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Labirinto di morte
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Labirinto di morte - Philip K. Dick - copertina
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Labirinto di morte

Descrizione


Quattordici persone, nevrotiche e alienate nel loro rapporto con il lavoro e con il mondo esterno, decidono di lasciare una Terra disumana e oppressiva e di partire per il pianeta Delmak-0. Per Ben Tallchief, dopo una vita fallimentare, sembra aprirsi un futuro di euforica comunione con gli altri; e così è anche per Seth Morley, insoddisfatto del suo lavoro. Ma all'improvviso il satellite delle comunicazioni viene distrutto e i quattordici umani si ritrovano da soli sul pianeta, in un crescendo di misteri, terrore e morte. La realtà oggettiva vacilla, e l'intero paesaggio sembra solo un inganno dei sensi, un fondale di cartapesta dove gli uomini si agitano come marionette mosse a caso da una divinità folle e imperscrutabile. Scritto nel 1968, "Labirinto di morte" affronta uno dei temi più cari a Philip K. Dick: cosa è reale e cosa non lo è. Postfazione di Umberto Rossi.
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Dettagli

2012
Tascabile
202 p., Brossura
9788834718629

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Maurizio
Recensioni: 4/5

Sulla falsariga delle tematiche distopiche in bilico tra percezioni reali e dominio della mente, tra realtà oggettiva e virtualità, tra razionalità e (lucida) follia, un'opera che sebbene inferiore per contenuti e complessità ad altri capolavori (Ubik, Un oscuro scrutare), non manca di suscitare questioni che solo la geniale e spregiudicata poetica dickiana eleva a riflessione filosofica e psicologica sulla natura e la capacità di astrazione della mente umana. La fantasia al potere e il potere della fantasia. Angoscioso.

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Louis
Recensioni: 5/5

Romanzo poco conosciuto di questo geniale autore, ma non per questo meno degno di nota rispetto ad altri suoi capolavori. La storia è un crescendo di colpi di scena che si susseguono senza sosta, suspance, incursioni nel metafisico e nel filosofico, con uno stile di scrittura più fluido rispetto ad alcuni lavori precedenti che ne rende scorrevole la lettura. Si viene letteralmente risucchiati in un mondo cupo e misterioso, dove si dibattono personaggi egocentrici, vittime delle loro ossessioni e delle loro paure, mossi da una inspiegabile follia. Il caos mentale che pervade tutta l'opera, l'apparente annebbiarsi della realtà e la totale mancanza di certezze sfociano in una spirale di eventi catastrofici apparentemente insensati. Ma tutto ciò rappresenta solo una premessa per un finale brillante e sconvolgente, che si apre a vari livelli di interpretazione, lasciando il lettore meravigliato, preda di un senso di angoscia e di smarrimento. Ancora una volta Dick può essere considerato un profeta precursore dei tempi. Non un romanzo di fantascienza, non un giallo, non un romanzo metafisico; questo libro è tutto ciò e mai come in questo caso la somma delle parti supera il totale.

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Philip K. Dick

1928, Chicago

Scrittore prolifico e sregolato, di fama crescente, Dick ha raggiunto a tratti una grande intensità stilistica ed è considerato uno dei più importanti scrittori postmoderni, tra i classici della letteratura contemporanea. Fra i suoi romanzi di fantascienza, caratterizzati da un cupo pessimismo, si ricordano: La svastica sul sole (The man in the high castle, 1962), I simulacri (The simulacra, 1964), Le tre stigmate di Palmer Eldritch (The three stigmata of Palmer Eldritch, 1964), Ubik, mio signore (Ubik, 1969). Da Gli androidi sognano pecore elettriche? (1968) è stato tratto il film Blade Runner, che ne ha fatto uno scrittore di culto.

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