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Segni di Toscana. Identità e territorio attraverso l'araldica dei comuni: storia e invenzione grafica (secoli XIII-XVII) - Vieri Favini,Alessandro Savorelli - copertina
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Segni di Toscana. Identità e territorio attraverso l'araldica dei comuni: storia e invenzione grafica (secoli XIII-XVII) - Vieri Favini,Alessandro Savorelli - copertina

Descrizione


L'araldica (benché nell'opinione comune sia legata a problemi genealogico-nobiliari) è a pieno titolo una delle fonti della storia. A partire dal medioevo l'uso di insegne araldiche si estese dal mondo feudale a nuovi soggetti "impersonali", città, borghi, corporazioni, ospedali, fazioni, magistrature, compagnie etc., contribuendo a creare forme di autorappresentazione simbolica della società e del territorio, identità, appartenenze politiche e rituali collettivi. Il volume tenta di fornire una chiave metodologica e alcuni modelli della comprensione del fenomeno dell'araldica pubblica nel suo sviluppo, sgombrando il campo da molti luoghi comuni che affliggono gli studi sull'argomento. La Toscana, conservando nel settore una delle documentazioni visive e archivistiche più vaste d'Europa, offre uno straordinario campo d'indagine sulla storia di questo genere di segni, che da otto secoli caratterizza il paesaggio e la cultura del continente.
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Dettagli

2006
1 gennaio 2006
190 p., ill. , Brossura
9788871669496

Voce della critica

È dagli anni sessanta del Novecento che l'araldica in Italia si sta faticosamente riscattando da un drammatico vuoto metodologico e dai pesanti condizionamenti genealogici e nobiliari cui la lega ancora l'opinione comune: e questo grazie al contributo di storici puri o studiosi di discipline ausiliarie della storia, medievisti, storici del diritto, sigillografi, archivisti, come Giacomo Carlo Bascapé, Giuseppe Plessi, Eugenio Dupré Theseider, Hannelore Groneuer Zug Tucci. Pensare che in Germania come in Francia, sin dall'Ottocento si era riconosciuta nell'araldica intesa in senso proprio (come studio degli stemmi, loro usi e significati) un'importante chiave di lettura degli orizzonti mentali e materiali dell'Occidente latino dalla seconda metà del XII secolo in avanti. Da quando, cioè, gli stemmi si affermarono come linguaggio visivo di identificazione d'uso quotidiano, comunemente condiviso.
Nel 1999 Alessandro Savorelli, storico della filosofia attento alla simbologia delle istituzioni pubbliche, con Piero della Francesca e l'ultima crociata. Araldica, storia e arte tra gotico e Rinascimento (Le Lettere) mostrò con rigore come in campo storico-artistico e iconologico gli stemmi offrano informazioni preziose sulla cronologia, la committenza, il significato di un'opera d'arte, purché si tenga conto della complessità e della specificità del messaggio araldico e al contempo si incrocino i dati ottenuti con quelli forniti da altre discipline.
In Segni di Toscana Savorelli è affiancato da un giovane studioso dell'araldica civica toscana, Vieri Favini. Di nuovo, ne è nato un volume esemplare dal punto di vista metodologico, che si rivolge a una pluralità di destinatari: allo storico puro o a quello dei simboli, ma anche a chi esercita professioni proiettate più esplicitamente nella contemporaneità, come la grafica e la comunicazione istituzionale delle realtà locali. Protagonisti del libro sono quei soggetti collettivi (comuni, magistrature, corporazioni, societates, rioni, istituti di assistenza, confraternite) tipici della civiltà comunale, che si rappresentarono attraverso uno o più stemmi. Ricorrendo all'araldica, queste istituzioni fecero propria una categoria di emblemi che era inizialmente personale o familiare e limitata all'aristocrazia militare, ma ben presto si era estesa al resto della società.
L'area geografica interessata dall'indagine è soprattutto la Toscana, regione che in campo araldico conserva una documentazione archivistica e iconografica (si pensi solo ai grandi palazzi pubblici dalle facciate ricoperte di scudi) tra le più vaste d'Europa. In quest'area il discorso è intimamente legato all'elevato numero di comuni (gli attuali sono meno di trecento, ma prima delle riforme illuminate del granduca Pietro Leopoldo se ne contavano oltre il doppio) e l'ampia autonomia politica e amministrativa da essi raggiunta.
Il volume presenta una struttura tripartita. La sezione introduttiva è dedicata ai meccanismi del "mito araldico", ossia alle interpretazioni degli stemmi civici nate tanto all'interno della civiltà comunale quanto dell'erudizione tardiva, e all'attuale confronto con le fonti, considerate nella loro natura e distribuzione. Segue uno "sguardo d'insieme" da cui emerge, attraverso il filtro dell'araldica, tutta la complessità del mondo comunale toscano e l'intrecciarsi in esso di forme differenti di solidarietà cittadine; un dinamismo rappresentativo che spesso si traduce in una pluralità d'insegne in uso per lo stesso comune (il caso più evidente è quello di Firenze, che raramente esibisce il solo giglio, accompagnandolo ad altri emblemi). Spesso per spiegare simili insegne plurali non è sufficiente l'immediato riferimento allo sdoppiamento comune/popolo. Le pagine successive presentano ulteriori "messe a fuoco" sulle insegne di Prato e sul problema dell'identificazione geografica, amministrativa e araldica del suo territorio nel corso dei secoli; sul rapporto tra l'organizzazione amministrativa dello Stato di Siena tra medioevo e prima età moderna e la sua rappresentazione araldica, con un occhio di riguardo per isole residue di giurisdizione signorile; su analoghe problematiche per una circoscrizione amministrativa e giudiziaria del Contado di Firenze, il Vicariato di Certaldo. Da ultimo, un approfondimento innovativo sull'identificazione emblematica dei quartieri e delle societates di differenti città italiane e delle arti di Firenze, queste ultime oggetto di un contributo di Vanessa Gabelli.
Il testo nel suo complesso rivela la familiarità degli autori con la produzione storiografica recente sulle differenti autonomie cittadine (da Artifoni e Ascheri a Zenobi e Zorzi, passando per Chittolini e Maire-Vigueur). È insomma il frutto del lavoro di una nuova generazione di araldisti nutrita dalle scienze storiche, in dialogo con la contemporaneità: l'attuale società dell'immagine "non solo inconsciamente, assume spesso stilemi, forme e abitudini dell'araldica medievale, ma ha qualcosa da imparare (…) dalla semplicità, icasticità e immediatezza del messaggio che emana dalle figure araldiche".
  Luisa Clotilde Gentile

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Conosci l'autore

è ricercatore presso la Scuola Normale di Pisa e collaboratore del “Giornale critico della filosofia italiana”. Autore di volumi e saggi sul pensiero italiano fra ‘700 e ‘900, ha curato fra l’altro edizioni di opere di Spaventa e di Croce.

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