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Letteratura negra di espressione francese
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SEI
1986
310 p.
9788805038879

Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1987)
recensione di Marcato, F., L'Indice 1987, n.10

A quindici anni di distanza dall'edizione italiana della scarna "Storia della letteratura africana" di Ulla Scild, la "Letteratura negra" dello Chevrier ci offre finalmente un ampio panorama della ricca produzione dell'Africa subsahariana francofona.
"Teoria e saggio" nello stesso tempo, come sottolinea S. Zoppi nella prefazione italiana, il testo dello Chevrier non è, e non vuole essere solamente una presentazione di suddetta letteratura, bensì anche "un bilancio" e "una puntualizzazione" delle linee forti di trasformazione e sviluppo della medesima attraverso l'analisi delle sue forme, dei suoi temi non meno che dell'humus in cui essa si radica. Di qui la particolare struttura bipartita che ad una prima parte, più prettamente letteraria, ne fa seguire una seconda, riservata ad un'analisi socio-culturale che dalla tradizione orale, attraverso l'esame delle "responsabilità" dell'uomo di cultura africano, giunge al dibattito sulle letterature nazionali ed alla discussione sull'oggetto stesso su cui si fonda il discorso letterario: il libro. Elemento usuale nella nostra società, esso è, nell'Africa subsahariana, un indice tangibile della radicale trasformazione legata al passaggio del continente, nel nostro secolo, da una cultura orale ad una scritta. Le conseguenze di questo passaggio sono del resto ben visibili fin dalle prime opere, quelle dei fondatori della "negritudine", l'importante movimento, oggi ormai superato, ma a cui lo Chevrier giustamente riconosce un ruolo, a quel tempo, profondamente innovatore.
Con la negritudine è l'esplosione iniziale della poesia che viene presentata. Ma il romanzo, genere d'importazione, aveva già fatto il suo ingresso e lo Chevrier ne sottolinea le varie fasi tematiche in una classificazione la cui forzata schematicità viene superata nell'analisi delle singole opere ed ancor più successivamente. Lo storico, infatti, rileva l'impulso innovativo che marca la forma del romanzo dal '70 in poi; pone in evidenza il mutare delle problematiche; sottolinea l'importanza della comparsa di scrittrici, sempre attento al vorticoso mutare del contesto ed alle conseguenze che ciò comporta in letteratura. Così, se è la colonizzazione ad introdurre nel teatro criteri occidentali, è la raggiunta indipendenza degli stati africani a servire da catalizzatore al recupero di una totalità espressiva che rivaluta canto e musica secondo le più antiche tradizioni locali.
Dalla tradizione autoctona, ai generi importati, alla riappropriazione delle proprie tradizioni, il doloroso ciclo iniziato per gli africani con la forzata perdita della loro identità sembrerebbe concluso. In realtà, ironica e divertita o polemica e amara, ora lineare e ordinata ora caoticamente lussureggiante di immagini e neologismi, questa letteratura in piena espansione resta di lingua francese e in attesa quindi, della soluzione dell'annoso problema linguistico. La presentazione dello Chevrier non è che un allettante aperitivo, dunque. Non resta che augurarsi che, a gustarlo, non siano solo gli ancor pochi addetti ai lavori.

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