Eldest. L'eredità. Vol. 2

Christopher Paolini, atto secondo. L'ex enfant prodige del romanzo fantasy, oggi ventunenne, torna cinque anni dopo l'esordio (Eragon è stato un clamoroso successo, un best seller che in America ha battuto i record di Harry Potter) a deliziare milioni di fan e di lettori con una seconda affascinante puntata delle avventure del sedicenne Eragon e del giovane drago Saphira.
Eldest è il secondo romanzo della "Trilogia dell'eredità", sono ottocento pagine intrise di magia e mistero ma più oscure e pessimiste rispetto al primo libro, perché qui tutto volge al peggio per Eragon e Saphira, protagonisti della storia. Si comincia nella terra di Alagaesia, la cui popolazione sta soffrendo sotto l'impero del crudele Galbatorix, e i due personaggi sembrano essere l'ultima speranza alla quale aggrapparsi. Ma Eragon è ancora troppo giovane e ha molte cose da imparare nell'arte della spada e in quella divinatoria delle profezie e della magia, così viene inviato insieme a Saphira a Ellesméra, nella terra degli elfi, perché là il saggio cavaliere Oromis e il vecchio drago Glaedr insegneranno loro a destreggiarsi in battaglia. Il viaggio dei due, perseguitati dalla mala sorte, è ricco di colpi di scena a non finire, di incontri con uomini potenti, di visite a palazzi misteriosi che incutono timore. Intanto a Carvahall, dove vive Eragon, la città è cinta d'assedio dalle truppe del terribile Ra'zac e suo cugino Roran si mette alla testa di un manipolo di resistenti e li guida in salvo, con una fuga disperata, sulle alture circostanti. Le due narrazioni procedono parallelamente confluendo in un finale, travolgente per intensità ed emozioni, che culmina con un'imponente battaglia nella quale Eragon impegna tutto se stesso per salvare la sua gente.
Paolini dimostra, con questo secondo volume della trilogia, una crescente maturità e ancora una volta un uso spigliato di quel linguaggio immaginario e fantasioso che si basa sull'antico norvegese, per quanto riguarda il linguaggio degli elfi, ma che è pura invenzione per tutte le parole degli Urgali e dei nani che popolano la storia. Paolini, infatti, ha creato un vero e proprio linguaggio nuovo riconfezionato sulla base dello scandinavo medievale, che dà al romanzo una profondità e un respiro che altrimenti non avrebbe avuto.