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Chiacchiere da bottega. Uno scrittore, i suoi colleghi e il loro lavoro
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Chiacchiere da bottega. Uno scrittore, i suoi colleghi e il loro lavoro - Philip Roth - copertina
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Chiacchiere da bottega. Uno scrittore, i suoi colleghi e il loro lavoro

Descrizione


Dieci interviste, alcuni saggi e i ricordi del famoso scrittore americano. I colloqui che ha avuto negli anni con illustri colleghi raccontano di letteratura, ma esplorano anche le interferenze che da sempre i fatti politici e storici intrattengono con i percorsi artistici e personali di chi scrive. Con Primo Levi discute di quel residuo di razionalità che permise allo scrittore torinese di sopravvivere all'insensatezza di Auschwitz; con Kundera analizza la miscela di politica e sessualità che lo resero il più sovversivo scrittore della Cecoslovacchia comunista. Queste e molte altre questioni, fanno di quest'opera un simposio letterario sull'immaginazione e sulle ragioni dello scrivere.
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Dettagli

2004
Tascabile
20 aprile 2004
158 p., Brossura
9788806168292

Valutazioni e recensioni

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gianna
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Un bellissimo libro di grande respiro..ha il merito di farvi conosere scrittori che in Italia non sono o non so più pubblicati (difficilissime sono state le ricerche di alcuni testi indicati nel libro!!) ogni pagina, ogni rigo sono intensi e seppur di modeste dimensioni il libro è un percorso letterario che consiglio vivamente per sottigliezza nelle analisi e trasporto nelle descrizione dei personaggi...come tutti i libri sugli scrittori non mancherà di ispirarvi nella ricerca di altri testi che si riveleranno straordinari e non potrete fare a meno di ringraziare Roth..

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lettorecomune
Recensioni: 4/5

Un bel libro sulle ragioni della scrittura. Philip Roth parla con Aharon Appelfeld, deportato a otto anni nel 1940, liberato dai russi a dodici, solo e vagabondo nelle foreste per due anni e poi in viaggio per Tel Aviv - i fili della scrittura, dice, si dipanano dalla casa dei genitori, sono un atto di fedeltà ai ricordi d’infanzia - ; con Ivan Klìma, nato a Praga nel 1931, internato a Terezin, dal 1970 spazzino ed autore in edizioni samizdat – la scrittura, per lui, è un atto di resistenza, di fedeltà a se stessi - ; con Edna O’Brien, vissuta in Irlanda in una fattoria sperduta con un padre violento e poi chiusa in un convento di provincia – il prezzo che si paga per essere scrittori è essere assillati dal passato, dice, per un impellente, quasi disperato, desiderio di reinventarlo in modo da poterlo cambiare - ; con Primo Levi, Isaac Bashevis Singer, Milan Kundera, Mary McCarthy...

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Voce della critica

“Prima di partire per l’Inghilterra in autunno, gli scrissi un biglietto invitando lui [Bernard Malamud ndr] e Ann da noi in Connecticut l’estate seguente – era il nostro turno di ospitarli. La risposta che mi raggiunse a Londra qualche settimana dopo era puro, laconico malamudese. Sarebbero venuti a trovarci molto volentieri, ma, mi ricordò, ‘l’estate prossima è l’estate prossima’. Morì il 18 marzo 1986, tre giorni prima che cominciasse la primavera.”

Tra lettura e scrittura, tra curiosità critiche e voglia di imparare il “mestiere” dello scrittore, questo saggio offre spunti di interesse per varie tipologie di lettori. Come spesso accade è proprio attraverso appunti, ricordi, lettere, dibattiti che si sviluppa un discorso, anche non organico, ma interessante sul lavoro di scrittore. In questo caso non solo per ciò che riguarda i molti autori che in tutto il mondo Philip Roth ha intervistato, o più esattamente, con cui ha dialogato: emerge infatti, tra le righe, il vissuto personale e l’esperienza professionale dello scrittore americano che, più o meno volontariamente, si racconta parlando con e dei colleghi.

Le tante “botteghe” descritte sono esperienze ripetibili? Non è questa la domanda fondamentale. Potremmo forse girare la medesima questione e dire: quanto sono uniche le esperienze di bottega di autori come Primo Levi, Aharona Appelfeld, Ivan Klíma, Isaac B. Singer, Milan Kundera, Edna O’Brien? La risposta arriva dal testo di queste conversazioni che vertono su tematiche quali l’identità, l’ebraismo, l’educazione sentimentale, la comunicazione, la letteratura e il suo senso. Tutte le voci sono mediate e in qualche modo indirizzate dalle provocazioni di un interlocutore che non è un giornalista comune ma un autore che non dimentica e non fa scordare a nessuno il suo peso. Il dibattito è fatto di stimoli, di pungolature e risposte in cui si percepisce anche la simpatia, l’affinità di Roth con il pensiero del suo interlocutore o viceversa la sua distanza da certe opinioni.

Chiudono la raccolta, talmente coinvolgente e affascinante da farci sentire testimoni attivi di questi incontri, uno scambio epistolare con Mary McCarthy in merito ad alcuni passaggi del romanzo La controvita, i due ritratti di Bernard Malamud e di Philip Guston e una rilettura dell’opera di Saul Bellow.

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Conosci l'autore

Philip Roth

1933, Newark, New Jersey

Philip Roth (Newark 1933 - Manhattan 2018) è stato uno scrittore statunitense. Figlio di ebrei piccolo-borghesi rigorosamente osservanti, ha fatto oggetto della sua narrativa la condizione ebraica, proiettata nel contesto urbano dell’America dell’opulenza. I suoi personaggi appaiono vanamente tesi a liberarsi delle memorie etniche e familiari per immergersi nell’oblio dell’attualità americana: di qui la violenta carica comica, ironica o grottesca, che investe anche le loro angosce. Dopo un primo, felice romanzo breve, Addio, Columbus (1959), e i meno incisivi Lasciarsi andare (1962) e Quando Lucy era buona (1967), Roth ha ottenuto la celebrità con Lamento di Portnoy (1969).Dopo Il grande romanzo americano (1973, riedito in Italia da Einaudi nel...

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