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Descrizione


1916: Prima Guerra Mondiale, Viktor Kretzschmar e Thadeus Dreyer si giocano la vita in una partita a scacchi mentre viaggiano su un treno che porta le truppe verso il fronte. Se vince, Thadeus - recluta dell'esercito - si scambierà l'identità con Viktor, impiegato delle ferrovie, sfuggendo così alla guerra. 1943: Seconda Guerra Mondiale. Il progetto Amphytrion va avanti. Un gruppo di soldati deve sostituire alcuni capi nazisti nelle apparizioni in pubblico ad alto rischio. Ma tra i sostituti riescono a infiltrarsi alcuni ebrei. 1960: il nazista Adolf Eichmann, colonnello del Terzo Reich, si trova in carcere a Buenos Aires sotto falso nome. Nonostante le testimonianze sulla sua identità attuale, Eichmann viene processato e giustiziato in Israele...
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Dettagli

2005
201 p., Brossura
9788834710593

Valutazioni e recensioni

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Daniele
Recensioni: 4/5

Questo libro è una piacevole sorpresa: il narratore si allinea ad una recente corrente letteraria che utilizza la storia come scenario per costruire racconti ove l'uomo appare sempre come una pedina in balia dei capricci del destino (il miglior talento di questa narrativa era David Foster Wallace). Padilla unisce una fortissima vena letteraria (che tuttavia contribuisce alla sensazione di freddezza tipica di questo romanzo) ad alcuni momenti di lirismo, soprattutto alla fine di ogni capitolo, che rendono il libro assai godibile. Da leggere per chi ha apprezzato lo straordinario "Tre contadini che vanno a ballare..." di Richard Powers.

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chiara171
Recensioni: 3/5

Intrigante a volte, noioso altre. Affascinante come trama, un po' confuso come stile. La storia si sviluppa su diversi piani temporali, s'intreccia e s'arrotola, inserisce nuovi indizi e personaggi, insinua teorie e poi le ritratta, come in un buon libro giallo. Ogni tanto, però, nonostante la scrittura fluida, è piuttosto difficile seguire le diverse peregrinazioni d'identità da un corpo all'altro e viene il mal di testa...un giallo surreale od un avvenimento storico romanzato?

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Vittorio Caffè
Recensioni: 4/5

Una cosa è sicura, questo Padilla sa raccontare una storia... è il tipo di libro che ti porti in treno, e finché il treno non si ferma tu continui a leggere... non sarà originalissimo, l'autore rifà molto di verso a Borges, però ha avuto una buona idea, la sviluppa bene e la porta fino in fondo. E si fa leggere benissimo.

