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La fabbrica degli ignoranti. La disfatta della scuola italiana - Giovanni Floris - copertina
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Descrizione


Il manager strapagato che incita a vincere come fece Napoleone a Waterloo, l'avvocato che scrive "l'addove", il politico secondo cui Darfùr è il dialetto per dire "sbrigati". La nostra classe dirigente è composta da mostri? La ben più dura realtà è che non sono più ignoranti della media. Questo clamoroso fallimento culturale ha un colpevole: la scuola. Per ogni persona che non capisce o non si fa capire c'è infatti un professore senza prospettive, un laboratorio senza apparecchiature, un preside senza portafoglio e una sfilza di ministri che hanno accumulato riforme sempre più inutili. Non può pretendere di avere un futuro un Paese in cui non si rispetta l'istituzione che forma i cittadini. In cui si guadagna meno a insegnare che a pulire i pavimenti, e i bravi docenti vengono ricompensati con carriere immobili. "Siamo allo stadio di zoo umano", commenta sconfortata una prof, ma di chi è la colpa? In questa inchiesta sui mali della scuola e dell'Università italiane Giovanni Floris non risparmia fatti, numeri e situazioni allucinanti. Dall'asilo di Napoli che non apre perché mancano i bidelli fino all'istituto friulano che ogni anno cambia l'intero corpo docente (precario). Un libro di denuncia e insieme un atto d'amore verso una scuola di nobile tradizione, piombata in un Medioevo di strutture fatiscenti e insegnanti girovaghi come braccianti. Di fronte al declino della convivenza civile, della vita politica, dell'innovazione culturale, è ora che torniamo tutti sui banchi.
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Dettagli

2008
10 settembre 2008
305 p., Rilegato
9788817024860

Valutazioni e recensioni

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Piero Giombi
Recensioni: 1/5

Come insegnante, trovo il libro troppo drastico e, soprattutto, privo di una realistica "pars costruens". Insomma, non ci sono proposte praticabili. L'idea di far scegliere agli alunni la sezione a cui iscriversi per poter avere solo professori bravi è demenziale e dimostra una totale ignoranza di come funziona la scuola. Ogni sezione ha più insegnanti, alcuni bravi altri meno. Flores, del resto, è giornalista RAI e si sa come vengono selezionate queste persone. Il fatto che una persona di tal genere si atteggi a moralista fa sorridere. Ho notato che spesso le persone più immorali sono i moralisti. Un mio alunno ha fatto indignare tutta la classe dicendo che suo padre non paga il canone RAI perché non vuole mantenere dei parassiti. Legalmente, il padre dell'alunno aveva torto marcio. Sul piano pratico, però, mi secca un po' di non imitarlo e di versare ogni anno 115 euro e più per ascoltare lo splendido italiano di Luca Giurato, che riesce a far ridere pure la mia domestica.

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Stefano
Recensioni: 5/5

Un libro autorevole, scorrevole, pragmatico,realista. Lo consiglio a chiunque voglia aggiornarsi sull'attualità-politica italiana.

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Tinama
Recensioni: 3/5

Giornalistica la trattazione degli argomenti: leggendo si ha l’impressione di ascoltare Floris in Ballarò con le sue “toccate e fughe”. Qualche spunto in più si trova nel libro per soffermarsi a riflettere sul mondo sempre caotico della scuola. “Una persona colta ha una mente aperta e critica, pronta ad ascoltare le soluzioni che vengono da altrove e disponibile a correggere i propri errori. ..Nessuno può ritenersi dotto di fronte ad un’altra persona: quest’ultima saprà sempre qualcosa che io non so…La consapevolezza della propria relativa ignoranza è libertà, la convinzione di essere onniscienti è l’anticamera della dittatura….L’eccellenza si ottiene facendo ogni volta un po’ meglio della volta recedente: non c’è altra strada, e non importa da dove si parte. La scuola italiana può non essere(e non lo è) d’eccellenza, ma l’eccellenza può insegnarla. Migliorandosi, ogni giorno, poco a poco. Ognuno di noi”. Da insegnante devo affermare che gran parte di quello che ho letto l’ho vissuto, non mi era nuovo. E’ un interessante specchio di quella realtà di cui bene o male (solo per il fatto che siamo stati studenti) tutti conosciamo le pecche. Ma dire che è un libro “eccellente”( come qualcuno lo ha definito) è troppo. Si generalizza su episodi estremi che portano più a sorridere che ad una presa di coscienza del problema-scuola e questo non serve a promuovere un cambio di rotta. Si rischia di essere superficiali, fare polemica fine a se stessa. La realtà è molto più complessa di quella che si rileva dai dati. L’appendice del libro ci rivela che in nessun paese esiste la perfezione, ma tutto è perfettibile a patto che, come dice lo stesso autore, ognuno di noi migliori se stesso ogni giorno, poco a poco. L’handicap prettamente italiano sta nel fatto che, purtroppo, il sistema scolastico viene ribaltato ogni volta che cambia il governo e non si dà modo alla scuola di perfezionarsi. E purtroppo si prosegue sempre navigando a vista.

