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Descrizione


I saggi di Michel de Certeau raccolti in questo volume riguardano temi diversi: l'origine e la fondazione dell'antropologia e deIl'etnografia, il rapporto scrittura/oralità, la scrittura della storia e, più in generale, l'epistemologia dell'antropologia e delle scienze umane. Ciò che li unisce è la scrittura in quanto forma fondamentale secondo cui l'Occidente organizza il proprio rapporto con l'altro e con la parola dell'altro."Che cosa fa il sapere occidentale quando scrive l'altro?" è la domanda sottesa a queste pagine; una domanda che Certeau trasforma in un interrogativo più complesso: "Cosa fa un sapere che, alfine di comprendere, trasforma ciò che è vissuto dall'altro in scrittura?".
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Dettagli

2004
1 novembre 2004
XXXI-115 p., Brossura
9788870789324

Voce della critica

Il nome e l'opera di Michel de Certeau (1925-1986), tranne qualche eccezione fra studiosi di semiotica e di mistica cristiana, sono poco noti in Italia; e fuori commercio i principali libri tradotti in italiano. È quindi assai positivo pubblicare inediti e ristampare testi ormai introvabili, come quelli inclusi in questo volume, che riunisce un saggio su Lafitau (autore nel 1724 di un'opera sui costumi dei selvaggi americani), originariamente pubblicato da Certeau nel 1980 nei "Yale French Studies", e tre capitoli dall'opera del 1975 La scrittura della storia (su Jean de Léry, che viaggia a fine Cinquecento in Brasile, e sulla parola della posseduta; in appendice, le pagine intitolate L'altro nella scrittura della storia). Essi costituiscono un buon esempio dell'originalissimo percorso intellettuale di Certeau.

Membro della Compagnia di Gesù, protagonista di leggendari seminari presso l'Università di Parigi (come anche a Urbino e San Diego), nei primi anni sessanta collaborò con Lacan alla fondazione dell'école freudienne; nel settembre '68 pubblicò uno dei migliori libri sul "maggio francese", La prise de parole. Specialista della storia religiosa francese dei secoli XVI-XVII, lavorò all'edizione critica delle opere del mistico gesuita Surin, a una ricerca sulla possessione di Loudun, e raccolse con il titolo di Fabula mistica una serie di saggi a tutt'oggi fondamentali sull'argomento. Dotato di un'erudizione sconfinata e di molteplici interessi che spaziano dalla linguistica all'antropologia, dalla psicoanalisi alla critica letteraria e alla storiografia, conoscitore di molte lingue, nel corso degli anni settanta Certeau viaggia in Messico, Brasile e Cile; dal 1975 in avanti insegna in California, e soltanto nel 1984, poco prima della morte, ottiene un incarico stabile presso l'Ecole des Hautes études.

Come è accaduto con altri pensatori francesi della sua generazione (penso a Foucault ma soprattutto a Derrida), Certeau gode attualmente di una rinnovata fortuna in Francia e fuori; e questa rinascita è anche dovuta al ruolo svolto dalla ricezione nel mondo anglofono, come testimoniano gli studi assai stimolanti pubblicati nell'ultimo decennio da Ahearne, da Buchanan e da Highmore, e la crescente influenza che la pionieristica ricerca su L'invenzione del quotidiano riveste da oltre vent'anni nel campo degli studi culturali di lingua inglese.

Tra le migliori introduzioni all'opera certiana, che non è certo di scorrevole lettura − insieme ai testi su Il parlare angelico curati da Carlo Ossola nel 1988 − spicca una splendida selezione in inglese curata da Wlad Godzich e pubblicata a Minneapolis lo stesso anno della morte. Con il titolo di Heterologies, scelto da Certeau stesso, l'antologia è certamente tra i lavori che meglio documentano la straordinaria capacità di questo studioso di padroneggiare mirabilmente strumentazioni teoriche, apparati disciplinari e concettualizzazioni provenienti da territori scientifici assai diversi.

Termine assai felice e declinato al plurale, eterologia ha un significato complesso, e non può esaurirsi nella mera descrizione di una tensione verso l'altro, o essere disciplinato all'interno del sapere antropologico; né l'eterologia è riducibile soltanto a una pratica di scrittura. Si tratta piuttosto di un concetto le cui radici intellettuali, politiche e religiose contribuiscono a delineare un insieme di comportamenti nei confronti delle differenze, che è a un tempo di attesa, di desiderio, di rappresentazione. Così è infatti per i mistici, e anche per la prospettiva messianica della storia disegnata da Benjamin all'inizio del secolo XX e poi ripresa da Derrida nella sua rilettura del saggio benjaminiano sulla violenza, come ha prospettato lo studioso De Vries in un importante contributo sulle affinità che uniscono questi tre autori nell'analisi del carattere sacro della legge e del suo rapporto con la violenza.

