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Spada. Sono quasi senza parole. Personalmente non posso dire di averlo finito una settimana, ma l'ho trovato ugualmente straordinario, nel senso etimologico del termine. Perché scrivere un romanzo barocco nel ventunesimo secolo, come ha detto il lettore che mi ha preceduto, in un'epoca in cui siamo bombardati da romanzi americani faster and faster, manipolando, esagerando, giocando con la lingua e con la filosofia senza perdersi (e sono più di mille pagine!) deve essere straordinario per forza. Basta grattare sotto la superficie di voluto decorativismo letterario e si riscopre il '600 parigino, con la sua bienséance, i salotti, i miti dell'Ancien Régime e i costumi sopra le righe, e anche un po' della gloriosa trilogia dei quattro. Se potesse leggerlo il buon vecchio Dumas se ne innamorerebbe, ne sono sicura. I dialoghi a tre, quattro, cinque personaggi senza altre parole che le parole stesse (e mi pare bastino e avanzino) dei protagonisti sono assolutamente geniali. E se non trovate geniali quelli, avete provato a leggere la risposta del marinaio alla semplice domanda di Bornardone su dove si trovi il capitano Lefranc? Pagine ininterrotte di monologo, con intercalare, ellissi, ripetizioni e sincopi, a perfetta imitazione del parlato. Io l'ho adorato. E poi i dialoghi a monosillabi, i personaggi che si scambiano le battute (mi riferisco alla conversazione tra Filippo e Camille al banchetto del padre, quella delle sferzate, tanto per intenderci) ripeto, assolutamente straordinario. Quanto alla documentazione, ma avete idea di quanto ci voglia a scrivere un libro del genere?? In termini di patrimonio filosofico letterario, intendo. Solo a cercare le citazioni si rischia di impazzire, e quell'una o due correnti di pensiero che di tanto in tanto fanno sentire la loro impronta come le classifichiamo? Romanzo coltissimo. Il mondo ha bisogno di uomini di simile levatura, e ha bisogno che scrivano. Quindi grazie, signor Ferrandino, e complimenti davvero.
Un libro barocco per una storia barocca. C'è tutto il Grand Siécle dentro : dagli scienziati ebrei ai 'bravi', dai costruttori di organi alle orge che preannunciano già il Marchese De Sade e tutti quei dialoghi, a chi li legge controluce, richiamano un'intera biblioteca : il sensismo, i libertini, Pascal, Cartesio, Cazotte....e ovviamente Dumas. Certo che per qualche lettore d'oggi abituato al taglio velocissimo dei romanzi americani la lentezza è indisponente e, se non si tiene presente l'ideologia di Dumas ( che poteva anche, per spirito d'avventura, portare duemila fucili a Garibaldi beffando le corvette inglese nel Tirreno, ma poi era un monarchico intriso di cieca fede nel mandato divino dei Re) certe affermazioni di Filippo Bornardone - che gli fa il verso - suonano insensate e di maniera. E poi, nel grande feuilleton tutte le donne sono belle, tutti i villain malvagi, tutti gli eroi invincibili. Anch'io spero di leggere al più presto i Vent'Anni dopo di Bornardone (e magari di scoprire se sarà lui a portare il bastone da maresciallo a D'Artagnan e a vederselo cadere morto un momento dopo ai piedi, trapassato da una pallottola olandese).
Buon libro nonostante la mole impressionante... la storia è avvincente e ricca di dettagli (saltuariamente addirittura troppi) e di intrighi nazionali spesso al limite della realtà (basti pensare alle svariate vicende amorose di un ragazzo appena arrivato in un nuovo Stato); unica nota negativa è che alcune volte ci si perde con i dialoghi quando ci sono "scene" con più persone... Nel complesso libro consigliato anche se forse prima bisognerebbe leggere "i tre moschettieri" ed i successivi due volumi di Dumas...
Recensioni
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