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Ottima la forma, anche se non originale, ricorda scrittori americani della beat generation; mediocre la trama. Risente, il tutto ovviamente, dell'essere opera prima. Sicuramente sperimentale, non puo che essere il primo gradino di una scala, faticosa ma nella sua complessità ricca di promesse. Attendo, per un giudizio definitivo, Lorenzo Longhi a prove ben piu' complesse ed articolate, dove l'evoluzione interiore (maturità), non necessariamente legata all'età, possa essere supporto al suo lavoro. Mario Giganti
Bravo Lorenzo, gran bell’esordio ! Il tuo racconto “Lo schiavo” ci è piaciuto, ricco di rimandi e preziosità stilistiche. Immediatamente riconoscibili le citazioni di alcuni temi già esplorati in cinematografia e letteratura: l’accudimento del corpo del defunto innalzato a simulacro dell’amore richiama subito alla mente il film Phsyco, dove il figlio custodisce e continua a comunicare con il corpo mummificato della madre, così come la relazione vittima-carnefice, ancorché utilizzata come merce di scambio per ricavarne un reddito, richiama, sempre in tema di cinematografia, il “Portiere di notte” della Cavani oppure il più recente “La pianista”. Se da una parte il breve romanzo assembla in maniera assolutamente originale spunti di tipo tradizionale, l’unicità dello scritto risiede, a nostro parere, in un suggestivo contrasto fra i contenuti fortemente drammatici e una prosa di grande eleganza e raffinatezza, efficace nel disegnare con tratti rapidi e suggestivi i vari personaggi, sempre attingendo ad un linguaggio che elabora con accostamenti poetici e immagini estetizzanti un vissuto di squallore e sofferenza. Potremmo definire i personaggi del racconto dei “miserabili” del terzo millennio, che il ricercato linguaggio scelto contribuisce a riscattare e a trasfigurare dando loro dignità e delicatezza d’animo. Questa forte contrapposizione fra la preziosità della prosa e la deprimente drammaticità delle vicende narrate contribuisce a rafforzare il senso di inquietudine che pervade il racconto: non sappiamo perché, ma ci accorgiamo che mentre procediamo all’interno della trama disegnata da Lorenzo, non riusciamo a disfarci di un sottile senso di irrequietezza, di paura, che ci fa temere di volta in volta una ennesima e più profonda discesa negli abissi dell’esistenza umana. Arriviamo alle ultime pagine con il fiato trattenuto, prevedendo un finale da tragedia greca, dove il lutto arriva purificatore a placare per sempre ogni sofferenza e fatica del quotidiano. E proprio le ultime pagine segnano invece una
"Lo Schiavo" è il sogno surreale di un mondo alla deriva. Popolato di insolite figure,di fantasmi teneramente necrofili,di vittime inconsapevoli di una nuova follia,detentori di un segreto che ci assilla tutti,l'infinita lotta per un'istantanea rivalsa. Prendendo a prestito le parole di Wilde "noi troviamo in loro i peccati che non abbiamo il coraggio di commettere". E lo schiavo,nel suo dolce cinismo,che pagina dopo pagina vogliamo condannare o perdonare,spurga perfettamente tutti i nostri peccati. E' l'eroe moderno,cavaliere mascherato di una società condannata a soddisfare pretese sempre più trasgressive,ma che diventano magicamente reali. Il cielo di tenebra che ci sta soffocando viene però finalmente squarciato in un finale insolito,non gratuitamente moralista,anzi. Da complice remissivo,lo schiavo si redime,pone i limiti di un autocontrollo che la gente ha perso da tempo. E lo fa perchè Aria,schiava reale,schiava che non ha scelto di esserlo,è l'unica al mondo che ha bisogno di lui,senza baffi finti nè passamontagna,senza travestimenti improvvisati. Lo schiavo ci lascia e torna ad essere semplicemente Victor Santini. E in fondo ne siamo felici. E' un romanzo bellissimo,di un'attualità disarmante, ma dalla prima all'ultima pagina pervaso di una poesia silenziosa pacificatrice. Sono i nostri sogni inconfessati che trovano voce. Una trama assolutamente originale,e uno stile crudo e dolce al tempo stesso...in una parola, unico. Sò
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