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Il nuovo venuto. Una nuova indagine del commissario Bordelli
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Il nuovo venuto. Una nuova indagine del commissario Bordelli - Marco Vichi - copertina
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nuovo venuto. Una nuova indagine del commissario Bordelli

Descrizione


Firenze, dicembre 1965. Un uomo viene trovato ucciso nella sua abitazione: l'assassino gli ha conficcato un paio di forbici nella nuca. Del morto si conosce la professione, redditizia quanto disgustosa: era un usuraio e la gente, quasi a segnalarne l'estraneità, lo chiamava "il nuovo venuto". Da un primo sopralluogo non emergono indizi significativi. Sarà l'autopsia del medico legale Diotivede a offrire il primo tassello di un puzzle ancora tutto da costruire. Il commissario Bordelli, chiamato a far luce su un delitto che suscita in lui sentimenti contrastanti - il bisogno di far giustizia ma anche una profonda ostilità per la vittima - si appresta a iniziare un'indagine quanto mai ardua.
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Dettagli

2004
27 maggio 2004
432 p., Brossura
9788882464226
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Indice


Le prime frasi
Firenze, 12 dicembre 1965

Il brigadiere Baragli era sdraiato nel letto più vicino alla finestra, con un tubicino infilato nel braccio. Guardava fuori. Dietro gli edifici dell'ospedale intravedeva le colline di Careggi, ricoperte di alberi. Il ciclo era increspato di nuvole bianche, sembrava un gregge di pecore. Stando ai vecchi detti entro un paio d'ore avrebbe piovuto a dirotto. Baragli aveva la faccia sudata, ed era molto pallido. In pochi giorni era dimagrito almeno cinque chili. Non si era ancora accorto di avere visite. Bordelli accostò la sedia al letto e si aprì la giacca. Nella stanza faceva molto caldo. «Come va, Oreste?»
«Commissario, non l'avevo vista. Mia moglie è andata via da poco.»
«L'ho incrociata giù. Quando ti rimandano a casa?» chiese Bordelli, fingendo di non sapere che i medici lo davano per spacciato.
«Ancora non so nulla» disse il brigadiere. Aveva il respiro corto e faticava a parlare. Aveva poco più di sessant'anni. Aveva passato la vita nella polizia, e durante il Ventennio aveva avuto vita difficile per via della sua poca simpatia per il fascismo. Era andato in pensione tre anni prima, e pochi mesi dopo si era ammalato. Lo avevano operato diverse volte allo stomaco, l'ultima qualche giorno prima.
«Tuo figlio?» chiese Bordelli.
«Sta sempre in Germania, commissario. Forse viene per Natale.» Nella stanza c'erano altri cinque letti, tutti occupati. Alcuni dei malati avevano visite. Uno doveva essere piuttosto giovane. Aveva la faccia gialla e magra, ma cercava di sorridere. La moglie gli aveva portato dei giornali.
«Ti manca niente, Oreste?» disse Bordelli.
«Mi piacerebbe un libro, uno bello che mi ci appassiono.»
«Te lo porto.»
«Grazie commissario. Lei tutto bene?»
«Non esageriamo...»
«Sa una cosa? Se rinascessi farei un'altra volta lo sbirro» disse Baragli fissandolo con aria rassegnata. Il commissario sorrise. Gli faceva pena quel vecchio poliziotto sfinito dalla malattia. Baragli era sempre stato gentile con tutti, anche con chi arrestava. Le prostitute gli volevano bene e lo chiamavano nonno. Ma c'erano categorie di delinquenti che Oreste non era mai riuscito a digerire, soprattutto una: i papponi. Quando se li era trovati a portata di mano erano volati gli schiaffi, e nessuno si era mai preoccupato di fermarlo. Erano schiaffi sani, dati come da un genitore al figlio.
«Qualche omicidio, commissario?» chiese Baragli.
«Nulla di nuovo.» Il commissario si mise a raccontare qualche storiella successa in questura. Sapeva che Baragli si divertiva a sentir parlare dei colleghi. Il vecchio brigadiere lanciava ogni tanto un'occhiata fuori dalla finestra. Aveva la bocca accartocciata, i capelli radi e ormai tutti bianchi. Negli ultimi sei mesi era molto invecchiato. Cercò di tirarsi su e gli scappò un lamento. Si portò una mano allo stomaco con una smorfia.
«Stai male?» disse Bordelli alzandosi.
«Non è niente, sono i punti che tirano» fece Baragli lasciandosi andare di nuovo contro il cuscino.
«Cosa cercavi?»
«Mia moglie mi ha portato le carte, sono lì nel cassetto.» II commissario prese il mazzo nuovo di Mediano e si misero a fare una partita a briscola parlando del più e del meno. Il brigadiere giocava con il tubicino nel braccio, muovendo le mani con lentezza.
Bordelli perse la partita e mescolò le carte per servirle di nuovo. Il brigadiere si asciugò il viso con il fazzoletto che teneva sempre a portata di mano.
«Appena esco di qua voglio andare a pesca per un anno» disse.
«Almeno una volta ci andiamo insieme» mentì Bordelli.
Giocarono ancora un po'. Baragli era sempre più debole. Gli tremavano le mani e respirava male.
«Spero di essere a casa almeno per Natale» disse, mentre il commissario mescolava di nuovo le carte. Bordelli aveva perso un'altra volta, non riusciva a impegnarsi come si deve.
Cominciò a piovigginare. Le gocce lasciavano una scia brillante sui vetri sporchi.