Inoltre, nella concezione certiana dell'eterologia come rapporto tra scrittura e storia, occorre considerare che la scrittura non è mai considerata per se stessa o in relazione con la letteratura. Lo scrivere si trova in relazione con il parlare e anche con il vedere, in una triangolazione in continuo movimento, mai riducibile al solo binomio classico oralità/scrittura. Quando parla di "scrivere l'altro", Certeau intende sempre anche un "guardare" e "ascoltare" l'altro, dove ciascuna di queste funzioni si colloca all'interno di una gerarchia di significato a seconda di chi la compie. Amerigo Vespucci, raffigurato all'inizio del Seicento in un'illustrazione posta a premessa di La scrittura della storia, viene rappresentato mentre guarda e sta per scrivere sul corpo dell'indiana America; la quale presumibilmente si lascia guardare e parla soltanto. Così è per la popolazione dei Tupi, i quali guardano a loro volta Jean de Lèry che nel suo viaggio in Brasile nel 1587 li ascolta e li de-scrive. E similmente per la posseduta, che urla e viene guardata, ma poi scrive, come Jeanne des Anges. Inoltre, non c'è solo un'alterità di origine cristiana nella eterologia di Certeau, ma anche, come aveva giustamente osservato Godzich, un'attenzione verso l'altro assai vicina a quella di ispirazione levinasiana: anziché un'azione che si esercita unicamente verso e sull'altro, si tratta anche di un richiamo da cui si è interpellati e che proviene dall'altro.

Sono questi i temi che tornano lungo tutta l'opera certiana, ma è soprattutto nei lavori più impegnativi che il continuo gioco tra immagine, oralità e scrittura si trova dispiegato con una ampiezza sbalorditiva, e alimentato da apporti delle più diverse provenienze, come mostrano − accanto a quelle in cui si analizzano le immagini relative a Vespucci e Lafitau incluse nel volume di Cortina − le pagine straordinarie su Hieronimus Bosch della Fabula mistica.

Pubblicata nel 1975 dall'editore Gallimard, La scrittura della storia è organizzata in quattro sezioni principali: la prima affronta la produzione del luogo in cui lavora lo/a storico/a, e comprende una lunga rielaborazione del saggio che introduceva i tre volumi Faire de l'histoire, curati da Le Goff e Nora nel 1974, ma escluso dalla edizione ridotta italiana (Fare storia, Einaudi, 1980). La seconda è concentrata sulle pratiche religiose tra Cinque e Seicento e riguarda la produzione di un'archeologia religiosa; la terza, intitolata Sistemi di senso: lo scritto e l'orale, include i saggi su Léry e sulla parola della posseduta; la quarta, infine, è composta da due fondamentali capitoli relativi all'opera di Freud Mosè e il monoteismo (1938). Le quattro parti, che solo in apparenza hanno obiettivi diversi, costituiscono un polittico articolato e omogeneo, che andrebbe considerato nel suo insieme. Opera di difficile interpretazione, in ciascuno dei capitoli Certeau articola il nucleo essenziale − e attualissimo − di una concezione secondo la quale la storia è intesa come "science-fiction", né totalmente scienza né soltanto finzione, ma "un misto di scienza e racconto", che "gioca nella giuntura del linguaggio scientifico e del linguaggio comune", e ricollega "la razionalità scientifica e il racconto popolare". Certeau ha così spazzato via per sempre ogni illusione ingenua della storiografia come mera riproduzione/ricostruzione del passato, e ha posto a chiunque si interessi di storia il problema dei limiti della propria attività: lo storico non fa la storia, ma della storia.

Un'ultima osservazione a proposito di quell'ambito di studi che con termine di moda è noto come "postcoloniale". Certeau può a buon diritto essere incluso tra i precursori e più acuti studiosi di una storiografia che pone al centro della propria identità la colonizzazione dell'altro, e in questa raccolta italiana avrebbero ben figurato alcuni splendidi scritti, ancora inediti da noi, sulla lunga marcia degli indiani d'America, sulla tortura nei paesi con regimi dittatoriali, sul rapporto fra le culture, sul colonialismo.

 

P. Di Cori insegna studi culturali e di genere presso l'Università di Urbino

 

 

I libri [NB: CANC. CITTÀ, INS NOMI EDITORI]

 

La Prise de parole, Paris, 1968.

La possession de Loudun, Paris, 1970.

L'écriture de l'histoire, Paris, 1975.

L'Invention du quotidien. Arts de faire, vol. I, Paris, 1980.

La Fable mystique, Paris, 1982.

Histoire et psychanalyse, Paris, 1987.

 

In italiano

 

Politica e mistica, Milano, 1975.

La scrittura della storia, Roma, 1977.

Fabula mistica, Bologna, 1987.

L'invenzione del quotidiano, Roma, 2001.

Che cos'è un seminario?, in "école", dicembre 2004.

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