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Il responsabile delle risorse umane - Abraham B. Yehoshua - copertina
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responsabile delle risorse umane

Descrizione


Un terrorista suicida si fa esplodere in un mercato di Gerusalemme. Una donna muore. Era straniera, viveva da sola in una squallida baracca di un quartiere di religiosi. Nessuno va a reclamare il suo cadavere all'obitorio. Eppure la donna aveva ancora formalmente un lavoro, come addetta alle pulizie in un gran panificio della città. Un giornalista senza scrupoli sfrutta il caso per imbastire uno scandalo e denuncia la "mancanza di umanità" dell'azienda che non si è nemmeno accorta dell'assenza della dipendente. Tocca al responsabile delle risorse umane, spedito in missione dall'anziano proprietario del panificio, cercare di rimediare al danno di immagine.
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Dettagli

2004
19 ottobre 2004
258 p., Rilegato
9788806170479

Valutazioni e recensioni

3,75/5
Recensioni: 4/5
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Anna
Recensioni: 4/5

Raro, delicato, profondo esercizio di introspezione e crescita interiore di un personaggio, condannato, instancabilmente, alla ricerca di un senso.

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dany
Recensioni: 5/5

scrive troppo bene... mai noioso. molto bello il finale.

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cecilia
Recensioni: 5/5

Finalmente un libro profondo e ben scritto.Nel panorama attuale dei romanzi,una ventata di originalità e attualità.

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Recensioni

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Voce della critica

Uno dei punti cruciali della narrativa di Yehoshua è il silenzio dei suoi personaggi, il loro mutismo o anche la loro sordità. Ygal, nel libro più bello, L'amante, è un bambino, sordo dalla nascita, cui il padre per eccesso di affetto e di protezione regala un auricolare capace di decifrare i suoni, ma anche molto semplice a disconnettersi. Premendo un bottoncino, staccando ogni collegamento con il mondo esterno, Ygal si procurerà la morte, ma dopo essersi procurato i momenti più felici della sua breve infanzia. Fin dagli esordi, i protagonisti positivi delle storie di Yehoshua o sono muti o non si sanno esprimere nella lingua ebraica o hanno scelto di tacere, come il poeta che dà il titolo alla prima raccolta di racconti, Il poeta continua a tacere. A loro, a chi parla poco o non parla, è di solito affidata una speranza di pace.

Questo giornale compie vent'anni. Sia lecito dunque all'umile, ma fedele recensore di quasi tutta l'opera di Yehoshua non tacere e, per una volta, farsi scudo dietro il diritto di primogenitura, che nell'ebraismo vuole pur dire qualcosa: da un lato intanto, pesa il ricordo del primo racconto tradotto in italiano (All'inizio dell'estate del 1970, "Linea d'ombra", 1989, n. 37) da unire alla recensione del volume della Giuntina del 1989 (cfr. "L'Indice", 1990, n. 6). Uno dei miei pochi articoli che rileggo senza pentirmi di averlo scritto, anzi con un pizzico di orgoglio: salvo errore, dovrebbe essere il primo, sia pur breve, intervento critico su Yehoshua in Italia, quando lo scrittore israeliano era un perfetto sconosciuto.

Fra il 1990 e oggi la popolarità di questo scrittore è stata dirompente: un giorno qualcuno dovrà pure interrogarsi sulle ragioni di una singolarissima fortuna, che non ha eguali in nessun altro contesto europeo o extraeuropeo. Yehoshua è di casa ormai in Italia, quasi un cittadino onorario: i suoi libri hanno un largo pubblico di affezionati lettori, così le presentazioni, le conferenze, le lezioni universitarie. Negli anni novanta Yehoshua ha assolto un compito davvero unico e prezioso: è stato il primo a far conoscere la realtà israeliana, nelle sue luci e nelle sue ombre, dopo anni di incredibile silenzio che alimentavano solo ombre. In Italia la conoscenza dell'ebraismo, nel secondo dopoguerra, non cresce su se stessa, ma è sempre legata a doppio nodo con la tragedia mediorientale: lo dimostra assai bene, purtroppo fermandosi agli anni sessanta, Guri Schwarz in un bel libro appena uscito da Laterza (Ritrovare se stessi. Gli ebrei nell'Italia postfascista, 2004). Oggi nessuno può immaginare il silenzio assordante che si percepiva negli anni anteriori alla pubblicazione delle opere di Yehoshua, quando della vita israeliana nulla si conosceva. La discussione, a tratti rabbiosa, che si aprì ancora nel 1982, nell'estate tragica della guerra del Libano, giova ricordarlo, si svolse sulle colonne dei nostri giornali con toni esagitati e talora molto scomposti vedendovi coinvolte persone che meno esagitate e meno scomposte sarebbero state se avessero potuto leggere per tempo qualcuno dei racconti di Yehoshua, se solo avessero avuto dimestichezza con la realtà arabo-israeliana da lui finemente ricostruita nelle sue prime opere.

