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scheda di Bianchetti, C. L'Indice del 2000, n. 09
Dopo aver dedicato un libro alle frequentazioni letterarie degli architetti (Il saggio l'architettura e le arti, edito da Campanotto nel 1998), Gianni Contessi continua la sua riflessione sull'architetto umanista, affrontando il tema del disegno e inseguendolo negli "esercizi di scrittura disegnata" di Piranesi, Quarenghi, Clerisseau, Boullée, Ledoux, Schinkel, ma anche di Ruskin, Villet-le-Duc, Boito. L'angolazione è fissata sui secoli XVIII e XIX, con una proiezione finale sul Novecento. Protagonisti di questa storia sono gli architetti che ricorrono più frequentemente di altri alla pittura per dare sembianze visive al loro pensiero, ma prima ancora è il disegno stesso, esercizio fragile, che si carica di un compito arduo: rendere esperibile fino in fondo l'idea progettuale la cui realizzazione può essere, per molte ragioni, compromessa. La questione del disegno sembra oggi relegata a cultori e saperi marginali. Ma essa rimane ineludibile entro una concezione dell'architettura che per Contessi sopravvive alle attuali tendenze professionali, specializzate e settoriali. Quello dell'architetto rimane, in altre parole, un mestiere a costante vocazione umanistica. Con una venatura romantica, l'autore sottolinea il disagio, quasi l'infelicità di un fare obbligato a continui sconfinamenti, a guardare sempre oltre, privo dell'immediatezza e dell'articolazione espressiva di altre arti, costretto a subire il divario tra ideazione ed esecuzione. Il sentirsi al centro di un intreccio di saperi diversi, fa sì che ogni scelta lasci scoperta qualche pulsione.
Cristina Bianchetti
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