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Descrizione


Marcello Fois racconta la vita di uno dei banditi sardi più spietati ­ l'uomo su cui Mussolini mise la taglia più alta ­ e attraverso la storia di una vita che in molti modi fu eroica, racconta anche il sacrificio di una terra che negli stessi anni era in cerca un'identità. Da bambino Samuele Stocchino sa molte cose, anche della sua vita futura; ma le ha dentro, senza una lingua per esprimerle. Da soldato in trincea recita silenzioso l'eroe senza macchia e torna in patria italiano e decorato. Dopo aver disertato a Caporetto è rispedito a morire: ritorna cambiato. I compaesani si sono spartiti i suoi averi e la sua vita: nasce il bandito, l'ultima deriva di un morto vivente.
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Dettagli

2006
6 giugno 2006
218 p., Rilegato
9788806182199

Valutazioni e recensioni

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Giacomo Di Girolamo
Recensioni: 4/5

LA MEMORIA DEL VUOTO di Marcello Fois Primo spunto. Vengo dalla lettura di Everyman di Philiph Roth. Lettura non certo piacevole, funebre direi. Racconta infatti la morte di un uomo qualunque. E lo fa in maniera opprimente, a cominciare dal nero della copertina. Unico lato positivo è che si tratta di un romanzo dove si sa che il protagonista muore, finalmente. Memoria del vuoto di Marcello Fois è invece la storia delle molteplici morti della stessa persona, Samuele Stocchino, in un destino segnato dalla “solitudine, la morte degli affetti, il ringhio della vendetta”. Ci insegnano che niente è più definitivo della morte: questo romanzo sembra raccontare proprio il contrario. Stocchino muore tante volte. Secondo spunto. Ho pensato leggendo questo romanzo a Mazzucco, Camilleri, Fontamara e alle tante storie che raccontano l’Italia vista da dentro, che è una terra mitica, senza tempo. Come nella tradizione del nostro “cunto” Terzo spunto. De Andrè. “Disamistade”, un brano di “Anime Salve”, che in italiano sarebbe INIMICIZIA. Scrive il Faber di questa sua canzone: Non tutti gli individui conviventi in una società sono disposti a trasformare il disagio in sogno. Laddove "la corsa del tempo spariglia destini e fortune", mettendoli a continuo confronto nella condivisione di uno spazio ristretto, nasce l'invidia; la disamistade, la faida, nasce dal desiderio irrealizzabile di fermare il tempo e di eliminarlo per riportare il mondo a una ipotetica condizione originaria in cui tutti siamo uguali. La faida consiste nel paradosso di ammazzare l'ultimo assassino, e l'autorità interviene quasi sempre a sproposito, giudicando frettolosamente in base a testimonianze equivoche, penalizzando innocenti che, scontata una pena ingiusta, diventano i nuovi luttuosi protagonisti della carneficina; quella manciata di case, quel piccolo paese con relativo tempio religioso, non rappresenta che il vetrino, la miniatura di più popolose società organizzate in territori di ben più vasti confini.

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Luce
Recensioni: 5/5

L'autore gioca con la poesia, il verbo, il ritmo, come in una canzone, per raccontare ....eccidi...torture..fughe..guerra...stragi. E tu sfogli il libro, e senti l'odore del sole , del sughero, del mirto, e poi del sangue, della terra, della paura, della notte, del cielo buio di quando la luna vuole sorgere dai monti ma ha paura di farlo.Perchè la luna sa...quello che accadrà

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Paolo
Recensioni: 5/5

Riduttivo dire un bel libro, direi piuttosto "un capolavoro". Sin dalle prime pagine. Questo è il libro migliore che ho letto di Fois.

