Scrivere di follia

Discreto, anche se mi sono piaciuti più i precedenti.

Valutazione: 5/5 Patrick McGrath, autore di “Follia”, un libro che ha riscosso un grandissimo successo, con questo saggio, “Scrivere di follia”, ritorna a un tema a lui caro e lo riprende a partire dalla sua infanzia trascorsa in una depandance di un pericoloso manicomio criminale: Broadmoor situato nei dintorni di Londra, di cui il padre era direttore. Patrick ci presenta il padre come “un uomo forte e robusto” e con “una personalità spiccata e una mente brillante” deciso a migliorare quel manicomio malfunzionante e sovraffollato. Anche se i suoi sforzi si scontravano con gli elementi più conservativi della struttura lui non si arrendeva perché fermamente convinto dei suoi propositi come quello di aprire le porte del manicomio ai pazienti meno pericolosi ai quali affiderà la cura dell’orto che circondava l’edificio. Patrick fin da piccolo si intratteneva con loro e la madre ogni pomeriggio offriva loro latte e biscotti durante la breve pausa. Sotto la guida del padre Broadmoor divenne, pur nella sua problematicità, una struttura ben ordinata. Patrick trascorse la sua infanzia in questo contesto e per lui Broadmoor era “un posto idilliaco”. Solo più tardi si rese conto di quanto fosse considerato strano crescere in un ospedale psichiatrico. Dal padre assimilò idee, concetti intorno a cosa fosse la follia, considerata da quest’ultimo più che una malattia l’evidenziarsi di più sintomi di una “personalità in frantumi”. Patrick, fin dalla tenera età, leggeva storie orrorifiche, infatti leggeva Blockvod, James, Le Fou e continuerà con gli altri classici autori gotici. Il suo interesse era ben delineato ma non seguirà le orme del padre come quest’ultimo avrebbe voluto: diventerà invece uno scrittore di follia e nei suoi primi romanzi ha raccontato delle storie di crimini che aveva sentito dal padre. Ecco com’è nato il suo interesse per gli abissi dell’animo umano. Recensione completa sul blog