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Anno edizione: 2007
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Stupendo, come tutti i libri di Francesco Dimitri . Non voglio aggiungere altro , visto che ê assolutamente da leggere , e qualsiasi nota aggiuntiva non da e non leva niente a questo piccolo capolavoro!
Si legge con grande piacere questo romanzo, perchè la narrazione si muove con efficacia nella dimensione del perturbante. La letteratura sul Vampiro in senso lato (e prima ancora su tutto il corpus di credenze popolari che vi è sotteso) si fonda, infatti, proprio sulla dimensione dell'Unheimlich, cioè su quella dimensione psichica che ha che vedere con il rimosso e con tutto ciò che, con tale meccanismo, è stato allontanato dal campo della coscienza. Il Vampiro, come tutta una serie di altri esseri "spaventosi", rappresenta - il più delle volte - secondo un'interpretazione psicodinamica (essenzialmente psicoanalitica) il "ritorno" del rimosso, in modi che sono assolutamente distaccati dal movente originario. I vampiri, come i licantropi o i morti viventi o gli zombie, sono tutti accomunati dall'essere dei "revenant" (Incubi), cioè dei fantasmi che, dal nostro passato emozionale (ma anche dal nostro passato storico infantile) riemergono, senza che sia possibile tracciare la connessione originaria e dunque apparendo ancor più spaventosi, perchè dotati di vita propria. Dimitri, mostrando di possedere una profonda conoscenza di tutto questo, riesce a coniugare perfettamente le leggi psicologiche che regolano il versante soggettivo di simili fenomeni con le "ipotesi" letterarie, mitologiche e anche cosmogoniche su di essi. E, con grande abilità, fa nascere l'evento straordinario e perturbante dalle pieghe della "normalità" e da un'individualità frustrata e solo armata del potere d'una forte elaborazione fantastica, come strumento di fuga. La sua storia si legge con grande fluidità ed interesse, perchè il disvelamento della verità avviene per indizi e per sovrapposizioni successive, attraverso un'indagine paranormale, in cui il protagonista incredulo viene condotto sino alla consapevolezza per gradi successivi dall'amico/mago Dagon che funge da guida e da mentore. Dagon rappresenta in verità anche l'omaggio a Lovecraft e alla sua convinzione che esistano degli esseri "antichi" che precedono di gran lunga l'uomo.
Ho finito di leggere ieri questo libro, perche' alcuni siti dell'horror ne avevano parlato bene...che dire? non e' scritto male, tuttavia secondo me l'autore si era stancato di scrivere il romanzo dalla meta' in poi. Personaggi inesistenti, a parte il protagonista iper-centrato su se stesso, qualche citazione latina raffazzonata per dare credibilita' all-amico del protagonista, e un finale indecente. I poveri genitori del protagonista sono macchie insipide scure sul fondo, gli amici del protagonista degli imbecilli...ovvio che in tale mare di nullita' l'amore fra il protagonista e il suo incubo diventa qualcosa di speciale anche agli occhi del lettore. Gli do tre stelle per la prima meta'. Una stella per la seconda. La media fa due stelle.
Recensioni
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Che l'Italia delle Otranto paleogotiche guardi oggi con sufficienza all'horror, derubricandolo a cenerentola del supergenere fantastico o forzandolo sotto etichette più alla moda (si pensi a certi abusi del termine noir), è un fenomeno bizzarro, e giustamente Evangelisti lo stigmatizza nella sua introduzione. Bizzarro tanto più considerando che un testo come La ragazza dei miei sogni, prima avventura narrativa di un colto saggista su argomenti tra il fantastico e l'esoterico, mostra tutta la vitalità di un genere nel conservare spunti classici rileggendoli con libertà. È classico, infatti, il tema del narratore avvilito da un contesto esistenziale soffocante, che proietta a qualche forma di vita un'entità splendida e seduttiva sulla cui strada si moltiplicheranno i cadaveri; ed è classicissimo il mondo di fantasie occulte (demoni succubi, difese magiche, riti di sangue, persino un golem) che Dimitri gioca con leggerezza, lasciando però intravedere in filigrana tutta la sua competenza. Non stupisce neppure l'importanza del riferimento ad Aleister Crowley, assurto a maestro per un mondo alternativo sempre più vasto (magari nelle ibridazioni con Lovecraft di certi culti postmoderni, cui il romanzo strizza l'occhio); e l'inseguimento tra il narratore e la ragazza e l'incontro con il misterioso uomo in frac sembrano aggiornare al nuovo millennio il fascino indimenticato del Segno del comando. Mentre sono felici sorprese la freschezza narrativa con cui la storia corre, l'immersione in un quotidiano concretissimo (e non solo giovanile) della Roma contemporanea, la potenza fantastica delle suggestioni. Ciò che in fondo conferma l'importanza (e non solo sociologica) dell'esperienza di una piccola casa editrice memore della lezione di Arthur Machen: che l'orrore può aggiungere bellezza alla vita e il terrore, in qualche modo, è la preghiera alla bellezza sconosciuta.
Franco Pezzini
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