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Saga di Oddr l'Arciere - copertina
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Saga di Oddr l'Arciere - copertina

Descrizione


«Vivrai cento inverni, viaggerai di terra in terra, e ovunque sarai giudicato il più grande, il più valente tra gli uomini.»

È con una profezia che si apre la storia di Oddr, «il ragazzo più forte e più bello tra tutti quelli che vivevano in Norvegia, e anche più lontano», fatto per eccellere in tutto, dall'arte alla guerra a quella del comporre versi, dall'esercizio fisico alla conoscenza della storia e delle lingue straniere. Ma Oddr non crede al fato: come si è sempre rifiutato di onorare gli dei parendogli «da miserabili inchinarsi davanti a un pezzo di legno o una pietra», così non vuole saperne di quelle «scempiaggini sul suo futuro». Se è per colpa del cavallo Faxi che dovrebbe morire, meglio eliminarlo subito, e se è lì, dov'è finora vissuto, che dovrebbe essere ucciso, gli basterà partire per sottrarsi al suo destino. Singolare personaggio del mondo nordico, in cui la norma è piuttosto l'adeguamento della volontà individuale a quella del fato e l'affrontare consapevoli e impassibili i suoi dettami è la cifra dell'eroismo. E affascinante proprio per la sua singolarità. Fiero guerriero pronto a sfidare qualsiasi nemico umano o sovrumano che gli permetta di dar prova del suo valore secondo il codice d'onore vichingo, ma anche capace di rinunciare al suo orgoglioso scetticismo per abbracciare la fede cristiana, quando la incontra sul suo cammino. Le sue imprese lo portano a vagare dall'estremo nord della terra dei Lapponi fino in Palestina e ancora all'est, in Ungheria, per finire presso gli Unni, diventandone re. Protetto da una veste magica, aiutato da frecce incantate, Oddr resta però totalmente umano, non solo perché conosce i limiti della sconfitta, ma soprattutto per la sua vulnerabilità al dolore, per la stanchezza e il vuoto che prova con l'avanzare degli anni e la sensazione di deserto che gli lascia la sua troppo lunga vita man mano che vede morire gli amici intorno a sé. E umanissimo è il suo desiderio finale di fermarsi a rivedere i luoghi dell'infanzia, dove lo aspetta la fatale morte annunciata.

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Dettagli

2
2001
26 marzo 2001
168 p., Brossura
9788870910438

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Ale
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Saga fantastica, se appassionati di letterature nordiche consiglio vivamente la lettura

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n.d.
Recensioni: 5/5

Saga spettacolare,unica pecca è che è troppo corta! La mitologia nordica è ricca di stupore e quest'opera ne è l'esempio concreto.

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n.d.
Recensioni: 5/5

Saga stupenda,soprattutto per gli amanti della mitologia e narrativa. Ricca di significato,da poter essere colto però sotto diversi punti di vista.

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Recensioni

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Voce della critica

AA.VV., Saga di Ragnarr, Iperborea, 1993
AA.VV., Saga di Oddr l'Arciere, Iperborea, 1994
recensione di Del Zotto, C., L'Indice 1995, n. 1

