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Le tracce lasciate dall'inventiva di D'Annunzio nel lessico e nell'onomastica italiana sono note a tutti: dal nome Ornella allo pseudonimo Liala, dal termine "velivolo" alla ragione commerciale "La Rinascente". Meno conosciuti sono invece gli echi del mito dannunziano nella cultura anglosassone e negli ambienti dell'emigrazione italiana in America. Scarlini non ce ne offre in questo libretto una ricostruzione sistematica, che avrebbe richiesto una ben diversa mole di pagine. Procede invece privilegiando ora scorci poco conosciuti della biografia del Vate, ora documenti curiosi sulla fortuna della sua opera. Li inserisce in un racconto rapido, nervoso e accattivante; per chi voglia saperne di più, ogni episodio è corredato da note che vengono a costituire una preziosissima bibliografia. Assistiamo con un certo stupore all'incontro, al Ritz di Parigi, nel 1914, tra il poeta e un William Randolph Hearst desideroso di assicurarsi la sua collaborazione giornalistica; nel contempo, sugli schermi americani, Cabiria, di cui D'Annunzio ha stilato le sontuose didascalie, trionfa, per la gioia del presidente Wilson (non ancora oggetto dei feroci attacchi politici dello scrittore) e della comunità italo-americana. Una pista meno gloriosa, ma non meno significativa, conduce Scarlini nella Londra degli anni venti: lì, "secondo numerose testimonianze d'epoca, il Vate è il modello ideale di ogni cameriere nei locali di lusso italiani". Porgendo ai clienti menù istoriati in stile rinascimentale, giovanotti elegantissimi ostentano anelli, monocolo e l'inconfondibile "pizzetto malandrino". La popolarità crescente di ogni mito della letteratura ne insidia, certo, il carattere elitario. Ma quando, come nel caso di D'Annunzio, tale carattere era programmatico e deliberato, la disfatta è davvero senza appello. Mariolina Bertini
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