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Recensioni

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Voce della critica

Il giovane austriaco Thadeus Dreyer, in viaggio su un treno che lo conduce al fronte per ingrossare le fila dell'esercito del Terzo Reich, scommette il suo nome e la sua vita con un ferroviere di servizio sulla stessa linea, Victor Kretzschmar. Pur di non essere arruolato, lo sfida. Vincendo, assumerà l'identità dell'altro. Se dovesse perdere, Kretzschmar lo vedrà morire davanti ai suoi occhi. Questa non è che la prima delle innumerevoli partite di scacchi giocate lungo il romanzo, tutte destinate a finire allo stesso modo. In palio è lo scambio d'identità contro il potere sulla vita e sulla morte. I bianchi mangiano i neri, e viceversa. Vincere significa sostituire i propri pezzi a quelli dell'avversario. Una buona mossa produce l'eliminazione del contendente. La regola del gioco richiama la logica impeccabile, lucidamente razionale, con cui gli avversari ambiscono alla vittoria.
Nel romanzo di Ignacio Padilla la valenza metaforica del gioco viene restituita al valore di legge suprema. Nessuno dei suoi giocatori accetta una sfida dove si scommetta meno della vita stessa. Ma non è detto che il prezzo pagato conceda una vittoria senza ombre. Passano gli anni. Il nuovo guardascambi Victor Kretzschmar vive nell'apparenza di una totale dedizione verso il suo lavoro tanto che è impossibile sospettare l'odio che cova nei confronti della sua identità di seconda mano. Nessuno immaginerebbe che il suo piano è quello di far deragliare il treno su cui viaggia Thadeus Dreyer, la cui brillante carriera militare lo ha innalzato al grado di generale. Il figlio di Kretzschmar, narratore d'eccezione, racconta i particolari di questa storia sommersa e fa trapelare l'idea che la sua stessa identità non sia scontata. L'ambigua professione della madre, costretta dalle misere condizioni di vita a dedicarsi alla prostituzione nei bordelli di Salisburgo, crea l'occasione per le visite del generale Dreyer. Il bambino che nasce da quegli incontri è il simbolo vivente dell'impossibilità di Kretzschmar di cambiare pelle, la prova indelebile, quotidiana, dell'affronto che il doppio opera a suo perpetuo danno.
La trama del romanzo di Padilla richiama un'altra storia, di molti secoli più antica. Anfitrione, valente generale tebano, è impegnato in una gloriosa campagna militare contro i Teleboi. Giove, approfittando della sua assenza, ne assume le sembianze per passare una notte d'amore con la moglie Alcmena, ignara della sostituzione. In un parto gemellare la donna darà alla luce Ificle, figlio di Anfitrione, e Ercole, generato dal padre degli dei. Nella tragi-commedia di Plauto Amphitryon , il protagonista, vittima del raggiro divino insieme al suo servitore Sosia, sa accettare il corso di questi scomodi eventi in modo esemplare. Una volta chiarita l'innocenza di Alcmena e garantita l'integrità morale della sua condotta, il protagonista accetta di occuparsi della crescita del figlio di Giove con la stessa cura che dedica alla sua stessa prole. Anfitrione è una figura mitologica la cui valenza simbolica è particolarmente controversa. Se nell'uso comune il suo nome rimanda a spiccate doti di ospitalità, il resoconto di Esiodo lascia dubitare della serena compiacenza del padrone di casa. Nella stessa etimologia è presente il segno di un'inquietudine, poiché il significato della parola Anfitrione, letteralmente rimanda a un individuo "molto tormentato". Simbolo della fedeltà ai valori di patria e famiglia, Anfitrione si dimostra un valente militare e un buon padre. Eppure già questa fase classica presenta in embrione le scomode complicazioni legate alla tematica del doppio, sviluppate in seguito. Il romanzo di Padilla è generoso di richiami intertestuali che sottolineano l'evidente intenzione di ricondurre l'opera a questo filone narrativo.
Ma se la lettura rivela esplicitamente la citazione di Il sosia di Fedor Dostoewskji attraverso il nome di Goliadkin, lo spietato manipolatore cosacco al servizio del generale Dreyer, ai lettori italiani potrebbe sfuggire proprio il rimando al dramma plautino, cui l'autore lega esplicitamente il testo. Il titolo del romanzo in lingua originale, infatti, è Amphitryon , completamente sacrificato nella versione italiana.
L'incontro dello schiavo Sosia con l'impostore che gli ruba l'identità - il dio Mercurio, che fa da complice al padre per assecondare i suoi desideri amorosi - resta nella memoria collettiva come archetipo della duplicazione, al punto che il suo stesso nome ne diventa sinonimo. L'incontro con l'identico è fin dagli esordi un fatto inquietante, non promette niente di buono e finisce per generare il dubbio sulla stessa esistenza del soggetto che si trova rimpiazzato. L'unica giustificazione plausibile alla sostituzione, riflette Sosia, è la morte. Per quanto assurda sia la circostanza, schiavo e padrone, completamente disorientati, si arrendono alla stessa conclusione. Fin dagli esordi l'incontro con il doppio non produce l'effetto di una vivifica propagazione, bensì genera un tragico scontro tra forze uguali, invariabilmente destinato all'usurpazione dell'identità e all'annientamento dell'originale, per quanto in forma parziale o temporanea. Il nome di Thadeus Dreyer, che circola, sempre conteso, lungo tutta l'opera di Padilla, è il segno di un'inquietudine radicale. Se il nome e l'identità sono separabili, il gioco mortifero che aspira a scinderle è volto non solo alla prevaricazione ma alla dissoluzione totale del soggetto. Il nome o chi lo porta non contano, perché nel caos della guerra, al servizio del Reich, la vita non ha valore. Nichilismo e moltiplicazione sono le due facce della stessa medaglia: il sostituto, l'impostore, è il doppio negativo, uno che circola con le sembianze e il nome dell'altro. Il suo ruolo impone che semini la morte. Il doppelgänger è l'incubo che incarna l'abbandono schizoide, totale assenza di controllo sulle proprie azioni.
Padilla, portavoce di una nuova tendenza letteraria ispanoamericana che si vuole libera da scomode etichette legate al modello del realismo magico, richiama nel suo romanzo luoghi lontani dalle terre d'America. L'Austria nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale e l'ambiente militare legato all'ascesa di Hitler sono il frutto di una scelta precisa. L'autore vi individua il tempo e il luogo che meglio incarnano il disgregamento delle identità nazionali e individuali. La componente sociale che viene demonizzata, la razza ebraica, vive in seno alla nazione. Gli ebrei sono nemici che si confondono tra gli eletti, rappresentano il male da estirpare entro i propri confini. Tra gli stessi militari ve ne è qualcuno le cui fattezze non nascondono una provenienza ambigua, come il crudelissimo Adolf Eichmann, personaggio del romanzo di Padilla il cui nome evoca tragiche memorie. Così la minaccia del doppio - l'assassino - viene ricondotta all'idea moderna, gotica e psicanalitica, che il detonatore in grado di distruggere l'identità risiede nell'individuo. Di uno dei vari Thadeus Dreyer è scritto che "non aveva usato il proprio potere per circuire gli altri, bensì per sterminare un'oscura moltitudine che albergava dentro di sé e nei molti nomi che aveva rubato nel corso della sua vita". Sterminare la moltitudine, eliminare l'intero inferno dentro di sé. Un'operazione che non può compiersi se non al prezzo della stessa vita. Le regole della scacchiera elevate a stile di vita e a codice d'onore stabiliscono i tempi e le vie per la realizzazione del progetto letale. Ombre senza nome è una partita di scacchi tanto inquietante quanto abilmente costruita.

Eva Milano

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