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I cavoli a merenda - Sergio Tofano - copertina
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Descrizione


I cavoli a merenda, «novelle scritte e illustrate da Sergio Tofano», universalmente noto sotto lo pseudonimo Sto e quale creatore del signor Bonaventura, è per molti lettori il più incantevole libro per bambini scritto in Italia nel nostro secolo. Sono tutte storie surreali, incongrue, che prendono le mosse da un qualche evento di irrisoria gravità: linvincibile guerriero Uguccion della Stagnola che rimane prigioniero della sua armatura; la ragazza Pepita, terribilmente golosa, che si arrotola su se stessa e provoca una moda che conquista le ragazze di Montesaponetta; il re che voleva le ciliege senza nocciolo, ma fu messo a posto da un saggio famoso; langosciosa infanzia del piccolo Aniceto, a cui ciascuno dei parenti vuole imporre una istitutrice di diversa nazionalità; Mamaluch Pascià, Sultano di Muizzaiseifeim che, pur non essendo un «tiranno tiranno», impone a tutti i suoi sudditi di non dormire perché lui soffre di insonnia...
Da ciascuna di queste situazioni nasce una favola e, come per ogni favola, Sto ci provvede ogni volta di un adeguato lieto fine: «Le nozze furono sontuose e da tutte le parti del regno piovvero nella reggia i regali di nozze. Perfino il boia di Stato mandò al sovrano un chilo di sapone da lui inventato per lubrificare la fune della forca».
I cavoli a merenda fu pubblicato per la prima volta nel 1920.
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Dettagli

