Le formazioni autonome nella Resistenza italiana

Ogni giornale, ogni notiziario presenta i personaggi della grande scena politica con un linguaggio sensazionalistico, tutto ha un perché, tutto è un conflitto di interessi, tutto è un continuo crescendo di informazioni più o meno costruttive. Mi considero una profana in questo ambiente, nelle parole lette ho trovato delle risposte e spunti per continuare ad approfondire argomenti legati alla nuova moda che oggi tutto è politica. Lo scambio di informazioni oggi ha un carattere approssimativo, quanti cerchiamo ad arricchire il nostro bagaglio culturale per costruire … Il libro è una grande lezione di quello che succede intorno da una decina di anni, come è successo, perché è successo e come grandi sociologi, filosofi hanno predetto tutto ciò.

Il testo, curato da Tommaso Piffer, contiene 13 saggi di altrettanti Autori, volti ad illustrare il fenomeno della Resistenza italiana mettendone in evidenza le componenti autonome rispetto alla tradizionale vulgata di un movimento di liberazione monolitico stretto intorno al Partito comunista. Come ben rileva Galli della Loggia nel saggio di apertura, le formazioni autonome "nascono sulla spinta del patriottismo", vale a dire lottano strenuamente per liberare la patria dall'oppressore nazifascista, senza prefiggersi scopi sociali, nè tanto meno rivoluzionari, al termine del conflitto. Rientrano in tale accezione svariate formazioni, da quelle di orientamento cattolico, a quelle di ispirazione liberale, ai gruppi nati dai quadri dell'esercito e, solo per citarne qualcuna, si potrebbero ricordare la Brigata Maiella, le formazioni "Mauri", le Fiamme Verdi bresciane, la sfortunata "Osoppo" operante nel Friuli... La Resistenza cosiddetta autonoma diede un significativo apporto in termini numerici, ebbe generalmente un buon rapporto con le popolazioni locali cercando di evitare inutili rappresaglie da parte del nemico, ebbe un ruolo importante nelle trattative con gli Alleati, eppure - come ben evidenzia Piffer nell'Introduzione - "perse la guerra della memoria". A maggior ragione è oggi meritevole la pubblicazione di questo bel volume, a ricordo del valore e del sacrificio di quelle formazioni che lottarono per consegnarci un Paese libero e democratico.

E' un libro molto interessante, scritto da un Professore universitario, esperto di comunicazione, il quale analizza la neolingua dei populisti. Il saggio si incentra su cinque parole chiave: popolo, autenticità, tecnologia, disintermediazione e democrazia diretta. E' un'analisi sociologica a 360 gradi, che non riguarda soltanto i protagonisti della scena politica. Sono numerosi i temi sui quali si sofferma l'autore: l'avvento della tv commerciale, il tramonto delle classi sociali, la disintermediazione dei corpi intermedi, la personalizzazione della politica, la propaganda sui social network, ecc. E' un libro che consiglio assolutamente di leggere!