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Geniale bifrontismo - Matilde Perriera - Un tronco di pino. Geppetto ne ricava un pupo di legno, nella segreta speranza di vederlo trasformato in un bambino vero. Un solo colpo di bacchetta della Fata turchina e il burattino acquista vita propria, affiancato dal Grillo Parlante, pronto ad afferrarlo per i capelli. Pinocchio, scanzonato, birichino, prototipo del bugiardo a cui cresce il naso a ogni bugia che dice, corre dietro alle farfalle, ignora il senso del dovere, di volta in volta ammaliato dai pifferi, dall'albero di monete d'oro, dal Teatro dei Burattini, dal Paese dei Balocchi, da varie figure ingannevoli. Tante sfaccettature in PINOCCHIO. Censura di ogni inadempienza? Esaltazione dei principi dell'Italia appena unificata? Bisogna andare cauti nelle risposte. Collodi, con la chiara condivisione dell'animus del burattino, fa implicitamente esplodere il clima ristagnante dei difficili anni dell'Italia umbertina, dicendo basta, con inconsapevole lungimiranza, all'imposizione passiva di precetti sterili travasati da libri artificiosi, è arrivato il momento di favorire l'insorgere spontaneo degli interessi e aprirsi al confronto dialettico. Il fascino dell'opera risiede proprio in questa dicotomia, con una conclusione della fiaba che è drammatica solo in apparenza; se il neo Pinocchio, infatti, diventa la brutta copia del ragazzo "perbene", una lettura più attenta fa puntare l'attenzione sul finale aperto, in cui il Pinocchio-Bambino va a scuola, mentre la sua ombra si allontana per continuare a giocare allegra e tranquilla. La vera trasformazione è, dunque, quella psicologica interna al soggetto che accetta le regole per intima convinzione, senza, però, rinnegare le mirabolanti peripezie della sua precedente vita burattinesca. La morale del racconto, nel suo bifrontismo, è una sorta di redenzione laica che fa leva sul libero arbitrio e sulla forza di scalare le montagne per raggiungere la vetta .. Coltivare una mente geniale per non soccombere da ciuchino.
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