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I rifugi della mente - John Steiner - copertina
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I rifugi della mente - John Steiner - copertina
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Descrizione


Sono luoghi mentali in cui ci si ritira quando si vuole sfuggire a una realtà insostenibile perché angosciosa. Si tratta di zone della mente in cui trionfa l'onnipotenza e, in fantasia, qualunque cosa è permessa. Il sollievo che si ricava dal ritirarsi in questi rifugi comporta però il rischio dell'isolamento e quindi della compromissione delle relazioni con gli altri, e di una perdita di contatto con la realtà, che diventa gravissima nel caso di soggetti con un'organizzazione patologica della personalità. Il volume, ricco di resoconti ed esempi clinici, presenta, su base kleiniana, una teoria dei rifugi della mente, la cui dinamica appare con particolare chiarezza all'interno del trattamento psicoanalitico.
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Dettagli

1996
16 febbraio 1996
Libro universitario
200 p.
9788833955728

Voce della critica


recensione di Mancia, M., L'Indice 1996, n. 7

John Steiner è un analista che ha il merito, come molti colleghi kleiniani, di restare aderente alla clinica e cioè ai sentimenti del paziente e al gioco relazionale in cui il controtransfert assume un'importanza determinante per comprendere il transfert del paziente.Egli parla in questo libro di quei pazienti "difficili", che sono cioè incapaci di tollerare il dolore mentale collegato sia alla posizione schizo-paranoide sia a quella depressiva.L'intolleranza al dolore spinge questi pazienti a fuggire dal mondo delle relazioni reali creandosi dei "rifugi della mente" (da cui il bel titolo del libro) entro i quali si nascondono e si proteggono.Ma per fare questo sono costretti a usare in modo massivo l'identificazione proiettiva e l'idealizzazione.Conseguentemente, perdono il contatto con la realtà che distorcono, creando situazioni di compromesso e finendo poi, anche con le parti più sane della loro personalità, per essere tirati dentro a quell'organizzazione patologica della personalità narcisistica e perversa che si sono difensivamente creati nel loro mondo interno.Queste organizzazioni patologiche - precisa John Steiner - "indeboliscono la personalità, impediscono il contatto con la realtà e ostacolano inevitabilmente la crescita e lo sviluppo".Le difficoltà maggiori di questi pazienti sono collegate al problema della separazione.L'angoscia prodotta dal processo di acquisizione di un'identità separata viene fronteggiata appunto con un uso intenso e patologicamente difensivo dell'identificazione proiettiva, intesa nell'accezione più vasta di modalità della mente in cui parti del Sé sono scisse e proiettate in oggetti nei quali continuano a risiedere restando non disponibili per ilSé.Gli oggetti che contengono questi elementi delSé sono "i mattoni di cui è costruito il rifugio della mente.Sono saldati insieme in un raggruppamento narcisistico, e vanno a formare un'organizzazione patologica della personalità.L'Io risulta indebolito dalla perdita di questi elementi scissi ed essendo debole diventa sempre più dipendente dall'organizzazione".
Sulla linea del pensiero di Bion e di Rosenfeld, John Steiner propone per questa organizzazione patologica della personalità metafore molto efficaci come "gang mafiosa" o "organizzazione nazista".Sono esse a proteggere il paziente dalle angosce legate alla posizione schizo-paranoide e sono alla base di deliri che nascono a loro volta come difese dall'emergere di situazioni catastrofiche.Ma queste situazioni nate per evitare una catastrofe diventano esse stesse catastrofi croniche.
Una caratteristica essenziale dei "rifugi" della mente è una relazione perversa con la realtà.In alcuni rifugi psicotici la rottura con la realtà è completa.In altri, si assiste a un compromesso in cui il rifugio può divenire uno "stile di vita" narcisistico che preferisce l'idealizzazione e il sogno alla realtà.
Tra i concetti più originali di John Steiner c'è quello di "rovesciamento" dell'identificazione proiettiva.Questo consiste in un processo che presuppone l'accettazione da parte del paziente della separazione e dell'elaborazione del lutto.Essa permette al soggetto di recuperare quelle parti del Sé che si erano perdute nell'oggetto in virtù dell'uso massivo appunto dell'identificazione proiettiva.
John Steiner tocca poi un punto essenziale di ogni incontro analitico: quello tra l'identificazione proiettiva rovesciata e la realtà, con particolare riguardo al "fraintendimento originario".Quest'ultimo concetto è ripreso direttamente da Money-Kyrle che attribuisce proprio al fraintendimento tra il bambino e i genitori la causa dei disturbi della personalità fino alle forme più gravi di psicosi dove il fraintendimento è alla base di una visione distorta e delirante della realtà.
Sono noti i tre fatti primari (o preconcezioni) di cui parla Money-Kyrle: riconoscimento del seno, riconoscimento del rapporto sessuale tra i genitori, riconoscimento dell'ineluttabilità del tempo che passa e della morte.Su questi tre fatti primari possono crearsi dei fraintendimenti relativamente alla dipendenza e alla separazione dal seno, relativamente al sentimento di esclusione dalla coppia dei genitori e alla conseguente gelosia, relativamente alla paura della separazione e della morte.
Questi elementi primari ritornano nel lavoro clinico dove John Steiner differenzia le interpretazioni centrate sull'analista, che sono fondamentalmente basate sul controtransfert, dalle interpretazioni centrate sul paziente, che sono piuttosto collegate al transfert.Anche se spesso i due tipi di interpretazione sono sovrapposti e intrecciati, la sfida terapeutica è per questo autore quella di trovare un equilibrio tra i due tipi di interpretazione.Costituisce un aiuto il concetto originale di "legame" con cui John Steiner intende il rapporto "tra ciò che il paziente fa, pensa o desidera, e lo stato psichico dell'analista".Questi legami sono di fatto l'essenza del lavoro analitico, lavoro che diventa sempre più difficile quanto più profondamente il paziente è catturato dall'organizzazione patologica della sua personalità. È in virtù del legame che l'analista è in grado, attraverso il lavoro sul suo controtransfert, di crearsi uno spazio interno per le identificazioni proiettive del paziente, che potrà quindi elaborare e ritornare al paziente stesso dando loro un nuovo significato.

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