Pizzeria inferno

Dimenticate i luoghi comuni, pizza spaghetti e mandolino, anche quelli più recenti, droga, violenza e Camorra. La Napoli descritta da Michele Serio in Pizzeria Inferno è qualcosa di molto più raffinato tanto che ci vuole una notevole forza di immaginazione per concepire una simile opera e un discreto stomaco per seguire il corso degli eventi. Eppure il libro prende, affascina invogliando il lettore ad andare avanti, sempre più preso e curioso di scoprire come andrà a finire la storia. Carla è una giovane agente pubblicitaria la cui esistenza viene totalmente stravolta quando, una notte, si sente palpeggiare da un’inquietante presenza, che scoprirà essere lo scheletro di un travestito. Da quel momento, Napoli e la realtà assumeranno un aspetto grottesco e onirico, dove un nuovo ordine s’imporrà con regole nuove e non ci saranno più limiti al possibile. Il libro è un classico del suo genere, un noir nudo e crudo adatto ad un pubblico adulto che non si lasci scandalizzare troppo. Pizzeria Inferno, come afferma nell’introduzione Valerio Evangelisti, “suscita ogni gamma di sentimento tranne l’indifferenza; produce, insomma, tutti gli effetti che causa Napoli se guardata da vicino”.

Devo la lettura di questo romanzo all'appassionata recensione di Valerio Evangelisti. Indubbiamente, si tratta di un prodotto ibrido. Se mi chiedessero dove vorrei collocarlo nella mia biblioteca, sarei in seria difficoltà. Tra i romanzi horror? C'è qualche elemento in verità, ma senza una funzione centrale. Nel sottogenere splatter? Nemmeno, anche se abbondano descrizioni orripilanti. Nella science-fiction? Qualche dubbio lo potrei avere considerando l'affinità tra le palle rotolanti con l'unghia e i trifidi di Wyndham, tanto per fare un esempio. Ma nemmeno in questo caso se ne toccherebbe il nucleo centrale. Nel genere parapsicologico? Ci sono, sì, i morti che emergono dal sottosuolo ed i loro fantasmi che invadono i sogni dei vivi, vampirizzandoli: ma, anche in questo caso, non se ne coglierebbe che una sfaccettatura e non gli si darebbe giustizia nella sua totalità. Siamo di fronte ad un romanzo sfaccettato e variegato che coniene tanti ingredienti ben amalgamati tra loro sino a determinare una sinfonia unica ed irripetibile di sapori, di colori e di fragranze: il titolo del romanzo ha appunto questa valenza metaforica. Ma, detto questo, sostanzialmente rimane insoluto il mio interrogativo iniziale: dove collocarlo, una volta assodato che gli ingredienti sono tanti e così variegati? Bene, credo che l'elemento comune sia una "infernale" cavalcata nel sottosuolo, reale e metaforico, di Napoli; un'inchiesta impietosa sui mali che affligono questa città e sulla difficoltà ad eradicarli una volta per tutte. Ma c'è anche un inno alla vitalità profonda della città partenopea: il messaggio alla fine del romanzo (con il suo finale ambiguo e catastrofico) è che dalle fogne possono nascere i fiori. Al termine della sua escursione impietosa, Serio ha voluto scrivere parole di misurato ottimismo, aprendo uno spiraglio alla speranza. Il romanzo di Serio, dunque, lo collocherei a pieno titolo accanto ai grandi autori della letteratura italiana contemporanea che hanno scritto, da napoletani, su Napoli e la sua gente.