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2
1996
1 gennaio 1996
240 p., ill.
9788845601187

Voce della critica


recensione di Marangi, M., L'Indice 1997, n.11

"Zeta cinema" è una collana di storia e teoria del cinema diretta da Leonardo Quaresima per Campanotto con l'obiettivo di allargare l'orizzonte critico cinematografico, sia in senso teorico che storico. Due le direttrici principali: la ricognizione di figure e percorsi del passato inesplorati o dimenticati; l'isolamento di zone limite del sistema cinematografico contemporaneo. I primi due volumi usciti sono dedicati a Henri Storck e a Carlo L. Ragghianti. Nell'analisi del cinema contemporaneo si punta invece a un confronto con altri linguaggi che travalica gli steccati delle categorie rigide e delle appartenenze disciplinari. Ne è un esempio questo libro su cinema e fumetto.
Cinema e fumetto avranno sempre una cosa in comune: l'età. Il 7 luglio 1895 apparve sul "New York Word" la prima tavola di Yellow Kid, di Richard Felton Outcault. Il 28 dicembre 1895, a Parigi, Louis e Auguste Lumière organizzarono la prima proiezione cinematografica pubblica. I curatori del libro chiariscono però che non si tratta di un volume celebrativo, ma del tentativo di seguire i due mezzi di espressione lungo il secolo, con trasversalità più ampie, legate al linguaggio, all'iconografia, alle mitologie. Altra avvertenza esplicita: non si affronta il disegno animato, linguaggio a sé che richiederebbe una riflessione specifica.
Dopo l'analisi di Gino Frezza sul mutamento delle tipologie degli eroi dei fumetti dalle origini a oggi, Daniele Barbieri utilizza la prospettiva semiotica per un confronto tra cinema e fumetto, sottolineando analogie e differenze.
L'approccio storico si articola in diversi interventi. Ferruccio Giromini segue le specifiche evoluzioni e le tendenze principali di cinema e fumetto nel corso dei primi decenni del secolo fino ai punti di svolta verso nuove modalità alla fine degli anni venti: il sopravvento del sonoro sul cinema muto e l'affermazione dei fumetti d'avventura che prevalgono sui "comics" precedenti. Tra gli anni trenta e gli anni cinquanta, Enrico Fornaroli analizza l'influsso del cinema classico americano sul fumetto, che si trasforma radicalmente, con eroi maturi che agiscono in scenari più complessi, attraverso dispositivi stilistici e narrativi più articolati che mutuano la strutturazione in generi tipica del cinema hollywoodiano. Anche negli anni settanta, secondo Daniele Brolli, il fumetto riprende scelte narrative tipicamente cinematografiche. Ma in questo caso si tratta del cinema indipendente americano, di cui si condivide l'attenzione verso soggetti quotidiani e la forte asciuttezza narrativa, oltre al recupero della lezione della serie B anni cinquanta e sessanta: Corman per il cinema e le serie "horror" e grottesche della Entertaining Comics per il fumetto.
Il cinema degli ultimi decenni, secondo Sergio Brancato, non solo traspone sullo schermo gli eroi della carta, da Superman a Dick Tracy a Batman, ma spesso assume le soluzioni espressive, i linguaggi, i simbolismi tipici del fumetto: sintomatici i casi di Moebius che influenza il Ridley Scott di "Alien* e "Blade Runner" o di Frank Miller, che anticipa il filone "cyberpunk" e riscrive in chiave crepuscolare Batman, ispirando il tono dei film di Tim Burton. Particolare è il caso giapponese, con il successo mondiale dei "manga", che spesso diventano trasversali a più campi mediatici, dal fumetto al cinema, attraverso i "videogame" e i programmi televisivi.
Tre capitoli esemplificano casi concreti di passaggio da un ambito all'altro. Dal fumetto al cinema è emblematico il successo di Batman, creato da Bob Kane nel 1939 e portato sullo schermo a più riprese. Michele Canosa si concentra sui film di Tim Burton, indagandone i riferimenti simbolici e stilistici sia con il fumetto che con il cinema del passato e la sua importanza nell'influenzare molte opere nere e "cyber" degli anni novanta. Il percorso inverso è quello di Dylan Dog, creato da Tiziano Sclavi, che non nasconde i molteplici riferimenti cinematografici. Luca Crovi indaga le caratteristiche fondamentali di Dylan e del suo universo simbolico, giungendo a stilare una filmografia ideale dell'oscuro eroe: tra i titoli "Freaks", "Brazil", "Psycho", "Phenomena", "Un chien andalou", "Rosemary's Baby", "La notte dei morti viventi". Giacomo Manzoli sottolinea invece il costante ricorso a volti cinematografici per dare vita agli eroi dei fumetti, proponendo una casistica dei principali modi in cui avviene tale scambio.
L'ultimo capitolo è un saggio di Francis Lacassin del 1966, inedito in Italia, che analizza i rapporti tra Alain Resnais e il fumetto, vera scuola formativa per l'autore francese fin dalla sua infanzia. Non a caso tale amore sarà esplicitato con "La vita è un romanzo" (1983), le cui scenografie sono realizzate da Bilal, e soprattutto con "Voglio tornare a casa" (1989), che vede un "cartoonist" come protagonista ed è stato sceneggiato da Feiffer.

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