La seconda ora d'arte

Il secondo volume di Montanari è un po' sotto tono rispetto al primo. Non mancano perle di raffinatezza, ma le occasioni per sferzate nei confronti dei nostri governanti o polemiche in generale sula mala amministrazione italiana hanno disturbato il piacere di leggere e soprattutto allontanato dal tema principale, che se non sbaglio dovrebbe essere l'arte. Voto 3,5.

Come il primo 'ora d'arte' questo libro colleziona alcuni articoli pubblicati da Montanari su Repubblica e altri quotidiani. Sono brevi pagine di arte, ricchissime di riflessioni su arte, attualità e.. umanità. E' il modo di scoprire opere meno note, di rileggerne altre assai celebri e di riflettere su molti argomenti di assoluta attualità. Molto molto bello.

Un foglio a quadretti su cui una matita realizza magistralmente un Papa denudato (1805); dal genio di Jacques Louis David, lo studio di un Pio VII chino su una sedia, gli arti nemmeno tanto rilassati, anzi in un fisico quasi in forma, seppur non giovanissimo. Lo sguardo lontano a meditare qualcosa, incurante dell'esser senza veli, come a sposare le nudità del dentro e del fuori in un corpo che si offre alle voraci leggi del tempo, eterne e fuggevoli, fissate da quei tratti assoluti. Non dico che possa bastare a esaltare la bellezza di questo libro, ma certo libera senza molte rifiniture complimentose quest'altra silloge di gusto firmata da Tomaso Montanari. Altri lembi scoperti nelle cave della storia artistica, altra navigazione fra porti mai intravisti, altro smarrimento nel quale la curiosità, marinaio mai sazio, può continuare a volteggiare. Tributo a capolavori infiniti, come la sepoltura del Conte di Orgaz di El Greco, accanto a carezze ignote che di colpo scaldano la vista e le antenne di dentro, il sensibile fra i cieli del senso, un bagno fra acque insolite, perchè un giorno senza uno stelo nuovo è forse prigione di aria consumata. Dico solo che la deposizione di Safet Zec (di appena sette anni fa) è un castone insuperato nel chiasso di questa greve modernità, una culla di genio, un riparo interiore dove ogni granello di carità sente e tocca il suo adagio incarnato. Ma le scelte annegano in altre scelte, e non resta anche qui che un fidato abbandono. Andiamocene allora a oziare negli interni del cotonificio di Edgar Degas, o perdiamoci nel silenzio di una gita in canoa come cesellata dai pennelli di Thomas Eakins. Ognuno si getti nel suo elemento, qui dentro lo troverà. Libero un altro nome mai sentito prima, quello dello scultore Quinto Martini (mancato solo 30 anni fa). Ed è l'ennesimo felicissimo tonfo fra i doni e il mondo di un artista che grazie a Montanari diventa di casa. Non perdete queste pagine. Vi perdereste fra altre senz'altro meno belle.