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Istoria del Concilio Tridentino - Paolo Sarpi - copertina
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Istoria del Concilio Tridentino - Paolo Sarpi - copertina

Descrizione


"L'Istoria del Concilio Tridentino" è forse la prima opera moderna che mette al centro della narrazione un grande avvenimento di vita ecclesiastica, lasciando sullo sfondo le grandi vicende politiche. Il concilio di Trento, convocato a metà Cinquecento dalla Chiesa romana per dare risposta alla Riforma protestante, viene analizzato attentamente da Sarpi, che segue le mosse dei sovrani europei nel tentativo di condizionare il rinnovamento religioso e l'azione dei vescovi per cercare di ottenere maggiore autorità nelle loro diocesi. Invece la curia romana riesce a piegare il concilio agli interessi papali e arriva a costruire una monarchia fortemente accentrata, forte di una dottrina saldamente articolata e dotata di potenti strumenti disciplinari. Il risultato sarà quella che viene chiamata la Chiesa della Controriforma. Sarpi, diventato consultore della Repubblica di Venezia in occasione del conflitto scoppiato nel primo Seicento con la Santa Sede, che pretendeva il riconoscimento di particolari privilegi, si era convinto che l'autorità papale costruita dal concilio avesse finito con l'annullare la distinzione dei poteri fra autorità spirituale e temporale. Proprio le vicende del concilio di Trento gli consentivano di spiegare come fosse avvenuta quella trasformazione, capace di colpire l'azione politica degli Stati moderni e la sua opera poteva essere dunque uno strumento di lotta in difesa del potere laico.
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Dettagli

