è molto rara, e che è qualcosa di più che "politica" - in momenti in cui la parola politica, anche se applicata ai residuati della nuova sinistra, è quasi solo una parolaccia.
L'humour che oggi ci invade - la risata a tutti i costi, la battuta zozza a tutti i costi, i pisellini del destrorso Forattini, le parodie parrocchiali televisive anche alla "Drive-in", il "Satyricon" osceno al cento per cento e il "Tango" osceno al trenta ma melenso al cinquanta, la strizzata d'occhio vetero-goliardica alla Arbore e la cretinaggine alla D'Agostino, e chi più ne ha più ne metta, poiché tanti vorrebbero farci ridere, e tutti sembrano spingere a una sola conclusione: il disgusto per i nostri simili, a cominciare dagli umoristi - questo humour è, con scarsissime eccezioni, contrassegnato da una volgarità che ci sembra quella stessa del nostro paese. Che dunque ha una ragion d'essere sociologica. Ma che è anche, diciamolo, un perenne invito al suicidio e all'emigrazione, una spinta ulteriore, come se ce ne fosse bisogno, alla misantropia.
Tanto più dunque si apprezza Benni. Come tanto più si apprezza Altan: e si potrebbe proporre la conclusione: maestro di humour bianco il primo e il secondo di nero, entrambi accomunati da una reale passione e partecipazione etico-politica alla storia della nostra società, una passione molto "d'altri tempi", rara, ammirevole. Mentre intorno si è sommersi dall'humour giallo, del colore (e dell'odore) di quella cosa che si sa.
La dilatazione dal 'bianco' operata da Benni avviene, nel caso dei suoi commenti sui fatti del giorno, nella direzione di una politicità alta, appunto morale (la preoccupazione per le sorti della cosiddetta cosa pubblica), ma qui, in questa raccolta di racconti inediti, si esplica in altre direzioni.
Nella finissima frequentazione di una cultura in cui è sempre presente un elemento generazionale dettato da una sorta di "spirito del '68" per fortuna duro a morire (in "Terra!" essa sollecitava l'adesione dei giovanissimi e in "Comici spaventati guerrieri" si proponeva come intergenerazionale, a difesa e illustrazione di una morale della "emarginazione urbana di massa", cioè non solo di quella economica) si inseriscono suggestioni culturali più antiche o più nuove. E in questo libro, a titolo indicativo, gli autori delle citazioni poste a inizio dei racconti, sono tutte "di classe", quasi un elenco di 'amori', da Flaubert a Mann, da Molière a Melville, da Majakowskij a Beckett, da Kraus a Gadda, da Queneau a Belushi, dai Beatles a Tom Waits. Insomma, dall'umorismo classico a quello demenziale, ma in assenza di volgarità, ché anche le scorregge di due racconti sono, da sempre, volgari solo se a descriverle è qualcuno che disprezza il 'volgo'.
In copertina, in mezzo ai 20 personaggi più uno (l'uomo invisibile) ospitati dal "bar sotto il mare", ciascuno pronto a narrare una sua storia, riconosciamo alcuni exempla vistosi di una cultura non solo di massa - autori e personaggi. Dentro, nel susseguirsi di racconti lunghi e brevi, che sono spesso "alla maniera di", ma altrettanto spesso sono alla sola maniera di Benni, si svaria da ambiente a ambiente guidati dal filo tenue di una galleria di diversi-non-mostri anche quando la voce della "normalità" li vorrebbe tali. Nessuno di questi racconti è particolarmente 'forte', nessuno è particolarmente esilarante - ma tutti sono dotati del "buon gusto" di Benni di un'invenzione leggera, pasticciata ma non troppo, e poi dalla fertilità delle riserve cui attingere e travasare modificate, e infine da una carica di simpatia e da una coloritura assai personali, da uno 'stile'.
L'itinerario è circolare, fa dell'ascoltatore di queste storie un narratore in potenza, anzi lo obbliga - nella trama del libro -a esserlo a sua volta, se da queste storie vuol poi districarsi e uscire dal bar sottomarino per tornare dopo una vacanza tra i bizzarri-poetici, tra i volgari, tra i finti-bizzarri. La compagnia è bella, ma dai luoghi di una fantasia a mezzetinte bisogna pur tornare a quelli di un presente, anche sgradevole, che considera la mezzatinta una nebbia, o il segno di una poca "presa" sul mondo, che sarebbe poi la presa che sul mondo hanno quei lupi e quei visitors che il mondo produce ormai a getto continuo.
Benni sembra essersi preso una vacanza, aver scoperto un rifugio alla volgarità-ambiente col suo Bar non più Sport e invece Sotto il mare. Applica a tutto il velo e il filtro di una divagazione ironica e a fior di pelle. "Ridere poco" e in buona compagnia è un antidoto provvisorio al troppo che ci ingorga, in compagnie per lo più pessime, o solo impoeticamente e conformisticamente squallide. Ci siamo immersi per un poco, con lui, gradevolmente, e con lui, a lettura ultimata, ci apprestiamo a riaffrontare cose e persone sgradevoli e spesso sgradevolissime, a cercare con fatica quei margini in cui lo sghignazzo si plachi, e anche qui, sopra il livello del mare, si possa in santa pace "ridere poco".

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La recensione di IBS

Sompazzo, il paese più bugiardo del mondo - Gaspard Ouralphe, il più grande cuoco della Francia - Il verme mangiaparole e l'incredibile storia del capitano Charlemont - La disfida di Salsiccia - Il dittatore pentito - Kraputnyk, il marziano innamorato - Priscilla Mapple e il delitto della II C - Il folletto delle brutte figure, il diavolo geloso e la chitarra magica - La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case - Il mistero di Oleron e l'Autogrill della morte - Californian crawl - Il pornosabato del cinema Splendor - I capricci del dio Amikinont'amanonamikit'ama - Arturo Perplesso Davanti alla Casa Abbandonata sul Mare - Il racconto più breve del mondo, la fatale Nastassia e la grande Traversata di Vecchietti. Tutto può accadere nel bar sotto il mare. Un bar in cui tutti vorremmo capitare, una notte, per ascoltare i racconti del barista, dell'uomo col cappello, dell'uomo con la gardenia, della sirena, del marinaio, dell'uomo invisibile, della vamp e degli altri misteriosi avventori.

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Conosci l'autore

Stefano Benni

1947, Bologna

Giornalista, scrittore e poeta, collabora con numerose testate, tra cui il giornale francese Libération. Ha diretto per Feltrinelli la collana Ossigeno. Ha curato la regia e la sceneggiatura del film Musica per vecchi animali (1989), scrive per il teatro e ha allestito, tra gli altri, col musicista Paolo Damiani uno spettacolo di poesia e jazz, Sconcerto (1998). È ideatore della Pluriversità dell'Immaginazione. È autore di numerosi romanzi di successo pubblicati da Feltrinelli, tra cui La compagnia dei celestini (1992), Achille piè veloce (2003), Margherita Dolcevita (2005), Pane e tempesta (2009), Bar sport Duemila (2010), Di tutte le ricchezze (2012), Cari mostri (2015), La bottiglia magica (2016), Prendiluna (2017), Teatro...

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