2
1990
29 ottobre 1990
151 p., ill.
9788845907807

Voce della critica


recensione di Lugli, A., L'Indice 1991, n. 3

In un articolo sulla terza pagina del "Corriere della Sera" del 9 dicembre 1990, una visita alla sezione dei giocattoli del museo della città svedese di Lund dà l'occasione a Claudio Magris di scrivere una bellissima pagina sulla melancolia. Magris dice che accostarsi all'infanzia è difficile come accostarsi al mito, ma che è ancora più arduo rappresentarsi le cose che sono compagne di gioco del bambino. Anzi per queste ultime, per i giocattoli, non si può che provare un inquietante senso di estraneità, come se gli oggetti fossero dotati di una specie di doppia anima un po' triste e un po' perversa. I giocattoli tengono faticosamente testa al tempo e ne portano vistosamente i segni. La loro sopravvivenza continua a dare il senso di un'interruzione, come se i bambini, per entrare nel mondo degli adulti e passare dalla passione del gioco alla frivolezza dell'impegno, avessero dovuto smettere di giocare troppo presto.
I libri per bambini godono al contrario di una specie di eterna giovinezza, almeno quelli come "I cavoli a merenda" di Tofano, che nascono da un'invenzione pura, che non hanno il sottofondo di moralismo didattico, con il quale gli adulti hanno voluto sempre proporre il gioco e lo svago. Tofano è uno di quei personaggi geniali che riescono a intrecciare miracolosamente e con leggerezza, senza tradire nessuno sforzo, mondi diversi, l'arte figurativa, la letteratura, il teatro. Esordisce come attore nel 1909 con Ermete Novelli, è autore di teatro, di racconti e di fiabe, regista, scenografo e costumista illustratore prima per "Il Giornalino della Domenica" di Vamba e poi dal 28 ottobre 1917 per il "Corriere dei Piccoli", per il quale inventa il personaggio del Signor Bonaventura (firmato Sto).
Scritto nel 1920, "I cavoli a merenda" è riproposto da Adelphi in una collana rigorosamente dedicata agli adulti. L'insieme delle dieci brevi favole illustrate dà sulle prime un certo senso di spaesamento e comunica il piacere di un'incursione in un terreno riservato e senza infingimenti di prefazioni e postfazioni che giustifichino ai grandi l'attenzione a un libro tradizionalmente considerato per l'infanzia. In realtà sappiamo bene quanto la distinzione sia vaga, ma sappiamo anche che la trasgressione funziona solo se si lancia qualche ammiccamento ai grandi quando si scrive per bambini. Si può arrivare a dare qualche giustificazione non richiesta come fa Calvino che nella prefazione al "Marcovaldo ovvero Le stagioni in città" nella bella edizione einaudiana "per ragazzi" del 1963 scrive: "È un libro per bambini e ragazzi, ma senza che l'autore abbia per l'occasione creduto necessario allontanarsi dal suo ideale stilistico di una prosa articolata, agile e limpida". Per dire ai grandi che, anche fuori dal loro campo, lo scrittore non si è tradito.
C'è un filo di buona sintonia tra Calvino e Tofano, che illustra questa edizione del "Marcovaldo" e che Calvino chiama ancora in causa per dire che il suo Marcovaldo è una specie di Bonaventura al rovescio. Tofano era apparso ancora negli "Struzzi Ragazzi" nel 1977 con "Il romanzo delle mie delusioni", originariamente pubblicato a puntate sul "Corriere dei Piccoli" e poi in volume nel 1925.
Nel caso dell'edizione Adelphi sembra che la 'bonne distance' nei confronti del libro sia stata raggiunta. A Tofano peraltro Adelphi si era già dedicata con la pubblicazione delle commedie che avevano per protagonista il Signor Bonaventura (Sergio Tofano, "Il teatro di Bonaventura", a cura di Alessandro Tinterri, Adelphi, Milano 1984), con una bella prefazione, ricavata da uno scritto dello stesso Tofano apparso su "Sipario" nel 1937, in cui egli dà gli elementi fondamentali del meccanismo di osmosi tra adulto e bambino che è di tutto il suo lavoro: non si insegnano ai bambini i trucchi e le menzogne del mondo dei grandi: "I bambini che recitano per me sono malinconicissimi", ma fa una gustosa eccezione per i piccoli attori cinematografici americani, che sono spontanei a tutte le età perché appartengono a un popolo di grandi bambini. E non si propinano al bambini predicozzi lacrimosi: "Ma per carità niente quadretto familiare, niente bozzetto patriottico, niente oleografie patetico-sentimentali, niente storie lacrimevoli di piccoli saltimbanchi maltrattati o di spazzacamini affamati, n‚ drammetti pietosi di orfanelli e trovatelli derelitti, non gesti edificanti di scolaretti probi n‚ nobili azioni di balilla eroi. Facciamoli ridere".
Un tedio per il ciarpame ottocentesco e di regime di cui sono piene la letteratura italiana e la storia dell'illustrazione di questi anni si ritrova simile solo nelle avanguardie, alle quali Tofano è notoriamente vicino, tanto che pubblica nel 1913 una poesia su "Lacerba".
È venuto il momento di leggere Tofano come un bell'esperimento trasversale tra poesia d'avanguardia, arte e illustrazione. Il suo teatro per bambini e le sue favole possono ridare fiato a una lettura meno seriosa degli esperimenti futuristi di questi anni, a Fortunato Depero in particolare, anche lui vicino ai bambini e al teatro, quando collabora al "Teatro dei piccoli" di Vittorio Podrecca con le marionette de "I balli plastici" nel 1917-18. Con Tofano viene voglia di vedere ristampato, qui rigorosamente per grandi, ma con la stessa vivacità e lo stesso divertimento, il libro poetico di Corrado Govoni del 1915 "Rarefazioni e parole in libertà", nelle pagine interamente scritte e illustrate con disegni e parole, con l'autoritratto (occhi: portali gotici della cattedrale di fosforo del mio cervello, bocca: divano pallido dei baci, porta umida della sala da pranzo della bocca dove i denti giorno e notte come bianchi convitati banchettano intorno alla tavola rossa della lingua), o il palombaro: burattino per il teatro muto dei pesci. Tofano costruisce "I cavoli a merenda" con un segno analogo, un unico tratto di penna che scrive parole e continua in immagini, con figure scattanti che si incuneano nella pagina stampata. Alcune storie sembrano scappar fuori dalla penna del disegnatore prima ancora che da quella dello scrittore: un principe con una gamba in più può essere un errore di disegno prima ancora che un'invenzione della favola. Così il re che stava sempre voltato dalla stessa parte è l'esito naturale della silhouette di un vignettista.
Anche il legame velocissimo tra un'azione e l'altra delle storie è del vignettista e dell'inesauribile uomo di teatro, da cui sprizzano continue invenzioni linguistiche, in rima o no e alla rima Tofano è disposto a sacrificare tutto, sapendo, come hanno insegnato le avanguardie, che tutto deve venire dal caso (il bassotto del Signor Buonaventura nasce per far rima con otto). E anche i nomi sono vignette illustrate: il capitano con armatura Uguccion della Stagnola, sulla cui corazza la pioggia batte come su un lucernario, i nemici che assaltano Borgotrebettole sono i Tiraturaccioli, la signorina Goudevening sposa lo spagnolo Tibidado, il re con una gamba in più si chiama Trittico, il re di Strozzapopoli vuole inventare le ciliegie senza nocciolo, il saggio famoso si chiama Nompossumus e un miliardario americano viene in Italia per comprare cartoline illustrate del Colosseo.

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Conosci l'autore

Sergio Tofano

1886, Roma

Sergio Tofano, noto anche con lo pseudonimo di Sto (Roma, 20 agosto 1886 – Roma, 28 ottobre 1973), è stato un attore, regista, disegnatore e scrittore italiano. Considerato uno dei più intelligenti e versatili attori del teatro e del cinema italiano, nella sua lunga carriera fece seguire all'attività di attore e regista quella di scrittore. Artista veramente poliedrico, anche caricaturista, viene da molti ricordato come creatore del personaggio-fumetto del Signor Bonaventura, nato nel 1917 sulle pagine del «Corriere dei Piccoli». Interpretò con successo lavori di autori brillanti e drammatici, di classici e moderni: da Molnár a Shaw, da Romains a Pirandello, da Machiavelli a Molière, da Anton Cechov a Henrik Ibsen, a Kaiser, a Bertolt...

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