2011
6 settembre 2011
2 voll., CXLIX-1484 p., Brossura
9788806208752

Voce della critica


Questa edizione dell'Istoria del Concilio Tridentino in due volumi della "Piccola Biblioteca Einaudi" rinnova e aggiorna quella già curata dallo stesso Vivanti nella indimenticabile "nue". Il legame tra autore e curatore è antico e profondamente radicato come mostrano le recenti Quattro lezioni su Paolo Sarpi tenute da Vivanti all'Istituto di studi filosofici di Napoli (Bibliopolis, 2005). Lo stato attuale della ricerca sarpiana è oggetto di una densa e aggiornata premessa che insieme all'ampia introduzione costituisce quasi un libro a parte. Nelle nitide pagine dei due volumi einaudiani viene qui offerto al lettore il testo dell'Istoria quale comparve nella prima edizione londinese del 1619 accuratamente riscontrato sul manoscritto della Biblioteca Marciana su cui si fondava l'edizione Gambarin della collana laterziana degli "Scrittori d'Italia" nonché sull'edizione ginevrina del 1629. Vivanti ha compiuto una scelta ragionata e ha svolto un lavoro di accertamento molto accurato che pone su robuste basi l'auspicabile edizione critica dell'opera. Qui, coerentemente con il carattere delle edizioni Einaudi, si è mirato a rendere il testo accessibile al lettore ammodernando come di consueto le forme grafiche antiquate e fornendogli un'annotazione di carattere informativo semplice e chiara. Una scansione in una fitta serie di paragrafi permette di seguire il continuo annalistico della narrazione senza smarrirsi. Grazie a Vivanti il nitore dello stile sarpiano emerge come quello di un dipinto sapientemente restaurato. E l'aggiunta in appendice della Vita di fra Paolo Sarpi scritta dall'allievo e discepolo Fulgenzio Micanzio arricchisce notevolmente l'edizione.
Fedele alla ricetta cantimoriana che per spezzare il pane della scienza bisogna saperlo impastare, Vivanti ha unito esperienze di ricerca di prima mano all'impegno pluridecennale nella casa editrice di Giulio Einaudi. I suoi contributi personali di studioso hanno accompagnato un'opera di rinnovamento della cultura storica del nostro paese di cui il catalogo Einaudi conserva tracce importanti. Basti ricordare quel grande laboratorio che è stata la Storia d'Italia Einaudi, coordinata da lui insieme a Ruggiero Romano: qui storici italiani e non italiani sono stati chiamati a collaborare a una vasta impresa di studio intorno a nodi fondamentali della nostra storia. In quello stesso catalogo si incontrano anche gli autori a cui Corrado Vivanti ha dedicato la sua speciale attenzione di storico: Niccolò Machiavelli e Paolo Sarpi. Li potremmo definire i due grandi esuli della cultura italiana. Di fatto, tanto le opere di Machiavelli quanto quelle di Sarpi hanno circolato soprattutto fuori d'Italia per la guerra che all'uno e all'altro è stata dichiarata dalle autorità ecclesiastiche della Controriforma.
L'Istoria di Sarpi, stampata a Londra sotto un trasparente pseudonimo (Paolo Soave Polano), fu colpita da una fulminea messa all'Indice, anche per effetto del sottotitolo e della dedica decisamente provocatori aggiunti da Marcantonio De Dominis. Ma il successo immediato e vastissimo dell'opera nella cultura europea la impose all'attenzione dei lettori italiani. Come attesta una lettera del 1665 dell'antagonista Sforza Pallavicino, il libro "era sparso per tutta Italia ed in Roma sì fattamente che a pena ci era huomo vago di lettere, il quale non l'havesse letto". Per il rientro ufficiale in Italia bisognò attendere a lungo: vi tornò prima in maschera con finti luoghi di stampa e poi apertamente con la battaglia laica del Risorgimento. Intanto, però, proprio per il successo dell'opera oltre che per l'importanza di quel paradigma tridentino che ha sorretto per secoli il papato della Controriforma, si avvertì l'urgenza di una risposta. La storia dell'opera è stata a lungo dominata dalla controversia sulla sua attendibilità tra nemici e difensori del Sarpi.
La polemica di parte cattolica non è mai cessata, sul doppio registro sociale del puro e semplice divieto al popolo di leggere Sarpi e della demolizione del fondamento di verità dell'opera per l'ambiente dei dotti. Sulla prima posizione si attestò il letterato siciliano del Seicento Scipione Errico, poetastro di rime lascive, autore non solo di una superficiale Censura teologica e storica ma anche di un testo pubblicato in Germania sotto il falso nome di Cesare Aquilinio, dove tentò di dimostrare che non solo Sarpi ma anche il gesuita Sforza Pallavicino era pericoloso per i lettori cattolici perché tutte quelle informazioni su dottrine eretiche mettevano in pericolo il candore dell'ignoranza. Erano reazioni tipiche del clima da fortezza assediata che si respirava nell'Italia del tempo.
La linea ufficiale per il mondo dei dotti e dei polemisti fu quella indicata allora da Sforza Pallavicino e ripresa secoli dopo da Hubert Jedin. Bisognava negare credibilità all'Istoria, dimostrare che un Sarpi acerrimo nemico del papato copriva le lacune della sua informazione forzando i documenti, giocando scorrettamente con nomi e date, prestando ai personaggi storici le proprie convinzioni in quell'infido e avvolgente stile indiretto. Dunque, una storia non imparziale, tendenziosa fino al punto di usare fonti "semplicemente inventate" (Jedin, Storia del Concilio di Trento, II). Bisognava allontanarla nel passato, sostituirla: e anche per questo fu scritta la nuova Storia del Concilio di Trento di Jedin, cominciata a uscire nel 1948 (e ormai da tempo conclusa: qui è da aggiornare la "nota al testo" dell'edizione Vivanti); Jedin anticipò i temi della sua Storia di Jedin con un volume di analisi della storiografia precedente sul Concilio e da una proposta terminologica che doveva dominare la storiografia del Novecento, quella per cui non la negativa Controriforma ma la positiva Riforma cattolica era il carattere generale dell'età che nel Concilio di Trento aveva trovato la sua carta costituzionale, realizzando quella che con un singolare ritorno del rimosso galileiano mons. Jedin definì la "svolta copernicana" della chiesa.
Si dovette proprio a un saggio fondamentale di Vivanti, qui rifuso nell'ampia introduzione, la dimostrazione carte alla mano che Sarpi non inventava nulla ma lavorava su documenti che i suoi accusatori avrebbero dovuto ben conoscere perché raccolti nella più importante collezione di fonti storiche sul Concilio, quella edita dalla Goerres-Gesellschaft nel corso del Novecento. Con questo intervento di Vivanti la fase della controversia sull'attendibilità di Sarpi poté dirsi conclusa, insieme al falso problema dell'"imparzialità" e "oggettività" dello storico. Si aprì allora una nuova stagione di studi sarpiani, che affrontò le ragioni e i modi della genesi dell'opera e la storia della sua circolazione nel contesto europeo dell'epoca. Il lettore ne troverà un resoconto di grande interesse nell'ampia introduzione a questa edizione, dove Corrado Vivanti mette a frutto accanto ai suoi gli studi di Gaetano Cozzi, Frances Yates e di molti altri. Con questo viatico, l'opera si rivolge ai lettori. È prevedere che non le mancheranno, con buona pace dell'autore che ebbe a scrivere questo pronostico: "Tengo per fermo che quest'opera sarà da pochi letta et in breve tempo mancherà di vita".
Adriano Prosperi

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Conosci l'autore

Paolo Sarpi

(Venezia 1552-1623) storico e scrittore politico italiano. Frate servita, fu a Mantova come teologo del duca Guglielmo Gonzaga, poi a Milano (dove collaborò con Carlo Borromeo), a Venezia, a Padova, dove si laureò in teologia nel 1579. Coltivò anche gli studi scientifici e divenne amico di Galileo. Investito di incarichi di rilievo all’interno dell’ordine servita, si stabilì per alcuni anni a Roma (1585-88), venendo a diretto contatto con l’ambiente della curia pontificia, di cui poté constatare l’irrigidimento dottrinale e l’accentramento burocratico. Tornato a Venezia, vi restò sino alla morte.Episodio centrale della sua vita fu la partecipazione appassionata e determinante al conflitto fra Venezia e Paolo V, negli anni 1605-07, originato dal rifiuto che la repubblica oppose alla richiesta...

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