Per i tipi di Iperborea sono apparse per la prima volta in traduzione italiana due famose 'fornaldarsögur' ("Saghe del tempo antico"): la "Saga di Ragnarr Brache di cuoio" e la "Saga di Oddr l'Arciere".
Fissata su pergamena nel XIV secolo e tramandata principalmente da un solo codice, la "Saga di Ragnarr" descrive le imprese di un re danese del IX secolo, il Regnerus di Saxo Grammaticus, al quale vengono attribuite varie spedizioni vichinghe. La redazione più recente della saga rivela l'intento di armonizzare il diverso materiale della tradizione eroica su Ragnarr e collega il personaggio con la discendenza dei Volsunghi, mitica progenie di Odino. Nel manoscritto infatti alla "Saga dei Volsunghi", versione scandinava dell'epos nibelungico, segue la "Saga di Ragnarr", l'inizio della quale è dato convenzionalmente dal capitolo sulla messa in salvo della piccola -slaug, figlia di Sigurdhr (il Sigfrido dei Nibelunghi) e di Brunilde, futura moglie di Ragnarr.
Nella prima parte della saga il protagonista è Ragnarr, l'eroe pronto a raccogliere la sfida dello 'iarl' svedese Herraudhr disposto a dare in sposa la figlia Th¢ra e il tesoro a colui che ucciderà il gigantesco serpente, custode dell'oro, che minaccia la sua reggia. Nella seconda parte assurgono al ruolo di protagonisti anche Aslaug e i figli di Ragnarr. Sotto la falsa identità di Kr ka (Cornacchia), nome impostole dalla malvagia coppia di contadini che l'ha allevata in Norvegia, -slaug conquista grazie alla sua bellezza Ragnarr e lo sposa riuscendo a superare la prova richiesta. Con il nome di valchiria Randal¡n (Colei che porta lo scudo) incita quindi i figli alla vendetta per la morte dei fratellastri ed ella stessa si pone alla guida di un esercito contro il re svedese Eysteinn. I suoi figli, -varr Senzossa, Björn Fianchi di acciaio, Sigurdhr Serpe negli occhi, compiono poi numerose spedizioni corsare e vendicano la morte di Ragnarr uccidendo Ælla, re di Northumbria, e poi Edmondo il Santo, re dell'Anglia orientale.
La "Saga di Ragnarr" si inscrive così nel genere delle 'fornaldarsögur', narrazioni di vita e imprese di figure storico-leggendarie appartenenti a un remoto passato della Scandinavia. Infatti a differenza delle -slendingasögur ["Saghe degli Islandesi"], incentrate su personaggi e avvenimenti svoltisi in Islanda dall'870 in poi, data della colonizzazione dell'isola da parte di esuli norvegesi, i protagonisti delle saghe eroiche del tempo antico provengono dalla Danimarca, dalla Norvegia o dalla Svezia e teatro delle loro imprese sono tutte le terre allora conosciute, mentre un'enfasi spesso iperbolica accompagna il racconto di eccezionali avventure arricchite e i numerosi particolari fantastici. Tuttavia anche se in queste saghe sembrano venir meno l'apparente obiettività e la presunta storicità degli avvenimenti narrati, cifra stilistica delle -slendingasögur, l'eziologia delle iperboli e degli elementi favolosi è spesso da ricercare nelle lontane esperienze di viaggio che i Vichinghi ebbero soprattutto a oriente. Una presenza scandinava (i Rus') è documentabile nella fondazione dell'antico stato russo di Kiev, così come è nota l'esistenza di una milizia scelta scandinava (Variaghi) al soldo dell'imperatore di Bisanzio. Per non parlare degli intensi scambi commerciali lungo le vie fluviali dell'Europa orientale che univano la Scandinavia a Costantinopoli. Il motivo delle brache di cuoio, pantaloni rinforzati con pece e sabbia indossati da Ragnarr per proteggersi dal veleno del serpente, quello del rettile che adagiato sopra un po' d'oro cresce a dismisura insieme al tesoro stesso, la menzione di lacrime dure di sangue, piante da -slaug alla notizia della morte dei figliastri, trovano un parallelo nei racconti dello "Shƒhnƒmé" ("Libro dei Re") e delle "Mille e una notte", configurandosi quindi come prestiti di motivi orientali giunti in Scandinavia con il movimento dei Variaghi. Accanto a particolari di carattere magico, la cui ascendenza sembrerebbe più mitologica che fiabesca, quali la tunica di seta che rende invincibili, la mucca Sibilja che mette in fuga schiere di armati con il muggito possente e terribile, la "Saga di Ragnarr" conserva anche echi di avvenimenti realmente accaduti: le incursioni vichinghe in Inghilterra, Francia e Italia, la fondazione di Londra (York?) da parte di -varr Senzossa, il martirio di Sant'Edmondo per mano dei fratelli di -varr.