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Recensioni

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Voce della critica

La "sarditudine" è una condizione dell'anima più che un dato di riscontro geografico o antropologico. L'appartenenza a una terra è l'elemento sempre meno privilegiato da queste nuove generazioni globalizzate per cui sembra sufficiente allenare le mandibole sotto l'insegna universale dei McDonald's. La Sardegna ha conservato invece intatta nel tempo una sua sacralità memoriale che si tramanda attraverso le stirpi, come un'emanazione mitografica trasmessa dai padri ai figli, al di là della condizione stanziale o migratoria. La Sardegna che i sardi non amano è quella costruita sulle coste – smeralde o dorate – a misura di turista, un cospicuo patrimonio di denaro che nulla, o quasi, deposita nelle tasche degli isolani, addomesticati dalle circostanze a una condizione di osservatori neanche troppo privilegiati.
Il respiro aperto della Sardegna soggiorna nell'epica della memoria, che attraversa i decenni e riporta intatta la storia degli accadimenti popolari, dei luoghi e delle tradizioni, degli eroi che diventano punto di accentramento di un'unica, riconosciuta appartenenza. Marcello Fois è uno scrittore ormai quasi leggendario nel suo paese d'origine: la Sardegna ha quest'altro merito, di accudire e promuovere le sue glorie in maniera assoluta, di elevarle al rango di "star", in una sorta di passaparola istintivo, necessario. Il Marcello Fois che ritroviamo con estremo piacere dopo una giusta pausa di silenzio seguita alla fluvialità dovuta ai primi botti del successo, è un Fois in stato di grazia, elegante e sontuoso, più letterario che narrativo, a caccia di una strumentalità linguistica che fa di questa Memoria del vuoto un cantico popolare neonaturalista di valore assoluto, necessario a misurare l'evoluzione di uno scrittore che non è più solo un eccellente giallista, ma si spinge al confronto epico con i grandi affreschi di Grazia Deledda, Salvatore Satta e Giuseppe Dessì, diventandone l'erede ufficiale.
La nostra migliore letteratura è quella che cerca nella memoria del suo territorio, nella sua storia – anche minima – i parametri per una riflessione postuma: il personaggio di Samuele Stocchino, per i sardi, è una sorta di leggenda locale tuttora presente, a metà strada tra uno Zorro isolano e una volontà estrema di giustizia che si risolve meglio tra le pareti familiari, senza interventi ufficiali. Samuele Stocchino fu il bandito più ricercato nei primi anni del Novecento, la taglia sulla sua testa – convalidata e fatta lievitare da Benito Mussolini – arrivò a toccare le duecentocinquantamila lire negli anni trenta del fascismo. Spina nel fianco del governo monopolizzante, Stocchino fu un eroe senza storia, un mito quando era ancora in vita, l'uomo nero con cui fagocitare le paure dei bambini. Figlio di contadini con le scarpe tramandate tra fratelli, Samuele è un bambino segnato da una condizione di disagio che diventa sete di vendetta quando l'ingiustizia dei ricchi possidenti locali snatura la sua modesta serenità. Dopo aver partecipato alla campagna di Libia e alla Grande guerra, Samuele torna in Sardegna e, scampato più volte alla morte, si autoproclama giustiziere della sua famiglia nella notte del 20 gennaio 1920, in cui stermina l'intera stirpe dei Boi, colpevoli, con altri possidenti, di aver organizzato oscure manovre di estorsione e di aver ucciso il fratello Gonario. Samuele diventa "la tigre d'Ogliastra", e da lì alla leggenda il passo è nella voce del popolo, che canta in coro le sue imprese delittuose.
La ricerca di Fois non è agiografica, ma trova una sua precisa ragion d'essere nella divinazione letteraria che l'autore riesce a costruire mescolando brandelli di realtà storica a quantità elevate di finzione creativa, dando luogo a una commistione suggestiva di elementi popolari che hanno il sapore assoluto della più classica tragedia. L'impasto linguistico è straordinario, un concentrato di metafore, elementi poetici e caratterizzazioni dialettali che ricostruiscono con piena consapevolezza il momento storico, l'epoca, il ruvido isolamento dei diseredati. Ciò che colpisce, nel romanzo, non è tanto la capacità di ricostruire a propria misura una vicenda concreta e reale, ma quella di attraversare un'epoca offrendo al lettore il sapore intatto, aspro, di un territorio e di un popolo, ricavando poesia dal sangue e giocando in piena coscienza con le proprie radici, che sono poi quelle che da Deledda arrivano al Padre padrone di Gavino Ledda e alla malinconiche elegie di Sergio Atzeni, passando attraverso Il disertore di Giuseppe Dessì e tutta la tradizione dei poeti di piazza come Raimondo Piras, che hanno fatto la storia della Sardegna letteraria coinvolgendo attivamente la gente nella gestione del patrimonio memoriale.
In questa sua dimensione epica, la "memoria" di Fois sembra destinata a diventare un punto di riferimento essenziale per uno scrittore che ha dimostrato di non volersi limitare a essere un giallista di successo, ma che sta cercando una sua strada nella scia della nostra miglior letteratura, consapevole di confrontarsi con la storia, aggiungendo una sua misura linguistica moderna ed essenziale – ma giustamente ricca di arcaismi – alla testimonianza di un passato nobile, generoso di pagine mai dimenticate.
  Sergio Pent

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Conosci l'autore

Marcello Fois

1960, Nuoro

Marcello Fois, scrittore, vive a Bologna da molti anni. Laureato in Italianistica, è un autore prolifico, non solo in ambito letterario, ma anche nel campo teatrale, radiofonico e della fiction televisiva. Esordisce nel 1992 con il romanzo Picta, vincitore del Premio Italo Calvino, e Ferro recente. A questi sono seguiti numerosi altri libri (e altri premi), tra cui Nulla (Il Maestrale, 1997, Premio Dessì), Sempre caro (Il Maestrale - Frassinelli 1998, Premio Scerbanenco-Noir in festival e Premio Zerilli-Marimò, poi ripubblicato da Einaudi nel 2009), Gap (Frassinelli, 1999), Sangue dal cielo (Il Maestrale - Frassinelli, 1999), Dura madre (Einaudi, 2001), Piccole storie nere (Einaudi, 2002), L’altro mondo (Frassinelli-Il Maestrale, 2002), Materiali (Il Maestrale, 2002),...

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