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Recensioni

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Voce della critica

Come osserva la scuola un giornalista televisivo? Non c'è da stupirsi che lo faccia attraverso le situazioni patologiche: nel paese in cui ogni evento per meritare di essere preso in considerazione deve entrare nel cono d'ombra dell'emergenza e solo così viene percepito dal pubblico della televisione, in cui è il caso limite enfatizzato, non la situazione normale che "buca il video" e suscita reazioni. Fin qui dunque nessuna meraviglia: il giornalista televisivo si adegua alle modalità del suo lavoro e al linguaggio del suo mezzo.
Dunque, Giovanni Floris ci parla di una scuola disastrata e per farlo snocciola una quantità inverosimile di numeri, di statistiche, di interviste e citazioni. Talvolta mette assieme dati che fanno proprio fatica a rimanere accostati: si va dai risultati delle inchieste Ocse (che ormai tutti citano come una giaculatoria…) ai ricordi individuali, dalle interviste a qualche esperto alle notizie raccolte su Youtube. Nulla di male, per carità: il libro non si presenta certo come una ricerca scientifica, ma come un'agile opera d'informazione; però una distinzione più chiara tra le fonti di diverso valore avrebbe forse prodotto una migliore qualità informativa. In questo brulichio di numeri e di parole l'autore sottolinea un paio di questioni importanti: una riguarda il fatto che in questa "Italia che non vuole crescere" la scuola non funziona più da "ascensore sociale": molto meno di trent'anni fa un giovane può aspettarsi di migliorare la propria collocazione sociale attraverso la formazione. Anzi, a conti fatti, chi ha un reddito fisso finisce per finanziare con le proprie tasse gli studi ai giovani più ricchi che, proprio per la condizione familiare e culturale, di solito utilizzano più ampiamente il sistema di formazione. L'altro aspetto, che giustamente l'autore denuncia, è la tendenza perversa del nostro ceto politico a considerare la formazione e la ricerca come un aspetto secondario della vita del paese, per cui "invece di affrontare il problema della qualità della spesa, nei momenti di crisi ci limitiamo a chiudere il rubinetto".
Un quadro così fosco del sistema scolastico fa supporre che l'autore voglia fornire al lettore delle indicazioni di cambiamento magari parziali, ma realistiche e innovative. In effetti le proposte ci sono, ma la prima – la scelta della sezione da parte delle famiglie per selezionare e premiare gli insegnanti migliori – è impraticabile, perché ogni sezione non è formata da un solo insegnante, ma da un insieme di più insegnanti. E poi se a formare gli studenti più deboli si mettessero gli insegnanti meno preparati si otterrebbe davvero un bel risultato! La seconda è lo scontato quanto improbabile toccasana della reintroduzione del voto di condotta… Il bello è che Floris formula questo suggerimento mentre riconosce che i comportamenti devianti di molti adolescenti dipendono dalla perdita dell'etica civile da parte degli adulti ("Troppe famiglie, vilmente complici, e troppi insegnanti, impauriti e resi scettici da tante frustrazioni, hanno rinunciato a trasmettere e imporre valori"): ma per far fronte alla pusillanimità di una generazione di adulti è logico enfatizzare e rendere punitivo il voto di condotta ai ragazzi? Il terzo suggerimento è quello di dotare gli insegnanti di una "Carta Atena" per avere i libri gratis: pensiero simpatico, questo, e indicazione interessante anche se del tutto insufficiente.
Insomma, se un giornalista attento e capace non sa trovare un altro modo che questo per parlare della formazione e per formulare proposte che diano un senso alla scuola, che cosa ci possiamo aspettare da un'opinione pubblica televisiva e distratta?
Vincenzo Viola