Da allora è passato tanto tempo. "L'Indice" compie vent'anni e affida al consueto, affettuoso recensore Yehoshua, arrivato, credo, al suo decimo libro. Con l'affetto di sempre sia consentita all'umile recensore una seconda confidenza non meno schietta della prima.

Questi ultimi romanzi non sono più come i primi: non ci si può non chiedere, in altre parole, quanto sia cambiato il personaggio-uomo nella narrativa di Yehoshua e, soprattutto, non si può evitare di chiedersi perché. A partire dal Ritorno dall'India (1994), che rappresenta forse il punto di svolta, i meccanismi narrativi si sono fatti sofisticati, a tratti macchinosi, quasi che un autore così preciso nel ricostruire ambienti, relazioni personali, controversie sociali sia indotto dalla disperazione per la situazione politica attuale a un formalismo astratto, che lo porta a dimidiare i personaggi oltre ogni ragionevole limite, perdendo di vista la chiave della scorrevolezza narrativa nella quale era invidiato maestro.

Entravi negli ingranaggi stilistici di libri come L'amante, Un divorzio tardivo, Cinque stagioni, Il signor Mani e rimanevi ammaliato, avvolto dentro una trama che non ti lasciava respirare se non a lettura conclusa. Ora, questo ingranaggio perfetto viene a incepparsi in una progressiva rarefazione del personaggio: per esempio, nell'ultimo romanzo, uomini e donne non hanno neppure un nome, oltre che un volto. C'è il responsabile delle risorse umane, c'è una donna morta per mano di un kamikaze, ci sono delle parti in corsivo che animano un gioco di specchi intellettualistico, che appesantisce la lettura. Il lettore di Yehoshua, troppo bene abituato, vorrebbe muoversi a proprio agio dentro una storia, come altre per le quali si era appassionato. Adesso, invece, rimane un estraneo che non comprende più chi sta parlando, dove si trova questo o quell'altro personaggio. La trama in sé non mancherebbe di originalità: si narra di un dipendente di una grande azienda che svolge indagini intorno all'identità anagrafica di una donna morta in un attentato. Nessuno sa chi sia. Fra i pochi resti che rimangono vi è il cedolino bruciacchiato dell'ultimo stipendio avuto dalla ditta. I giornali cittadini speculano sull'insensibilità del datore di lavoro, che poco si cura di una donna delle pulizie, non ebrea, di origine sembrerebbe slava, forse della Transilvania, ma qui tutto davvero diventa vaghissimo.

Chi, un giorno, vorrà interrogarsi sulla sintonia di Yehoshua con il pubblico italiano - da ricercarsi, credo, nella fedeltà alla forma-romanzo, nei toni riconoscibili di una mediterranea melodrammaticità, nella rotondità degli amori impulsivi - dovrà infine chiedersi quale sia la ragione di questa svolta. Provo ad avanzare un'ipotesi. I lettori dell'"Indice" avranno la pazienza di aspettare un'altra ventina di anni, si spera meno burrascosi dei presenti, per vedere se funziona.

Yehoshua è un uomo politico prestato alla letteratura: i suoi articoli sul Medioriente sono lucidi quanto quelli di nessun altro scrittore israeliano, certo più degli interventi di Grossman. Non tutti gli osservatori, mi sembra, hanno sottolineato la cupa verità di una sua frase del giugno 2002: la provocazione sugli ebrei capaci di fare "impazzire" i loro nemici, che è il segnale di un pessimismo credo condivisibile da molte persone di buon senso. Alcune sue proposte, in primis quella sul muro, sia pure in altro modo concepita, hanno avuto il pregio di precorrere la politica stessa, trasformando il "poeta che vuole tacere" in profeta ascoltato, sia pure a metà. Yehoshua è uno scrittore viscerale, che scrive romanzi cucendo insieme vita e letteratura. La sua fase migliore non per caso è quella che corrisponde al crescere di un movimento pacifista in Israele e coincide con le trattative purtroppo fallite di Camp David. I primi racconti (La morte del vecchio, Di fronte ai boschi), scritti in anni anteriori, torbidi quanto i nostri, riflettevano la stessa inquietudine dei libri di adesso. La malva fiorisce nel deserto ci ricordava, in quella prima raccolta di racconti recensita su queste colonne nel giugno di quasi quindici anni fa, un vecchio insegnante di Bibbia che i superiori volevano mettere a riposo. La malva del deserto è come la ginestra leopardiana. Si apriva allora una fase di ottimismo oggi sconfitta dalla realtà, per questo lo scrittore ha ripreso a tacere.

