L'ultimo re. Le storie dei re sassoni

Dopo aver terminato le avventure su Richard Sharpe non vedevo l’ora d’iniziare questo libro, e se davvero il buon giorno si vede dal mattino allora “Le storie dei Re sassoni” sarà uno dei più grandi capolavori di Cornwell. Leggendo queste pagine ti ritrovi di punto in bianco nell’Inghilterra del IX secolo, nei suoi boschi, nelle sue città, in un muro di scudi pronto ad affrontare il nemico... Un’opera avvincente, appassionante e vivida fin dalle prime frasi, dove dettagli romanzati e fatti storici si mescolano in modo straordinario e travolgente. Tra l’altro, trattando un argomento ben poco conosciuto e tenendo conto del rigore dell’autore, va considerato anche istruttivo. Viene riproposto il tema del confronto tra cristiani a pagani, già presente nel “Romanzo di Excalibur”, anche se in caratteri diversi. Qui infatti la religione pagana è quella nordica, dei normanni, mentre quella dei celti sembra essere scomparsa, e il cristianesimo stesso appare cambiato. C’è inoltre un interessante accenno ai britanni rimasti, arroccati nel Galles e che non hanno mai rinunciato alle loro “terre perdute”, una realtà che spero sarà approfondita nei prossimi capitoli. Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e affascinanti, tanto quelli più importanti come Ragnar o Alfredo quanto quelli meno presenti, come Ivarr e Ubba. La figura di Uhtred poi è magnificamente costruita; la sua infanzia e la sua crescita, l’oscillare tra i compatrioti sassoni e gli invasori danesi, le sue emozioni e i suoi ardori, la fame di battaglia legata al senso del dovere verso i suoi avi e la sua terra... questi e altri elementi lo rendono un protagonista eccezionale, per un libro eccezionale.

Un ottimo romanzo storico, ottima anche l'ambientazione. Le lunghe descrizioni della battaglia rischiano di stancare un po' e sono messe per dare colore alla parte romanzata.

Ottimo romanzo, avventuroso e scorrevole. Contestualizzazione storica accurata, interessante l'uso dei toponimi dell'epoca. Il personaggio principale, credo assolutamente di fantasia, incarna lo spirito del popolo sassone e, al contempo, quello dei vikinghi-danesi, che all'epoca infestavano l'isola britannica. Attraverso il protagonista, sempre combattuto tra l'essere fedele alla sua gente natale o a quella di adozione, ci viene narrata la storia di due popoli, dapprima feroci nemici, che finiscono però gradualmente con il mescolarsi per generarne uno nuovo: quello britannico che oggi conosciamo. Interessante anche la descrizione della lenta, ma inesorabile, assimiliaizone della religione cristiana tra i sassoni e, soprattutto, tra i danesi Non ci sono mai momenti di noia e le avventure si susseguono senza tregua. Le uniche pecche, a mio avviso sono la scarsa indagine psicologica dei personaggi e la superficiale descrizione dell'ambiente storico nel quale s'inserisce l'avventura. I protagonisti sembrano privati, talvolta, degli attributi umani e non provare passioni, paure, ansie: i loro sentimenti sono descritti spesso in maniera piuttosto fugace, rendendo così il personaggio un po' irreale. Altrettanto secondaria, poi, è la descrizione del modo di vivere dell'epoca, delle abitudini della gente e, più in generale, dell'ambientazione storica. Romanzo, insomma, forse troppo incentrato sull'avventura e sul contesto storico (comunque molto accurato). Ma, d'altronde, non tutti hanno la medesima potenza narrativa di Gary Jennings. In ogni caso assolutamente consigliato, soprattutto agli amanti del genere.