La scoperta del cielo

Mi guardava come un bambino punito o rattristato mentre tentavo un ordine impossibile fra gli scaffali della mia stanza; un broncio aspro ma simpatico nel quale forse l'autore, da qualche transfert o scorciatoia dello spirito, mi stava incitando a riprendere quel testo lasciato lì in una penombra di polvere. Lo avevo letto svariati anni fa, senza indugio era ed è un capolavoro; l'ho risfogliato con passione punto per punto, come un amanuense gioioso scorrendone le parti punteggiate e ritrovando non casualmente i vecchi brividi, perché siamo quelli della prima lettura a distanza di anni dal ritorno su un testo, quelli, gli stessi venti o dodici anni fa o cinque mesi prima. Gli stessi, cambiati appena di poco, e, se peggiorati, comunque sospesi in una sosta di guarigione interiore grazie a quel compagno che ci parla di nuovo, in quei momenti. Mulisch narra di tempo e di amicizia, dei temi eterni di una vita che scorre e del guanto con cui l'umano sfida ogni cosa nella grandezza della letteratura. Non capisco davvero i riferimenti a McCarthy e Saramago che qui noto in recensione; sono imparagonabili, sono misure e sguardi sul vivere completamente intesi su altre prospettive. Ma siamo clementi. Un capolavoro assoluto.

Forse il migliore scrittore olandese della storia insieme ad Arnon Grunberg. Non per nulla il romanzo fu candidato al Nobel...

Libro discreto, certo che in tempi in cui escono libri come Suttree o Cecità il confronto è piuttosto impietoso...