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Goethe muore - Thomas Bernhard - copertina
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Goethe muore

Descrizione


In questo piccolo gioiello c'è in nuce tutto Bernhard: qui si ride, ci si commuove e si pensa. Il racconto che dà l'irriverente titolo al volume vede il Titano, ormai allo scorcio della vita, in fase di bilanci. Ha capito che la letteratura conta poco o nulla, e non gli resta che un unico desiderio: incontrare Wittgenstein. Convoca dunque a Weimar il filosofo, innescando una serie di esilaranti peripezie. Figura centrale nell'opera di Bernhard, Montaigne svetta nella seconda prosa, dove vediamo un giovane angariato dai genitori rifugiarsi nella torre avita e trovare lì l'unica alternativa all'orrore familiare: i libri, e nella fattispecie i libri di Montaigne. Se la famiglia è il luogo del castigo, della reclusione, dell'odio, della distruzione psicofisica, la torre, la biblioteca, i filosofi sono l'unica salvezza. Ilare e straziante è il terzo racconto, in cui due amici si incrociano in una stazione ferroviaria. E uno dei due si lascia andare a un continuo, trascinante "ti ricordi...?": ecco allora risorgere l'infanzia e genitori sadici, amanti della montagna, che costringono la prole ad arrampicarsi a ora antelucana, bardata con calzettoni e berretti rossi (per non sfuggire al soccorso alpino...). E se la madre, dispensatrice di ceffoni fisici e morali, pizzica sulla vetta la sua ridicola cetra, il padre affida a un album da disegno oscene vedute alpestri. A suggellare il congedo dai genitori sarà un grande falò di calzettoni rossi.
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Dettagli

2013
23 gennaio 2013
111 p., Brossura
9788845927591

Valutazioni e recensioni

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Astrea
Recensioni: 2/5

Gli appassionati di Thomas Bernhard sopportano stoicamente le sue intemperanze ripetitive, che riguardano sia lo stile sia il contenuto. Come una musica ossessiva le sue parole ci risuonano nelle orecchie e ci inducono una fascinazione nera, un gusto atrabiliare che ci avvince. Però, io personalmente, dopo averne letti tanti, ho raggiunto la saturazione. Ci ho riprovato con questo libro di racconti brevi, ma il risultato è stato lo stesso. Il primo prende spunto e vita dal desiderio acronico di Goethe in punto di morte di incontrare Wittgenstein, un filosofo amato da Bernhard, un incontro impossibile che avrebbe potuto fare scintille. Invece l'idea si spegne nel solito ritmo ripetitivo. Altri temi cari al nostro sono l'odio per le famiglie, lo stato di soprusi e violenza implicito in ogni struttura familiare, tema che sento mio, ma anche qui rileggiamo qualcosa di molto noto e quindi in sostanza è come rileggere sempre lo stesso libro.

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Luigi
Recensioni: 5/5

Prima lettura di Bernhard. Mi è stato consigliato sia per la brevità che per la ricchezza espressiva. Inutile dire che le aspettative sono state pienamente soddisfatte. È una raccolta di quattro, brevissimi, racconti, ma di fatto sono vere e proprie piccole opere d'arte. Mi vorrei soffermare sul penultimo: "Incontro" . È la storia di ogni figlio, e di ogni adulto in quanto figlio cresciuto. L'azione distruttice dei genitori rende perfettamente il tentativo vano di salvarsi da parte dei figli. Ma uno dei due personaggi riuscirà a scappare in tempo, ad evitare l'azione annientatrice dei suoi "torturatori". L'incipit del racconto lo annoverei fra quello dei migliori libri letti. Un libro per adulti, per adolescenti, per i figli. Un manifesto dell'autonomia e dell'indipendenza. Non lo consiglierei ai genitori. Rischierebbero di arrabbiarsi.

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MarioZenith
Recensioni: 5/5

Quattro brevissimi racconti costruiscono l'ossatura del libro. Ciascuno a suo modo un piccolo capolavoro e soprattutto indicativi dell'immensa capacità iconoclasta di Bernhard. La patria, la famiglia, l'amicizia, nulla trova scampo dal disperato nichilismo della sua scrittura. In un racconto un uomo per sfuggire all'oppressiva e angosciante presenza dei genitori si rifugia in una torre con i libri dell'amato Montaigne, in un altro l'incontro tra amici è l'occasione per esercitare il rito della memoria e tutto ciò che di negativo la frase "ti ricordi..", detta tra loro, trascina con sé e poi nell'ultimo racconto una visione onirica fa sperare che sia l'Austria intera ad andare in fiamme lasciando i fondamenti culturali cattolici e nazionalistici del paese in una desolata distesa di cenere. A dare però titolo al libro è il primo dei racconti, "Goethe muore", e qui l'ironia con la quale Bernhard tratteggia le due figure, così antitetiche tra loro, da una parte il grande poeta e dall'altra il grande filosofo Wittgenstein, è assolutamente deliziosa. Da una parte Goethe quale pilastro della cultura tedesca e delle relative certezze e dall'altra il pensatore che attraverso il pensiero logico e alla rilevanza del linguaggio nell'espressione del pensiero aveva contribuito a spezzare i dogmi della cultura romantica ed ottocentesca.