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Maria
Recensioni: 4/5

Lo sto leggendo e mi piace tantissimo. Due indagini: una a Firenze con il commissario e una in Sardegna con Piras... che si può volere di più?

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archipic
Recensioni: 3/5

Non bella come la seconda indagine, questa nuova avventura di Bordelli riesce comunque a raggiungere il giusto grado di piacevolezza; interessante doppia indagine parallela, i personaggi che sono sempre molto ben caratterizzati, e il vissuto personale di Bordelli che assicura una buona parte introspettiva a tutta la vicenda. Vichi si conferma uno scrittore di buon talento.

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Mariflo
Recensioni: 4/5

Giudizio positivo anche per questa nuova indagine. Ho letto i precedenti e ho ritrovato lo stesso piacere. Mi sono affezionata al commissario Bordelli, col suo doloroso passato, il suo rimpianto per non avere una compagna di vita e una famiglia, la sua propensione a vedere il lato umano delle persone, la sua generosità e onestà. In questi libri, la trama gialla perde un po' di significato e le inchieste cedono il passo alle storie di Bordelli uomo e degli altri personaggi. Ciò nonostante, trovo la lettura delle inchieste del Commissario (almeno le tre lette fin qui) estremamente godibili.

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La recensione di IBS

Terza indagine per il commissario Bordelli. Dopo i primi due romanzi della serie (Il commissario Bordelli e Una brutta faccenda) il poliziotto inventato dalla penna del romanziere toscano Marco Vichi torna ad indagare nella Firenze degli anni Sessanta, per scoprire la verità sull'assassinio di un personaggio di dubbia moralità: un usuraio. L'efferata modalità dell'uccisione (un paio di forbici conficcate nella nuca) e le attività illegali della vittima rendono subito il caso particolarmente complesso. Per di più Bordelli è orfano dell'agente Piras, suo prezioso aiuto, tornato in Sardegna, per una lunga convalescenza dovuta a una ferita riportata durante una sparatoria. Il cinquantenne commissario, scapolo ed ex partigiano, incomincia così ad indagare da solo; nel frattempo Piras si trova inaspettatamente coinvolto, a casa propria, in un caso che sconvolge la quiete della comunità locale e che si prospetta come un vero e proprio rompicapo. L'amico Benigno viene trovato morto, ucciso da un colpo di pistola alla tempia. Tutti pensano ad un suicidio ma è impossibile ritrovare il bossolo del proiettile fatale e Piras sospetta che i fatti siano andati diversamente da quel che sembra… Prendono l'avvio due indagini parallele e un amichevole confronto telefonico tra i poliziotti, entrambi impegnati a rincorrere la verità e a scovare i colpevoli.
Cinico, burbero e solitario, il commissario Bordelli è un personaggio tormentato ma di grande vitalità. Dimostrando grande capacità di approfondimento psicologico, Marco Vichi lo descrive in tutta la sua umanità, con le sue abitudini, i suoi umori, le sue debolezze, sullo sfondo dell'Italia degli anni Sessanta, un'epoca della nostra storia ormai passata ma non poi così lontana, rievocata con appassionata nostalgia. In questo contesto si svolge una vicenda di delitti e rancori che, oltre ad offrire in abbondanza la suspense e il mistero tipici del giallo, rispecchia la precisa realtà italiana, politica e sociale, in cui è ambientata.

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