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Molto carino. Per i ragazzi ma anche per chi ama sognare ad occhi aperti e lasciarsi cullare dalla fantasia.
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Kate Thompson ripesca vecchie leggende, credenze e costumanze del suo paese la terra dell'eterna giovinezza, le fate che scambiano i bambini nella culla, i balli, le canzoni, le tradizioni per legarle in modo originale e avvincente a una situazione di disagio tipica del nostro tempo. E cioè la crescente mancanza di tempo a causa di una serie di consumi e costumi artificialmente indotti, anche per i ragazzi: "A parte la televisione e il computer (
) il doposcuola era un delirio di attività, dal karate alla pallacanestro alla recitazione". Il quindicenne JJ scivola allora, attraverso un antico forte ad anello delle fate, in un universo parallelo, nel paese dell'eterna giovinezza, i cui abitanti soffrono un problema uguale e contrario: hanno troppo tempo, cosicché la loro terra sta scivolando verso la fine. Succede che c'è una perdita e il tempo sgocciola dal nostro mondo in quello del "piccolo popolo" con reciproci danni irreversibili. JJ risolverà il problema risalendo a un fatto accaduto al bisnonno, grande musicista accusato (ingiustamente) di aver ammazzato un prete perché questi gli aveva rubato il flauto. Riemerge così il ricordo di lontane guerre di religione tra divinità pagane e il cristianesimo deciso a liberare l'Irlanda dalle creature fatate e dai loro insidiosi costumi, anzitutto musica e danze. Proprio attraverso quel flauto (veramente rubato e collocato nella membrana tra i due mondi) il tempo fluiva nella direzione sbagliata. Da allora JJ suonerà "come un ragazzo nato per far ballare la gente, che aveva sentito la musica delle fate, che sarebbe presto diventato uno dei più grandi musicisti folk d'Irlanda". E i ragazzi avranno ancora tempo per leggere e guardare la televisione, giocare e bighellonare. Davvero interessante e inconsueto questo apologo, in forma di pseudo-fantasy, sulla necessità di "prendere tempo".
Fernando Rotondo
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