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La recensione di IBS

Ispirato dalla tragica attualità dei nostri giorni, il nuovo romanzo di Abraham B, Yehoshua parte dal racconto di un fatto di cronaca inventato, ma fin troppo realistico, per poi trasformarsi in una profonda riflessione sui valori, i rischi e i timori del mondo di oggi.
Un attentato al mercato, un tragico avvenimento per nulla inconsueto in una Gerusalemme sconvolta dal terrore, causa la morte di una donna sconosciuta. Il suo cadavere giace abbandonato all'obitorio del Monte Scopus per un'intera settimana, fino a quando un articolo di forte denuncia contro l'indifferenza generale giunge a scuotere le coscienze. Innanzitutto quella del proprietario dell'azienda per cui la donna lavorava, individuata grazie al cedolino di pagamento dello stipendio mensile, l'unico documento ritrovato nella borsa della vittima. Per evitare l'accusa di "crudele mancanza di umanità", l'imprenditore incarica il responsabile delle risorse umane di scoprire perché nessuno al lavoro si fosse accorto dell'assenza della dipendente. Aiutato dalla sua solerte segretaria, l'uomo ricostruisce l'identità della vittima e apprende con sorpresa di averla assunta lui stesso come addetta alle pulizie. Julia Regajev, così si chiamava, era una straniera, trasferitasi da non molto a Gerusalemme. Era laureata in ingegneria ma, non avendo trovato di meglio, aveva accettato di svolgere un'occupazione ben al di sotto delle sue capacità, pur di non lasciare la città. Poco prima di morire però si era allontanata dall'azienda, accogliendo il suggerimento del direttore del suo reparto che l'aveva esortata a cercare un'occupazione migliore. Cosa era andata a cercare a Gerusalemme Julia Regajev? Perché nessuno aveva avvisato l'ufficio personale del panificio che da diversi giorni non lavorava più per loro? A poco a poco l'indagine, iniziata svogliatamente e senza convinzione, finisce per coinvolgere il responsabile non solo sul piano professionale ma anche su quello personale. Le verità sarà svelata e il desiderio di concedere alla donna una dignitosa e compassionevole sepoltura prenderà il sopravvento rispetto alla mera necessità di evitare un danno d'immagine.
Con questo libro di rara intensità Abraham B. Yehoshua riesce a ritrarre magistralmente le contraddizioni che agitano l'animo umano e il tempo presente. In un tragico paradosso, proprio nell'era della globalizzazione e della libera informazione, aumentano nella società l'indifferenza e l'individualismo. Il percorso di trasformazione vissuto dal protagonista del romanzo svela il terribile potere che possono avere questi atteggiamenti e, all'opposto, l'importanza di sentirsi moralmente "responsabile". In questo intenso viaggio interiore, la vera responsabilità del dirigente consisterà nel saper ritrovare dentro di sé le risorse umane per vincere la durezza del proprio cuore, uscire dall'aridità in cui si è sepolto e ricominciare a vivere.

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Conosci l'autore

Abraham B. Yehoshua

1936, Gerusalemme

Abraham B. Yehoshua - scrittore e drammaturgo israeliano - nasce a Gerusalemme il 19 dicembre 1936 da una famiglia sefardita originaria di Salonicco, in Grecia. Il padre Yaakov Yehoshua è uno storico. Abraham studia al Gymnasia Rehavia della capitale e presta servizio come paracadutista nell'IDF prima di laurearsi in letteratura all'Università Ebraica di Gerusalemme. Ha insegnato nelle Università statunitensi Harvard di Chicago e Princeton e Letteratura comparata presso l'Università di Haifa. Durante la sua permanenza a Parigi ricopre anche il ruolo di Segretario Generale dell'Unione Mondiale degli Studenti Ebrei. Yehoshua è stato anche una delle voci politiche più importanti della sinistra israeliana, membro del consiglio pubblico di B'Tselem...

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