La "Saga di Ragnarr" conserva inoltre riflessi dell'universo etico degli antichi Germani insieme a una tragica concezione del fato, ineluttabile e ambiguo. Ragnarr, eroe bello e forte, generoso e feroce, trionfa sul serpente di Herraudhr ma trova la morte in una fossa di serpenti dove viene gettato per ordine di Ælla. -slaug incita i figli al dovere della vendetta di sangue contro Eysteinn per la morte dei figliastri; -varr Senzossa ordisce la vendetta di sangue dei suoi fratelli contro Ælla fingendo di accettare il guidrigildo, indennizzo in denaro proposto dal re inglese per la morte di Ragnarr. Proprio per tale complessità dell'intreccio tra mito, storia e leggenda, la "Saga di Ragnarr" si eleva al di sopra di altre saghe del genere eroico.
La traduzione italiana di Marcello Meli, già traduttore della "Saga dei Volsunghi" (Dell'Orso, Torino 1993; cfr. anche l'edizione pubblicata da Pratiche nel 1994, Introd. e note di Ludovica Koch, trad. di Annalisa Febbraro, testo islandese antico a fronte) e collaboratore di Piergiuseppe Scardigli per la nuova versione dei canti dell'"Edda" ("Il Gnzoniere eddico", Garzanti, Milano 1982), consente una lettura piacevole per nella resa fedele del testo originale. Nell'introduzione sono presentati i principali problemi testuali relativi alla tradizione manoscritta, le fonti dirette e indirette su Ragnarr in ambito nordico e latino, le vicende storiche sottese alla narrazione. Un'appendice di note esplicative e una sintetica bibliografia completano il volume di sicuro interesse per tutti coloro che intendano conoscere il mondo della saga, straordinaria creazione letteraria dell'Islanda medievale.
"La Saga di Oddr l'Arciere" è la seconda saga del genere eroico accessibile ora in una versione italiana curata da Fulvio Ferrari. Saga assai popolare, a giudicare dal numero di codici che l'hanno tramandata in redazioni tra loro sensibilmente diverse, narra le imprese del vichingo norvegese Oddr dotato di forza straordinaria, di poteri magici, di frecce incantate. La monotonia che potrebbe derivare dall'esito scontato dei combattimenti di Oddr contro uomini e mostri è temperata dal pathos suscitato all'inizio della narrazione con la profezia della maga Heidhr. Il destino di Oddr sarà una vita centenaria, una grande fama nei numerosi viaggi e una morte ingloriosa a causa del proprio cavallo nella sua terra natale. Nella cornice di questa triplice profezia si svolge l'intera saga il cui filo conduttore diviene quindi l'opposizione tra Oddr l'invincibile e il destino già segnato e inevitabile.
La prima risoluzione adottata dal protagonista per tentare di sottrarsi al fato, credendo e fidando solo nella propria forza, è quella di uccidere e seppellire il cavallo Faxi dopo aver bastonato la veggente, rea di aver predetto il futuro a un vichingo insofferente verso gli dèi e assai maldisposto verso gli indovini. La seconda iniziativa è quella di partire per allontanarsi dalla terra natale, ove gli è stato predetto che verrà cremato, e per dispiacere al padre adottivo, responsabile dell'invito alla maga. Oddr si dirige a nord, nel Finnmark, e poi a est nel lontano Bjarmaland, regione situata tra il Mar Bianco e gli Urali, inoltrandosi poi nella Terra dei giganti. Sperimenta così le arti magiche dei Lapponi, capaci di suscitare tempeste, si dedica a commerci e rapine lungo la Dvina, combatte l'ostilità dei giganti. Conseguita grande fama per questo viaggio Oddr affronta numerosi avversari: Vichinghi norvegesi e svedesi, berserkir, guerrieri invasati da furia omicida, capeggiati dal danese Angantyr armato della magica spada Tyrfingr. Innumerevoli sono anche le spedizioni corsare nelle Orcadi, in Scozia e in Irlanda ove libera sette fanciulle tra le quali la principessa Ölvör. Ella tesserà per lui una