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Voce della critica

Il libro raccoglie le ultime quattro stoccate del noto autore austriaco, scomparso nel 1989. Pubblicato nel marzo 1982 su "Die Zeit" per il 150° anniversario della morte di Goethe, il racconto del titolo di copertina irride fin dalla grafia scorretta (Goethe schtirbt) il nume tutelare della letteratura tedesca. Il "Genio" è infatti ritratto "più o meno immobile nel suo letto di morte, con lo sguardo sempre rivolto alla finestra" da un io narrante incline allo sberleffo, che a sua volta riferisce di biliose, apodittiche battute captate dai segretari dell'Immortale, Riemer e Kräuter, peraltro in sotterraneo dissidio tra di loro. Siamo dunque di fronte a una di quelle spirali, sgranate nel discorso indiretto e dense di incisi, care a Bernhard. In questa struttura a doppio fondo l'autore colloca il secondo dispositivo dissacrante, una sorta di ucronia che accoppia Goethe e Wittgenstein, assegnando al Genio un ultimo insopprimibile desiderio, quello appunto di accogliere il filosofo a Weimar. Ecco allora tutto un trapestio di pellicce calate dai guardaroba del poeta, "una ventina circa" compresa quella della bisnonna Cornelia, per spedire nell'inverno londinese lo sgomento Kräuter, latore di un invito per il 22 marzo, giorno del decesso di Goethe. In una girandola continua di allusioni ai diversi luoghi e personaggi del tempo (una chicca per i germanisti), la maschera mortuaria del poeta appare contratta da un ghigno sprezzante che investe i grandi amori trascorsi, carnali e intellettuali, ma con la quale lo stesso Bernhard, ammiratore di Wittgenstein come si già si leggeva in Korrektur (1975), sotto sotto si identifica, tanto da mettere in bocca a Goethe gustose particelle del Tractatus. Netta anche la simpatia per Montaigne: il protagonista del racconto eponimo si rintana nella lettura dei suoi saggi, in fuga dalla gabbia familiare e da una pedagogia genitoriale annichilente, incardinata nei rituali tipicamente austriaci, bersaglio di una scrittura che deborda in esiti comicamente paradossali: si veda la parodia della gita domenicale nell' idillio alpino stile vecchio scarpone, qui corredato con tanto di Bibbia, tromba e cetra appese allo zaino. E come non c'è salvezza per una Heimat popolata di avidi affaristi, così a chi narra, ormai "murato senza scampo" non resta che aspettare l'ora in cui tutti saranno "definitivamente soffocati". A meno di non agire per tempo, incenerendo quel mondo di "cattolici nazionalsocialisti odiatori di ebrei e stranieri", come capita nell'ultimo frammento incompiuto con l'immagine onirica del rogo che incendia un'Austria "falsa, volgare e abietta". Sulla quale tuttavia il pendolo della memoria, con il suo moto inarrestabile, continuerà a battere. Ma in desolato sogno. Anna Chiarloni

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Conosci l'autore

Thomas Bernhard

1931, Heerlen

Thomas Bernhard (1931-1989) è figlio di una ragazza-madre che aveva lasciato l'Austria per sottrarsi allo scandalo. Ancora neonato, viene affidato ai nonni con i quali vive, prima a Vienna, poi a Seekirchen e a Salisburgo, gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Frequenta il liceo classico, che non conclude. A diciotto anni viene ricoverato in sanatorio, dove comincia a scrivere. Pubblica racconti su quotidiani e riviste e, nel 1963, il suo primo romanzo, Gelo, che vince il prestigioso premio Brema. I suoi attacchi alle istituzioni statali e a importanti personaggi politici suscitano e continueranno a suscitare scandalo. A partire dagli anni Settanta si dedica intensamente al teatro scrivendo numerosi testi che il regista Claus Peymann mette in scena quasi sempre con l'attore Bernhard...

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