L' isola di Arturo

Scegliere di leggere questo libro subito dopo aver letto “Il conte di Montecristo” non si è rivelata, almeno all’inizio, una scelta vincente. Le prime pagine mi hanno annoiato e ho trovato difficile proseguire nella lettura: ciò che più mi dava fastidio era il disagio vissuto da Arturo, abbandonato a se stesso, senza alcun affetto, se si esclude quello del suo balio, Silvestro. Arturo cresce, così, analfabeta dei sentimenti: questo suo limite si manifesterà in particolare alla fine. Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che, per crescere, i contatti umani sono indispensabili: non basta soddisfare le necessità materiali. Il rapporto con il padre è stato, quindi, particolare: Arturo ha costruito un’immagine del padre che non corrisponde a quella reale ed ama tantissimo questo padre assente, che ogni tanto gli si concede per due chiacchiere. L’arrivo di Nunziatella cambia le cose: la forza dell’esempio del padre si fa sentire più forte che mai, tanto che Arturo inizialmente tratta con disprezzo la matrigna. Per quanto sia una vicenda lontana nel tempo, con un linguaggio diverso da quello attuale (il libro ha vinto il Premio Strega nel 1957), la storia di Arturo, per certi aspetti così piatta e povera di eventi, in qualche modo mi ha coinvolta: ero curiosa di sapere come si sarebbe evoluto il rapporto con Nunziatella, ero curiosa di sapere quali scelte avrebbe fatto Arturo…