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Sento il dovere di difendere questo libro. Secondo me l'idea è molto buona e ne è venuto fuori un bel libro, ci sono delle parti un po' noiose (come il primo incontro tra Peter e il futuro socio Harry)ma tutto sommato mi è piaciuto. E' intenso, come i sentimenti di Peter che cerca di sopprimere fino alla fine e triste...
L'idea della rivisitazione della memoria è senza dubbio buona, ma non è (almeno a mio parere)un libro ben scritto e nel complesso risulta abbastanza noioso..sono arrivata in fondo a fatica e la tentazione di abbandonare a metà è stata molto molto forte...
Non è mia abitudine leggere sulla sovracoperta il breve riassunto del libro che mi appresto a leggere. Non so mai quindi in che avventura vado a cacciarmi quando apro per la prima volta un libro. In questo, devo dire, sono rimasto nel dubbio fino a un terzo del racconto. Non si capisce infatti dove voglia andare a parare l'autore. Se si tratti cioè di una storia d'amore, di un giallo, di un romanzo storico, di un saggio di psicologia. Dopo la prima metà però, la storia prende forma e mi ha catturato. Alla fine, devo dire sinceramente, non è stato uno dei migliori libri che abbia mai letto ma di sicuro ne valeva la pena. Anche solo per meglio comprendere (per quanto impossibile per uno che non ha vissuto quel tragico momento storico da ebreo, come dice lo stesso personaggio del libro) lo stato d'animo e i pensieri di un sopravvissuto. In particolare il senso di colpa. Sì proprio il senso di colpa che dovrebbe colpire tutti noi per aver permesso che succedesse l'olocausto o per non essere riusciti ad impedirlo, coglie invece i sopravvissuti che per fuggire alla morte, alla sofferenza, alla negazione del loro essere umano, rinnegarono se stessi e le loro radici, dovendo fare i conti, in seguito, con l'angoscia di risvegliarsi su di un tavolaccio, in una baracca gelida un mattino e di scoprire di avere solo sognato una vita normale e di essere ripiombati nell'incubo.
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