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La recensione di IBS

Nel suo precedente saggio Mal di merito Giovanni Floris si era concentrato sull'attaccamento morboso che la classe dirigente italiana mostra nei confronti delle poltrone e delle cariche, reiterando un sistema malato in cui non è il merito personale ad essere premiato negli avanzamenti di carriera, ma la cosiddetta "raccomandazione". Oggi l'indagine del noto giornalista di Ballarò scende in profondità, per analizzare non solo la difficoltà di accedere alle cariche pubbliche e ai vertici aziendali, ma anche la qualità della formazione che le nostre classi dirigenti dimostrano di avere.
Dati alla mano, l'ignoranza dilaga. Spiega Floris che l'ignoranza non è necessariamente legata al livello d'istruzione, ma alla capacità di comprendere e di farsi comprendere, all'intelligenza insomma, una categoria astratta che non ha nessuna casella corrispondente né nella pagella scolastica, né nel curriculum vitae, né tanto meno nella busta paga. La ragione per cui uno dei più noti dirigenti d'azienda considera Waterloo uno storica vittoria napoleonica, o un neo deputato confonde il Darfùr con un termine dialettale, sta nel fallimento totale del sistema scolastico italiano.
Edifici fatiscenti, laboratori lasciati allo stato di abbandono post saccheggio, professori costretti ad emigrare come braccianti stagionali, professionisti con stipendi da operai e studenti che trovano nel linguaggio informale della rete e nel comportamento edulcorato dello spettacolo, i modelli di riferimento da perpetrare durante l'orario scolastico. Dentro e fuori la scuola gli esempi raccolti da Giovanni Floris sono numerosissimi e spesso esilaranti. Le note sul registro scritte da professori esasperati riportano scene ai limiti del surreale, che purtroppo si ripetono quotidianamente in tutte le classi italiane. Disarmati, demotivati e stanchi i nostri insegnanti spesso depongono le armi, non potendo neanche più contare sulla collaborazione delle famiglie, che spesso difendono a oltranza e contro ogni evidenza i cari pargoli. Del resto i modelli di riferimento per le giovani leve italiane non sono da meno. Sulla carta stampata e nei telegiornali, persino sui libri di testo, la lingua italiana viene continuamente storpiata. Non è da meno il mondo accademico, fatto di brillanti cervelli che vanno in tilt ogni volta che la comunità internazionale richiede un intervento in inglese.
La soluzione al dilagare dell'ignoranza è lontana, in ogni senso. Nazioni molto diverse dalla nostra, economicamente e culturalmente, come la Finlandia, hanno sperimentato con successo negli ultimi anni una serie di riforme in grado di avvicinare l'istituzione scolastica elle esigenze della società, migliorando le prestazioni del sistema nel suo complesso. Modelli forse irraggiungibili, in un paese in cui da anni si rincorrono tentativi di riforma disorganiche e spesso schizofreniche, legate per lo più al colore politico del momento piuttosto che alle effettive esigenze pedagogiche. L'Italia, a quanto pare, procede per tentativi, applicando un metodo intramontabile come quello sperimentale classico alla Bacone (che consiste, per intenderci, nel "prova e riprova e poi riprova ancora").
I risultati ovviamente non sono di facile lettura, dal momento che non esiste un valore quantificabile nella scuola, il suo valore è inestimabile, è fatto di ricordi, esperienze, gioie, dolori, successi, fallimenti, che non possono essere misurati né valutati. Ma si possono valutare i risultati dell'istituzione scolastica nel suo complesso, in termini di costi e di risultati, in termini di cultura e sapere che riesce a veicolare. Con un linguaggio semplice e accattivante, Giovanni Floris prova a fare il bilancio di un dibattito già acceso e sicuramente destinato ad ampliarsi.

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Conosci l'autore

Giovanni Floris

1967, Roma

Giornalista italiano. È noto al grande pubblico per la conduzione del talk-show Ballarò, dopo il quale è diventato autore di Dimartedì su La7. Superata la prova di idoneità professionale, fu assunto dal Giornale Radio Rai nel 1996, dove fu inviato e conduttore. In particolare, si trovava a New York all'epoca dei fatti dell'11 settembre 2001. Dopo quella esperienza, fu nominato corrispondente per la RAI dagli USA, con sede a New York, dove si trasferì. Dopo un anno, nel 2002, divenne conduttore del nuovo talk-show Ballarò, che lo ha portato alla notorietà. È vincitore di numerosi premi tra cui Saint-Vincent, Premiolino, Flaiano, Guidarello e Elsa Morante. Tra le pubblicazioni per Rizzoli si ricordano: Monopoli...

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