Io mi chiamo Yorsh

L'ultimo elfo (2004), uno dei più importanti romanzi della letteratura giovanile italiana del nuovo secolo per forza narrativa, estetica, etica e civile, aveva iniziato una lunga saga conclusa con L'ultima profezia del mondo degli Uomini (2010), quando il Capitano dei mercenari, un bastardo mezzo-uomo e mezzo-orco, si fa re e imperatore e unisce e pacifica i due popoli nemici. Io mi chiamo Yorsh racconta l'antefatto della fluviale storia. Se l'ultimo elfo Yorsh era un principe che si univa a un'umana per guidare un popolo schiavizzato verso la libertà e dare origine a un nuovo mondo di razze e culture intrecciate, il protagonista del prequel è un uomo che porta lo stesso nome ma è uno spregevole cialtrone, anche se con qualche giustificazione, perché nato in un lebbrosario e condannato a lavori ignobili come quelli del sonderkommando nello sterminio degli elfi perché "diversi". Adesso, però, il cerchio si chiude, o meglio tutti i pezzi si incastrano al loro posto. L'uomo di nome Yorsh si sacrificherà per salvare Roha, la donna che porta nel ventre l'ultimo elfo che sarà chiamato Yorsh, figlio di un principe, mentre la figlia nata precedentemente dalla violenza dell'uomo sulla donna sarà indirettamente all'origine delle fortune del Capitano poi re e imperatore che porrà fine alle guerre. Nell'ultimo capitolo il cialtrone diventerà un eroe capace di ritrovare onore e decenza per gli umani, perché ritrova in sé il bambino reietto che tuttavia era stato amato da una madre lebbrosa e da un padre sano. I riferimenti alla storia e all'attualità sono evidenti, alla Shoah e ai bambini kamikaze mandati a uccidere e uccidersi da chi ama la morte più della vita. La scrittura, vibrante per empito civile, sa trovare le parole giuste, morali, non retoriche o "indignate"; peccato che nel procedere della saga De Mari abbia messo da parte quell'umorismo lieve che ne faceva un unicum nel mare del fantasy. Da dodici anni.
Fernando Rotondo