magica tunica in seta che rende invulnerabili e Oddr la sposerà e difenderà la sua terra anche se solo per tre anni. Successivamente Oddr si reca in Grecia, in Sicilia, ove si fa battezzare, in Aquitania e in Palestina ove si immerge nel Giordano senza indossare - unica volta della sua vita - la magica tunica. Nuovamente in viaggio Oddr raggiunge la Siria, l'Ungheria e la Terra degli Unni. Assoggettato il Bj lkaland (Terra degli scoiattoli / Terra delle pellicce), localizzabile forse nella Russia settentrionale, alla morte del re degli Unni ne sposa la figlia Silkisif e ne eredita l'impero. Ma dopo tanti anni prepara ancora un viaggio per rivedere la casa del padre adottivo in Norvegia. Tornato in patria e accolto con grandi onori, lungo la strada ove aveva sepolto Faxi inciampa nelle ossa dell'animale e muore per il morso di un serpente fuoriuscito dal cranio del cavallo.
Anche questa saga riflette quindi il mondo delle scorrerie vichinghe verso occidente e dei traffici commerciali degli scandinavi a est e lascia intravedere gli itinerari di pellegrinaggio dall'estremo Nord in Terrasanta. Nella figura di Oddr alcuni studiosi hanno voluto identificare il mercante norvegese àttarr, il primo europeo di cui si abbia notizia ad aver doppiato Capo Nord. Il resoconto dei suoi viaggi nella Penisola di Cola e nel Bjarmaland fu infarti inserito da Alfredo re del Wessex nella sua traduzione inglese della "Storia del mondo" di Orosio nel IX secolo. Il motivo della morte a causa del proprio cavallo ha invece un preciso parallelo nella "Povest' vremennych let" ("Racconto dei tempi passati"), cronaca russa del monaco Nestor che registra per l'anno 912 la morte del principe variago Oleg a causa del morso di un serpente uscito dal cranio del suo cavallo morto, così come gli era stato profetizzato. L'ascendenza di questo motivo si può far risalire all'imperatore bizantino Michele III ucciso da Basilio I nell'867 e l'episodio della morte del principe a causa del proprio cavallo rappresenta quindi un motivo orientale giunto in Scandinavia attraverso la Rus', ovvero tramite i Variaghi di Costantinopoli e di Kiev nei secoli X-XI.
La menzione di Arvaroddus in Saxo Grammaticus conferma del resto l'esistenza di una saga su Oddr Punta di freccia già nel XII secolo, anche se il manoscritto più antico in nostro possesso risale al XIV secolo. E su tale codice, contenente una versione breve della saga, si basa la traduzione di Fulvio Ferrari. Per il lettore italiano rimangono quindi sconosciute le avventure presenti nella redazione lunga, come il combattimento contro un 'finng lkn', un centauro mostruoso, e l'episodio del 'lyngbakr', l'enorme balena che sembra un'isola e trae così in inganno i naviganti che sbarcano su di essa, motivi, questi ultimi, che collegano la saga di Oddr con il "Fisiologo", la "Navigatio Brendani" e il primo Viaggio di Sindbad nelle "Mille c una notte".
Anche la traduzione di Fulvio Ferrari è scorrevole ma fedele all'originale. Numerose note di commento tratteggiano con sufficiente chiarezza i principali problemi testuali e letterari della saga. Nella bibliografia, peraltro dettagliata, sorprende tuttavia l'assenza della menzione di opere "classiche" nell'ambito delle relazioni tra la Scandinavia e l'Oriente, come "Varangica" di A. Stender-Petersen, "The Viking Road to Byzantium" (London 1976) di H. R. Ellis Davidson, "The Origin of Rus'" (Cambridge, Mass. 1981) di O. Pritsak. Un po' di perplessità sorge in merito alle convenzioni adottate da Fulvio Ferrari nella scia delle consuetudini scelte da Marcello Meli nella "Saga di Ragnarr" per la citazione dei nomi nordici. Ma al di là di questi piccoli 'bella grammaticalia' spero che l'iniziativa così felicemente intrapresa di tradurre per un vasto pubblico le antiche saghe islandesi continui e proponga in un futuro non troppo lontano accanto alle 'fornaldarsögur' anche le ben più famose -slendingasögur in versioni condotte sull'originale e debitamente commentate, così come è avvenuto per la "Saga di Ragnarr" e la "Saga di Oddr".

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