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Autobiografia - Thomas Bernhard - copertina
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Descrizione


Nei cinque libri autobiografici pubblicati da Bernhard fra il 1975 e il 1982 ("L'origine", "La cantina", "Il respiro", "Il freddo", "Un bambino"), e qui radunati per la prima volta, il lettore troverà, di là dalle vertiginose architetture linguistico-musicali dei romanzi, di là dalle riflessioni filosonco-maniacali e dalle feroci tirate dell'implacabile "artista dell'iperbole", la narrazione cruda e immediata della sua vita - una narrazione che non risparmia nulla dei dettagli più urtanti ed eloquenti. Come la rete che dondola, sospesa al soffitto di un barcone in un canale di Rotterdam, dove piange il bambino messo al mondo dalla "madre nubile" in Olanda per non dare scandalo nell'Austria provinciale e bigotta. O come i terribili convitti frequentati in Austria e nella "Grande Germania", con sadici e ottusi educatori prima in divisa nazista e poi in abito talare; o, infine, il fetido "trapassatoio", anticamera della morte nel sanatorio, fra tisici in attesa della bara di zinco: quella turba di pazienti intubati e perforati ogni giorno, quella Comunità della Sputacchiera di cui Bernhard diventa membro a pieno titolo. Eppure, nonostante tutto, quel diciottenne dalla volontà caparbia decide di resistere e vivere, tenendo testa - con implacabile dizione - alla malattia del corpo e dello spirito.
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Dettagli

2011
16 novembre 2011
LXXVII-631 p., Rilegato
9788845926389

Valutazioni e recensioni

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ernesto
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Tempo fa ero in auto e alla radio ascoltai questa cosa stupefacente. Il giovane vincitore del Premio Viareggio, alla domanda di chi fosse lo scrittore da lui amato, rispose: "Domanda facile, risposta facile: Thomas Bernhard. Uno legge Il Respiro e può tranquillamente buttare via tutta la cartaccia inutile sulla quale sono scritte miliardi di banalità. Un libretto che, da solo, vale tutto quello che avete nella vostra biblioteca". Io, adoratore di Bernhard, trovai fantastica questa "esagerazione". Così come trovo incomprensibile, accademico, e dunque, dannoso ciò che scrive questa Grazia Pulvirenti. Una persona solo per il fatto di insegnare letteratura tedesca crede di dire cose intelligenti. Cara Pulvirenti, Bernhard l'avrebbe detestata.

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Voce della critica

  "Tentativo", scrive Thomas Bernhard (1931-1989), è l'atto di approssimazione con cui l'individuo si confronta con la realtà, con la verità. E così anche la narrazione della propria esistenza non presume di attingere alcuna forma totalizzante, né la perfezione, né l'integrità del ricordo, costituita com'è da "migliaia di brandelli di possibilità e ricordi" (Il respiro). Gli scritti autobiografici − già apparsi per Adelphi in traduzione italiana (a cura di Eugenio Bernardi, Renata Colorni, Umberto Gandini e Anna Ruchat) e adesso qui raccolti dallo stesso benemerito editore (a cura di Luigi Reitani, autore oltre che dell'introduzione di un utile apparato critico) − offrono non uno scorcio delle vicende intime e tormentate di un uomo, ma un vero e proprio groviglio di immagini. Immagini fortemente iconiche e al tempo stesso evocative, immagini di un percorso esistenziale attraversato dalla malattia e dalla guerra, e di vicende che hanno segnato drammaticamente la storia di un quartiere, Scherzhauserfeld, di una provincia, Salisburgo con la sua "infida facciata", di un paese, l'Austria del Terzo Reich e del dopoguerra, di un mondo intero. In un continuo riflettersi di micro e macrostoria, si stagliano figure protagoniste della costante lotta fra oppressi e oppressori, della perdurante antitesi fra conformismo e libertà di spirito. Il tutto, si badi bene, è messo in atto non attraverso il totalitarismo di una pretesa di oggettività, ma nella rivendicazione del diritto alla soggettività della visione, imposta da un artista "dell'esagerazione" (Wendelin Schmidt-Dengler), che dell'esasperazione di alcuni motivi stilistici e tematici ha fatto la sua personale arma di "liberazione" e di lotta, come testimoniano le numerose polemiche infuriate nella "sua" Austria fino al suo ultimo giorno di vita. Fra le pagine di L'origine. Un accenno (1975), La cantina. Una via di scampo (1976), Il respiro. Una decisione (1978), Il freddo. Una segregazione (1981), Un bambino (1982), Bernhard mette in scena, nell'artificio della sua "finzione", "il contenuto di verità della menzogna", la sua menzogna, dalla quale emerge per converso la verità baroccamente costruita attraverso l'iperbole, recitata da un falsario consapevole di operare quel ribaltamento di piani che consente, in una mise en abîme del vero, di costruire, per metafora, la grande metafora dell'esistenza, fatta di paria e derelitti, demoni interiori e mostri della storia. Ed ecco che una delle principali forme del pensiero e dell'espressività dell'essere umano di ogni epoca e latitudine, la metafora, dalle caratteristiche dinamiche di non linearità in grado di integrare diverse attività sincronicamente, funge da prisma di rifrazione di una scrittura che in essa trova il suo motore di significazione. La scrittura autobiografica di Bernhard, non lineare e cronologicamente discontinua (come è noto, la conclusione è rappresentata dalla riscoperta delle origini nel periodo dell'infanzia: Un bambino), diviene narrazione metaforica dalla quale emerge un cosmo, costruito in maniera eccentrica, asimmetrica, secondo il principio in cui si manifestano i fenomeni della realtà, fatto di segni "artificiali" che, nell'evidenza della finzione, rivendicano la spietata verità soggettiva dell'osservazione da entomologo di un mondo claustrofobico, un mondo popolato da figure di derelitti e sopravvissuti, costituito dagli spazi oppressivi del collegio, del sanatorio, del rifugio antiaereo, della provincia cattolica, rimasta profondamente avvinta al retaggio del nazionalsocialismo. Attento a scorgere la piaga purulenta del suo tempo, Bernhard fa del nazismo una metafora del totalitarismo, contro il quale la sua parola ha sempre lottato, con la forza "debole" di arma del "paria"; ma il paria con il suo bisturi, pur non potendo cambiare il corso della storia, ne incide il vero volto nella pagina lacerata e sanguinante di una microstoria indimenticabile. Grazia Pulvirenti

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Conosci l'autore

Thomas Bernhard

1931, Heerlen

Thomas Bernhard (1931-1989) è figlio di una ragazza-madre che aveva lasciato l'Austria per sottrarsi allo scandalo. Ancora neonato, viene affidato ai nonni con i quali vive, prima a Vienna, poi a Seekirchen e a Salisburgo, gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Frequenta il liceo classico, che non conclude. A diciotto anni viene ricoverato in sanatorio, dove comincia a scrivere. Pubblica racconti su quotidiani e riviste e, nel 1963, il suo primo romanzo, Gelo, che vince il prestigioso premio Brema. I suoi attacchi alle istituzioni statali e a importanti personaggi politici suscitano e continueranno a suscitare scandalo. A partire dagli anni Settanta si dedica intensamente al teatro scrivendo numerosi testi che il regista Claus Peymann mette in scena quasi sempre con l'attore Bernhard...

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