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Con il ritorno di Santa Mira, nella collana "fuoriformato" che Andrea Cortellessa cura per Le Lettere, viene data nuova voce alla silenziosa storia editoriale di questo romanzo: dopo la prima uscita per Cronopio, il libro appare adesso in un'ulteriore stesura, legato al cd Il fronte interno dei ResiDante, acida suite rock che ne varia, con altri strumenti, i temi principali.
La trama del romanzo, nei suoi contorni essenziali, è la seguente: Dalia e Gaudenzio insoddisfatta coppia di piccoli intellettuali hanno due bambini e vivono a Santa Mira, quadro rovesciato e ironico della città di Napoli; Gaudenzio si è laureato con una tesi sull'immaginaria gloria locale dell'arte figurativa, Gennariello Tarallo, mentre si è addottorato sul padre di costui, l'altrettanto fantastico Aniello Tarallo, e tenta di allestire, per la soprintendenza presso cui lavora, una mostra che li riunisca; Dalia prepara il concorso a ricercatrice immersa nella "trilogia ucraina" del regista Alexandr Dovenko e prosegue per inerzia l'analisi degli stereotipi della telenovela Cuori intrecciati; il tempo dell'azione, nel quale i due coniugi si tradiscono a vicenda, riprende e parodia, riducendolo a dodici ore, l'arco narrativo di una linea novecentesca che ha i suoi estremi nell'Ulisse joyciano e in Zettels Traum di Schmidt; in sottofondo il basso continuo, ossessivo, dei media e dei bombardieri intelligenti della Nato in partenza per la Serbia; tutto si conclude, con un finale decisamente a sorpresa, il giorno successivo alla data "anticipata" del 24 aprile 1999.
Il libro svolge un reportage dal "fronte interno", l'area di tempesta mediatica scatenata dal conflitto inteso come categoria imprescindibile della storia e dalle forme della comunicazione, con l'asserto implicito che nell'orizzonte di ogni tecnologia è la possibilità di mutarsi in arma. Nelle intercapedini, forse nella terra di nessuno, c'è ancora chi tenta di svegliarsi dalla realtà che siamo costretti a cavalcare, in un mondo divenuto spettralità e matrice di se stesso. Le vicende del 24 aprile si compiono, come si accennava, con un giorno d'anticipo sul nostro calendario. Il racconto è ambientato in una città battezzata con il nome della Santa Mira del capolavoro di Don Siegel, L'invasione degli ultracorpi, e anche qui, come nel classico della fantascienza, si assiste alla morte delle identità, rimpiazzate con copie senz'anima (sintomatici i titoli di molte tracce musicali della suite: La ragazza-ambra, La cosa-padre): i corpi diventano "puri contrassegni di relazioni", brani di quel frullatore mediatico a cui tutti dobbiamo "sussistenza, esistenza, essere". Agisce, nel romanzo, anche la presenza di un altro degli autori di Frasca, Philip K. Dick, il quale in una sua nota lettera espresse l'idea che possa aversi fantascienza nel presente, purché si definisca come predizione sull'evolversi della società. Santa Mira, in cui la fantascienza giace al fondo, è il luogo dove il sogno e l'incubo del futuro si incontrano, se "l'oggi di Santa Mira segna già ciò che sarà di noi domani".
Il complesso impasto stilistico di questa scrittura, che realizza un catasto delle possibilità della prosa, è uno spettacolare tour de force della sintassi, a cui sono sottesi paradigmi trecenteschi. Tali scelte risultano in sintonia con le traiettorie del Frasca poeta, che nelle sue raccolte Rame e Lime trasfondeva in sonetti e sestine le voci della lirica contemporanea. In Santa Mira, inoltre,la fusione di poesia e prosa è attraversata dalle improvvise accensioni critiche di un umorismo infelice, dal risus purus che procede lungo l'asse semplificato Sterne Pirandello Beckett (autore, l'ultimo, di cui Frasca ha curato pregevolissime versioni). Tutto il libro è percorso da interferenze di ogni tipo, dal "Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira" (Purgatorio, V, 79), che apre lo spazio della narrazione, intrecciando un paradossale colloquio fra Dante e Siegel, al tormentone del cantante Macholino (Mi gusti), dal finneganese senza inflessioni dell'incipit ("Bzzz bzzz. / Finizio!"), ai contrappunti musicali che spaziano da The Residents a Buxtehude.
Dalle diverse risonanze del libro il lettore è invitato non solo a leggere "con le orecchie", a sentire cioè il corpo sonoro della voce del libro, ma anche a far suo il programma dell'opera, a "ritornellare la storia, o magari chiacchierarla (
) trasformare i piccoli eventi della storia, di ogni storia, in faccende, in qualcosa che non abbia niente di chiuso". Il romanzo ridiventa così non solo un genere letterario, ma anche un metodo di lavoro, una forma di analisi del presente e delle sue fonti che rende Santa Mira un'opera aperta a ogni futuro, successivo attraversamento.
Domenico Pinto
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