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Nori e' uno scrittore che e' facile sottovalutare, con il suo stile semplice e colloquiale e le sue trame quasi inesistenti - non a caso, i suoi detrattori scrivono recensioni dei suoi libri usando il suo stesso stile, come a dire che sono capaci tutti di scrivere cosi'. La sua prosa e' infatti fatta non tanto di lirica e trama, ma di sensazioni, intuizioni spesso profonde maturate ed espresse con molta naturalezza, aumentando il senso di contatto con una realta' molto fisica e banale. I "quattro cani" e' uno degli esempi migliori della sua produzione, e uno di quelli che ho apprezzato piu' facilmente (a fronte di altri come Pancetta), grazie alle sue bizzarre idee di fondo e alla sua narrazione divertente. Come di consueto per Nori, non c'e' un vero e proprio intreccio o anche degli avvenimenti veri e propri, ma il tutto e' una rappresentazione scenica del pensiero e della sensibilita', con i vari "cani" che rappresentano aspetti diversi della personalita' (uno di essi ricorda il vecchio Diavoli). Il conflitto fra di essi porta pian piano alla riappacificazione, e a uno stato di maggior comprensione della propria posizione nell'arte e nella vita. Una lettura consigliata, non del tutto immediata, ma spesso piacevole e quasi illuminante.
Troppo cervellotico, pensieri che si attorcigliano come serpenti; sono conscio che questo è un genere che tira e che certi scrittori(Baricco,Nove,Pincio,Pinketts etc.)sono e sicuramente saranno dei pionieri del nuovo scrivere, ma per stargli dietro bisogna essere imbottiti di acidi, come minimo...
anch'io ho letto questo libro per la prima volta in treno,in viaggio tra roma e bari.ho letto molti libri di nori e ho l'impressione che questo sia tra i migliori.immediato,ma non semplice,ci ho messo un po' ad entrare nel mood del libro,consono si all'autore,ma uno e trino nel suo essere se stesso.mi ha divertito moltissimo,e si,mi ha fatto pensare.in sostanza è un libro che consiglio,ma che non marchio come "libro da treno" in senso stretto. anzi.
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Questi Quattro cani di Pavlov segnano invece un ritorno alle origini condotto come s'immagina con l'abituale scaltrezza metaletteraria. Paolo Nori mette in scena tre personae fictae monologanti: il singolo il doppio e il triplo. Singolo e doppio sono rispettivamente la voce narrante e il redivivo Learco Ferrari cui si aggiunge per l'occasione un terzo delirante che straparla di quartieri generali e complotti neonazisti. Le vicende narrate trovano naturalmente modo di intrecciarsi e ognuno dei tre attori in scena è a un certo punto della storia somigliato a uno dei famosi quattro cani di Pavlov (questa la spiegazione di un titolo come sempre bislacco e in apparenza insensato).
Su una struttura di complessità in certi passi scoraggiante Nori inserisce con eleganza la sua abituale riflessione sui rapporti che intercorrono fra il mondo e la sua rappresentazione: che sia questo l'intento è svelato da una spia testuale clamorosa cioè la numerazione dei monologhi secondo il metodo introdotto da Wittgenstein nel Tractatus. Si capisce che il riferimento sarà tuttavia da non prendersi troppo alla lettera stante l'ovvia insussistenza di logische Gewicht di rilievo logico nelle relazioni fra le persone: ma ignorarlo sarebbe fare un torto alla destrezza compositiva dell'autore. Dal filosofo viennese Nori mutua senza dubbio e qui ha meno rilievo la circostanza che l'intento sia parodico la prima proposizione: Die Welt is alles was der Fall ist il mondo è tutto ci= che accade. Nel mondo di Nori tutto accade in forma di variazione cos8 come le Goldberg di Bach (qui non citato: occorre invece la sonata n. 109 come per= spiegata da Glenn Gould rivoluzionario interprete novecentesco proprio delle Goldberg).
Un'opera di questo genere oltre che colpire per la precisione con cui è architettata pone tuttavia alcuni interrogativi su Nori e poi sulla narrativa italiana contemporanea e il suo stato. Perché un autore di talento molto riconosciuto e con una bibliografia cospicua alle spalle avverte il bisogno di tornare alle sue origini? Che cosa di tanto rilevante avevano in sé quelle opere pi· o meno giovanili perchè ne fosse composta una variazione cos8 complessa da sembrare riprendendo l'omologia con le Goldberg un vero e proprio quodlibet? E infine: esiste un pubblico per questo genere d'esercizio?
Paolo Nori è stato fin dagli esordi autore di ardua collocazione nello scenario degli scrittori italiani. Gli ultimi due suoi prodotti narrativi uno quasi romanzesco sono un segno dell'incertezza di questo tempo letterario e lo eleggono a testimone magari involontario di sicuro eccellente di un'intera generazione letteraria.
Giovanni Choukhadarian
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