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Descrizione


In un tempo dedicato a eroi e santi, Claudio Fava ha pensato che per una volta valeva la pena di raccontare i cattivi, da Pinochet all'aguzzino delle madri argentine Alfredo Astiz, dal giornalista venduto ai boss del Cartello colombiano all'orgoglio omicida del colonnello d'Aubuisson. Gli ultimi della storia: quelli che hanno masticato il loro tempo senza mai fingere buoni sentimenti. Li tiene insieme una geografia: l'America Latina.
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Dettagli

1999
16 febbraio 1999
119 p.
9788880895299

Voce della critica

"Quei ragazzi erano oltre qualsiasi ragionamento, s'erano trasformati in sogno, mito, istinto di morte, erano uomini con la febbre nel sangue e un paese malato negli occhi. Un paese calpestato dagli scarponi chiodati di tre generazioni di soldati..."


Che cos'è l'America Latina? È passione, dolore, rabbia, oppressione e utopia. Se l'europeo che la attraversa non chiude gli occhi, godendo solo del turchese del mare e della limpidezza della luce andina, se si fa invece attraversare dalla verità di popolazioni oppresse e violentate da regimi corrotti e dittatoriali, allora non può che entrare in perfetta empatia con le sofferenze, la disperazione e la voglia di ribellione di quei popoli. È questo infatti il tono dell'ultimo libro di Claudio Fava, giornalista e scrittore, uomo provato nella sua storia umana e politica dalla violenza brutale di una mafia che gli ha ucciso il padre, ha attentato alla sua stessa vita, ma non è mai riuscita a spegnere il suo coraggio nella denuncia, la sua testimonianza attiva, la sua voglia di giustizia. Allora è quasi naturale che vi sia in lui un'adesione profonda alle sofferenze di popoli in lotta contro l'oppressione, che se ne faccia interprete, che presti loro voce e occhi per comunicare al mondo, quel mondo opulento che dal loro dolore troppe volte ha tratto benefici, quanto grande è la malvagità che li soffoca. Da libri prevalentemente autobiografici e di ambientazione siciliana o meridionale Fava passa così all'analisi, attraverso interviste e testimonianze, di alcune personalità di oppressori, lasciando a sé solo alcune pagine (in corsivo). Spesso però è più facile capire gli aguzzini dai racconti delle loro vittime e sarà Carlos Varela, giornalista, o Victor Jara, cantante, o Edgardo Enriquez, ministro di Allende, che faranno davvero rivivere al lettore l'angoscia di quel 11 settembre 1973 a Santiago del Cile, l'odio per quel generale pallido e insignificante. Augusto Pinochet è stato sognato per vent'anni da Antonio Leal, segretario, a quei tempi, della Gioventù comunista cilena, torturato, incarcerato e poi mandato in esilio per poter essere esibito agli stranieri come trofeo di generosità del dittatore. Oggi, in un paese "quasi normale", è tornato il giornalista Claudio Fava ad osservare quel "quasi" e a rivedere "la chimica di ogni dolore umano" e la finzione dell'oblio.
E a Lima è l'incontro con una madre, la madre di Victor, sepolto a morire ancora vivo in un carcere disumano al gelo delle Ande, è il cimitero il cui sono stati gettati i corpi, indegni di pianto e di amore, dei guerriglieri tupamaros uccisi come cani nell'ambasciata giapponese, che ci consente di capire chi è il Chino, il presidente Fujimori, che di quell'eccidio è così orgoglioso da tornare spesso in quei luoghi, da aver atteso due giorni a far spostare i cadaveri per poter essere fotografato quando li calpestava, da desiderare che tutto restasse così per sempre, esempio terribile di vittoria contro i terroristi.
A San Salvador è invece la frustrante ricerca del maggiore d'Aubuisson, l'intervista perennemente rimandata, le poche parole strappategli in modo rocambolesco in un bagno del Congresso, la diffidenza e il disprezzo di tutti i militari del suo entourage per la condanna internazionale dei massacri perpetrati dal regime a dare corpo e voce alla malvagità sprezzante, al sarcasmo acido di Roberto d'Aubuisson, il capo degli "escuadrones de la muerte".
E poi Panama, gli americani e i loro affari, l'uso di uno Stato come di un giocattolo per i loro guadagni, e infine la Colombia, il narcotraffico, e ancora gli americani, le implicazioni internazionali, i regolamenti di conti, le rapine, i sequestri e una popolazione allo sbando (ventimila morti ammazzati l'anno), una famiglia, gli Orejuela, i boss del Cartello su cui ruota il traffico di droga internazionale, spesso vista come una delle poche fonti di lavoro.
E infine il capitolo che davvero dà all'intero libro il senso generale, il messaggio più forte: le madri di Plaza de Majo e il loro aguzzino, tra loro è Hebe (due figli e il marito uccisi, anzi desaparecidos) e in primo piano lui, l'assassino dalla faccia d'angelo, il capitano Astiz, "l'angelo della morte".
Un libro che colpisce come una lama, duro e dolcissimo nello stesso tempo: duro nella rabbia, nella condanna senza appello dei macellai di Stato, dolce nell'amore, nel coinvolgimento umano e intellettuale, nella solidarietà per le vittime.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Claudio Fava

1957, Catania

Deputato europeo e coordinatore nazionale di Sinistra Democratica, oggi Claudio Fava è tra i promotori della lista e del progetto politico di Sinistra e Libertà.Laureato in Giurisprudenza, giornalista professionista dal 1982, ha lavorato per il Corriere della Sera, l'Espresso, l'Europeo e la Rai, in Italia e dall'estero.Dal 1984, dopo l'uccisione del padre, ha assunto la direzione de "I Siciliani" raccogliendo, assieme a tutti gli altri giovani compagni della redazione, il testimone di una battaglia che ha saputo fare di questa rivista un laboratorio di nuova cultura della legalità e dell'impegno antimafioso.Corrispondente per l'Espresso dall'America Latina alla fine degli anni Ottanta, è stato inviato speciale per molti giornali su numerosi fronti di pace e di...

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